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Doping: Il giovedì nero del ciclismo - Contador, Mosquera, Riccò...

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Un Contador piuttosto prostrato è assediato da microfoni e giornalisti nella conferenza stampa di oggi © Getty ImagesNon si è fatta attendere la replica di Contador sul caso di clenbuterolo che ha riempito le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Il corriodore spagnolo ha indetto una conferenza stampa in cui ha spiegato con fermezza le sue ragioni e poi ha inviato agli organi di stampa una corposa relazione commissionata dal suo legale ad un dottore olandese, luminare nel campo del doping, nel quale opera ininterrottamente da 24 anni.

Cerchiamo di capire, in parole quanto più povere possibile, su cosa si basa la tesi del tre volte vincitore del Tour de France.
Innanzitutto, cos'è il Clenbuterolo? Il dottor De Boer ci spiega che si tratta di un cosiddetto "beta-2 agonista", nome sotto il quale vengono raggruppati una serie di principi attivi che servono principalmente a combattere alcune patologie respiratorie, in particolare asma. Per intenderci, anche il salbutamolo del caso Petacchi è un beta-2 agonista. I diversi effetti collaterali fanno preferire l'uso terapeutico di altri composti simili, tra cui proprio il salbutamolo.

Quali altri effetti potrebbe provocare il Clenbuterolo? Ovvero, perché è considerato un prodotto dopante? Principalmente perché pare un effetto del composto sia di tipo anabolizzante, ovvero "aiuterebbe" la crescita dei muscoli scheletrici, proprio come i normali "anabolizzanti da palestra". Proprio per questo motivo - e in dosi da 10 a 100 volte maggiori di quelle da broncodilatatore, precisa De Boer - il clenbuterolo è usato in zootecnia, soprattutto sui bovini. Nonostante divieti vigenti in diversi Paesi, il composto è usato su vasta scala e la contaminazione umana da clenbuterolo è tuttora probabile.
In letteratura sono riportati diversi episodi di vere e proprie intossicazioni da clenbuterolo in Francia, Spagna e Portogallo, con sintomi piuttosto fastidiosi (tachicardia, emicrania, tremori muscolari, nervosismo, etc.) confermate da analisi delle urine e della carne "infetta".
Un'intossicazione da Clenbuterolo si può definire tale se il composto è presente nelle urine in una quantità superiore ai 9 nanogrammi per millilitro, soglia al di sotto della quale l'uomo non accusa alcun sintomo e l'assunzione del composto non è avvertibile.

Esiste invece una soglia per cui si risulti positivi o meno al Clenbuterolo, secondo le vigenti regole dell'antidoping? La risposta è no, basta una sola molecola, teoricamente. In ogni caso, ogni laboratorio ha una sua strumentazione che, in quanto tale, ha dei limiti di checking di una particolare sostanza, ovvero la quantità minima necessaria affinché essa sia rilevata. Per una questione di equità, la WADA ha fissato questo limite a 2 nanogrammi per millilitro, per il clenbuterolo. In altre parole, un laboratorio accreditato per la WADA ha l'obbligo di rilevare il clenbuterolo se questo è presente in una concentrazione di 2 ng/mL o superiori (questa soglia è indicata come MRPL, tenetelo bene a mente).

Il dottor De Boer fa anche notare che - cosa abbastanza ovvia, aggiungeremmo - non è possibile determinare la provenienza del Clenbuterolo analizzando il campione di urina. Dunque le autorità antidoping hanno la possibilità di accusare l'atleta in tutti i casi, viceversa l'atleta vede ridursi drasticamente le sue possibilità di difesa.

Detto questo, la tesi della difesa si addentra in un sillogismo di aristoteliana memoria e preghiamo i lettori di seguire attentamente il passaggio. Premesse. Normalmente si assume che il controllo risulti positivo (Adverse Analytical Finding) quando si trova una concentrazione "equa e ragionevole (fair and reasonable)" della sostanza. Per alcune sostanze - stimolanti, narcotici e betabloccanti, tutti anche di produzione endogena - la concentrazione equa è fissata in un decimo della soglia MRPL. Dunque se pure un laboratorio fosse capace di trovare 1 di una sostanza che ha MRPL 20, il fatto non costituirebbe caso di doping. Nel caso del Clenbuterolo, come abbiamo detto, questo limite non esiste, e se il campione di urina viene analizzato in un laboratorio "pignolo" (che scientificamente si traduce in capace di rilevare quantità molto basse della sostanza) la probabilità di un controllo positivo aumentano a dismisura, proprio a causa della mancanza della famosa soglia in questo tipo di prodotti.

