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L'intervista: Poker per entrare nella leggenda - Freire: «Per vincere serve esperienza» | Cicloweb

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L'intervista: Poker per entrare nella leggenda - Freire: «Per vincere serve esperienza»

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La terza Milano-Sanremo vinta da Oscar Freire © Gazzetta.it

Basta dire che è l'unico ciclista in attività ad aver vinto più di una volta la Milano-Sanremo per capire il suo rapporto speciale con la Classicissima. Il colpo di reni beffardo su Zabel (uno che - guardacaso - quest'anno potrebbe essere affiancato a quota quattro) nel 2004, seguita dalle perentorie volate del 2007 e del 2010 sono un biglietto da visita non indifferente in vista di sabato per Óscar Freire, uno che in carriera, di sprint importanti, ne ha vinti non pochi...

Alla Tirreno, come l'anno scorso, ti sei eclissato. E poi a Sanremo li bastonasti tutti. Stessa tattica?
«Abbiamo affrontato tappe dure e si percepiva nervosismo in gruppo, quindi ho preferito non prendere rischi. Nella seconda tappa ho provato a rimanere davanti per fare lo sprint ma ho capito che era una pazzia. Comunque sto bene e ora devo vincere la Milano-Sanremo».

Devi?
«Sì, è il mio lavoro, mi piace vincere. Dopo le vittorie in Andalucia, devo ripetermi negli appuntamenti che contano e la Sanremo sarà il primo di questi. Per me è la corsa importante più facile da vincere perché gli sprinter puri soffrono e li posso battere più che in altre occasioni. Questo non vuol dire che io non soffro, tutt'altro, ma in questo tipo di corse l'esperienza conta tanto e io posso dire di averne parecchia, non è solo questione di forma fisica. Posso farcela, insomma».

E se non vincerai?
«Basta aver fatto tutto il possibile. Ricordo la volta che vinse Petacchi, stavo bene, ma sapevo già che non avrei vinto. Nell'anno di Cipollini, invece, disputai forse la mia miglior Sanremo, ma sbagliai la posizione in volata: ai 200 metri ne avevo già 50 da recuperare a lui e non andai oltre il quinto posto».

Come pensi che si svilupperà la corsa quest'anno?
«È difficile dirlo adesso perché possono accadere tanti imprevisti. Penso alla caduta dell'anno scorso sul Turchino che diede un volto completamente diverso alla corsa. Comunque non penso che il Poggio sarà decisivo perché non vedo nessuno in grado di fare la differenza e poi mantenere un buon vantaggio per arrivare. Se ci sarà un attacco in pianura del Cancellara della situazione io non potrò farci niente, dovrò rischiare e sperare che qualche squadra chiuda il gap perché nel momento stesso in cui mi muovo so già di aver perso la corsa».

Come vedi i tuoi avversari?
«Hushovd sta benissimo, ha disputato bellissime tappe a questa Tirreno, ma la Sanremo è un altra cosa. Ricordo che l'anno scorso si parlava tanto di Boasson Hagen perché era uscito benissimo dalla Tirreno, ma la sua Sanremo non fu all'altezza».

E Cavendish? Ha fatto una Tirreno à la Freire?
«Non credo. Io in salita sono stato davanti, lui si è staccato spesso, si vedeva che faticava...».

Come si vince una Milano-Sanremo?
«Prima di tutto servono gambe. Se non ne hai non potrai essere nel posto giusto al momento giusto perché lo vorranno fare tutti. La Sanremo è una corsa in cui perdere è facilissimo. Alla Liegi, per esempio, se stai bene puoi anche rimediare ad un eventuale errore, ma alla Sanremo no, sarebbe molto più difficile».

Qual è stata la più speciale delle tue tre Sanremo?
«La seconda. Non so precisamente perché ma è stata la prima volta nella mia vita che ho pianto dopo una vittoria. Non capisco ancora il motivo di tutta quella emozione perché io non sono uno che esterna i sentimenti. In tanti pensano che in corsa io sia rilassato ma non è vero, non lo sono mai!».

Se fossi costretto a scegliere se vincere la Sanremo o il Mondiale, quale preferiresti?
«Senza dubbio il Mondiale, è una corsa incomparabile con le altre. Vincere una Sanremo è sempre molto bello, ma il Campionato del Mondo credo ti dia un'emozione superiore anche a quella che può darti un Tour. Essere in giallo a Parigi sarà una gran cosa, ma tu lo sai già dal giorno prima o addirittura da qualche giorno prima hai una ragionevole certezza che potrai essere su quel podio. Il giorno prima di un Mondiale, invece, non sai mai cosa potrà succedere e l'emozione della vittoria arriva quasi inaspettata, è una gioia che nessun'altra corsa può darti!».

Tre Milano-Sanremo e tre Mondiali. In Belgio saresti un dio, in Spagna sei un corridore come tanti altri...
«In Belgio non esaltano troppo i vincitori del Tour de France, in Spagna sì. Questo mi ha condizionato un po', ma anche l'immagine stessa del ciclismo che si è compromessa non poco negli ultimi tempi non mi ha avvantaggiato. In ogni caso in Italia, in Belgio e in Olanda vedo che tantissima gente mi stima e mi apprezza molto come corridore e la cosa non può che farmi piacere».

Si è tanto parlato delle radioline negli ultimi tempi. Qual è la tua opinione in merito?
«Sinceramente io preferisco correre senza. È vero che sono importanti dal punto di vista della sicurezza ma allo stesso modo penso che non siano necessarie per comunicare al corridore dove posizionarsi e come muoversi durante la corsa. Almeno per quanto mi riguarda. Per esempio una cosa ricorrente è sentire in radio: "tra un chilometro comincia la salita e bisogna stare davanti". Tutti i direttori sportivi lo dicono, tutti i corridori vogliono farlo ed è una cosa che provoca nervosismo e, tante volte, cadute. I ciclisti devono imparare a correre da sé e con le radio alle orecchie non s'impara nulla».

Le toglierai quando la corsa partirà da Milano?
«No, dài, le terrò! Anche se mi toccherà ascoltare tutto il giorno gente che mi parla in olandese... (ride)».

 

Dichiarazioni raccolte da Ainara Hernando - Ciclismoafondo.es

Traduzione di Giuseppe Cristiano

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