Dunque, e siamo alla conclusione del sillogismo, sarebbe auspicabile fissare un limite anche per questo tipo di sostanze e, date le premesse, non sarebbe illogico, dice il buon De Boer, fissare anche qui la quantità "equa e ragionevole" in un decimo della MRPL. In soldoni, se MRPL è 2 ng/mL, questa soglia sarebbe di 0.2 ng/ml. Passiamo al caso specifico. Contador, durante il Tour, è stato sottoposto ad innumerevoli controlli, in particolare nei giorni 19, 20, 21, 22, 23 e 24 luglio. Nei primi due tutto ok, niente Clenbuterolo. Il 21 è stato trovato un quantitativo minimo, stimabile in 0.05 ng/ml (un quarantesimo del MRPL e un quarto della soglia auspicata da De Boer). Il giorno successivo questo si riduceva a circa 0.02 ng/ml, mentre il 23 e 24 ne rimanevano solo tracce. Ora, considerando che l'emivita (ovvero il tempo di cui la sostanza, in condizioni normali, dimezza naturalmente la sua concentrazione, in assenza di "aggiunte") del Clenbuterolo è di circa 32 ore, si può dedurre che la sostanza è stata immessa nel corpo una sola volta, dopo il controllo del 20 luglio e in concentrazioni lontane da quelle che il dottor De Boer aveva definito come "eque e ragionevoli", per poi scomparire del tutto dopo pochi giorni.

Da tutto ciò, confrontando i dati con l'esperienza vissuta da Contador, si deduce - conclude De Boer - che Contador ha assunto, la sera del 20 luglio, una porzione di carne contaminata da Clenbuterolo, cosa estremamente probabile da quello che si apprende in letteratura. Le concentrazioni trovate, come detto, sono talmente basse che escludono un dolo del corridore che, nel caso, è stato anche "sfortunato" nell'imbattersi in uno dei laboratori più accurati tra quelli accreditati dalla WADA.

 

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Come lo chiameremo, il Giovedì nero del ciclismo? Forse sì. Nel giro di pochissime ore ci siamo ritrovati con il numero uno del movimento, Alberto Contador, vincitore di tre Tour de France e di altre corsette come Giro e Vuelta, positivo al clenbuterolo; con altri due spagnoli (Ezequiel Mosquera, secondo all'ultima Vuelta alle spalle di Nibali, e il suo compagno e fedele gregario David García Dapena) inchiodati dall'antidoping a una sostanza emodiluente, l'idrossietilamido; e - visto che naturalmente noi in Italia non dobbiamo mai restare indietro - con la notizia di perquisizioni in casa di Riccardo Riccò e del ritrovamento di una cinquantina di non meglio identificate pasticche: il modenese, già squalificato da luglio 2008 all'inizio di quest'anno per la mitica CERA al Tour, è coinvolto nell'indagine che ha portato all'arresto del cognato Enrico Rossi, anch'egli corridore professionista, e di altri soggetti imputati per traffico di sostanze illecite. Su questo fronte gli indagati (tra i quali, dalle ultime ore, anche lo stesso Riccò) sono già decine, e ci aspettiamo evoluzioni di un certo rilievo nei prossimi giorni. Da parte sua, Riccardo ha confessato al team manager della Vacansoleil che quelle pasticche sarebbero dei semplici sonniferi.

Tutto questo succede mentre a migliaia di miglia di distanza, in un altro mondo, il ciclismo vive la sua massima celebrazione, nella settimana mondiale, apparentemente lontano dalle odierne miserie europee. Quasi un ancestrale monito, alle povere biciclette: «Non festeggiate più di tanto, i soliti abissi sono sempre pronti a spalancarsi davanti alle vostre ruote».

La notizia del giorno, però, è anche un'altra. È una voce dal sen fuggita ad Adorni stamattina, in diretta su RaiSport, ovvero che l'UCI non avrebbe voluto diffondere la notizia dell'insolita positività di Contador. In effetti, il mese passato tra il test e l'avviso ad Alberto (quanto si è stati più celeri con Mosquera?), e l'altro mese passato da quell'avviso a oggi ci dicono esattamente questo: una cortina di sicurezza era stata impiantata intorno al caso che coinvolge il numero uno del ciclismo mondiale. Come mai? E cosa implica ciò? È possibile che questa procedura di copertura sia stata già usata altre volte, senza che ci fossero fughe di notizie? Dubbio profondo.

Naturalmente Contador rischia molto, una volta che la notizia è diventata di dominio pubblico: i moralisti del Tour come accoglieranno questa novità, pur se dovesse non arrivare una squalifica pesante per il corridore? (Ovvio che in caso di squalifica pesante il discorso non si pone...).

Il risultato, nell'attesa degli sviluppi che ci terranno avvinti nei mesi invernali (potrebbe essere un'idea: spostiamo gli scandali dall'estate al periodo in cui non si corre, in modo da tenere sempre viva l'attenzione sul ciclismo!!!), è l'ennesimo profluvio di prime pagine regalate da questo sport al doping. Nulla di nuovo sotto il sole, e in fondo ci piace così: il tempo del realismo per noi è ancora di là da venire.

Giuseppe Cristiano
Marco Grassi

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