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L'intervista: «Pochi soldi ma mi diverto» - Celestino e l'esperienza in MTB | Cicloweb

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L'intervista: «Pochi soldi ma mi diverto» - Celestino e l'esperienza in MTB

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Mirko Celestino ha conquistato la medaglia d'argento ai mondiali marathon - Foto Cyclingnews.com © Semperlux Axevo HaibikeI più avran letto del recente argento di Mirko Celestino ai mondiali Marathon di MTB, quest'anno disputati a St.Wendel (Germania). Sì, è proprio quel Mirko Celestino che fino al 2007 ha corso tra i professionisti. Un corridore di spessore, il ligure di Andora: poche vittorie, ma tutte di grande spessore. Come il Lombardia ed il GP d'Amburgo, vinti nel 1999, e alcune delle più importanti classiche italiane, come Laigueglia e Placci. L'abbiamo sentito nella settimana di ferragosto, mentre era al mare a rilassarsi dopo le fatiche tedesche, per parlare del presente e del passato, di quanto è bella la MTB e di cosa non va tra i professionisti.

Ripartiamo da quel 2007 così negativo: che cos'è successo?
«Mancanza di stimoli: non avevo più grinta e voglia di far sacrifici. Dopo 11 anni di professionismo non c'era la voglia di far bene con la bici da strada».
E allora..
«E allora mi è venuta voglia di cambiare bicicletta e praticare mountain bike: lo facevo già d'inverno e mi piaceva molto».
Quindi hai deciso tu di ritirarti.
«Sì. Avevo un contratto ancora per il 2008, ma l'ho rescisso io stesso. Non mi andava più, semplicemente. Ho un carattere un po' così, dal momento che non avevo più gli stimoli ho cambiato disciplina. E non ho avuto problemi fisici di nessun tipo».
Chi ti ha seguito nel percorso della mountain bike? All'inizio pensavi di correre in modo competitivo o l'hai preso come un gioco?
«Decisamente all'inizio è stato solo un gioco, ho corso per passione. Poi, ogni gara che passava, il divario coi più forti diminuiva, così son tornato ad allenarmi seriamente e a fare sacrifici come un tempo. Devo dire che all'inizio è stato decisivo l'appoggio di Oscar Lazzaroni, che corre in mountain bike da 20 anni. Avevo bisogno di una mano per migliorare nella tecnica in discesa e lui è stato di grande aiuto».
Cos'ha di speciale l'ambiente della mountain bike? Non sei l'unico ex-pro che sta seguendo questo percorso. Anche Casagrande e Fanelli corrono con risultati proficui.
«C'è molto contatto con la gente e gli amatori, è un ambiente più "terra terra" e c'è sicuramente meno stress: ci sono meno soldi, meno interessi ma si corre molto volentieri. Per il momento non si è ancora guastato l'ambiente: le squadre non sono ancora esasperate dai risultati».
Dunque pensi che una maggiore visibilità potrebbe danneggiare l'ambiente della Mountain Bike?
«Credo che comunque una maggiore visibilità sarebbe una cosa positiva. È uno sport che è in costante crescita, avendo tanti aspetti positivi, e non sarebbe una brutta cosa se pareggiasse la visibilità della strada. Certo non sarebbe facile trasmettere in tv le gare, con dei percorsi così accidentati che magari entrano dentro le foreste. Comunque è uno sport che consiglio, uno sport ecologico e che a differenza della strada permette di stare lontani dal traffico».
Ci racconti la tua gara a St. Wendel?

«Beh, è stata una gara molto positiva: ho preferito giocare d'attesa, come facevo tra i professionisti, e così mi è sfuggito Lakata, ma visto che non è stato facile rimanere coi primi non posso dire di avere dei rimpianti».
Torniamo al tuo passato tra i pro' : un momento memorabile e uno da dimenticare.
«Il 2000 è stato sicuramente da buttare: per un problema al ginocchio sono stato a casa praticamente tutta la stagione. Ci sono volute molte visite mediche per risolvere il problema e comunque, quando sono tornato, non ero più forte come prima, anche se mi son piazzato 2° a una Sanremo e 3° a un'Amstel. L'anno prima però è stato fantastico: ho vinto due gare di coppa del mondo, Lombardia e Amburgo».
È vero che adesso hai un bar?
«Sì, ad Andora: si chiama Cele Cafè. Non lo gestisco direttamente quasi mai: quest'inverno mi son ri-trasferito in Liguria e andavo qualche oretta, ma poca roba. Il bar lo gestiscono da anni i miei fratelli e i miei genitori, ormai sono abituati a lavorare lì come matti!»
Non c'è proprio possibilità di vederti alle Olimpiadi?
«Per vedermi alle olimpiadi dovrebbero inserire la specialità Marathon, il cross country non esalta le mie doti da fondista. È un peccato perché non ho mai partecipato a un'olimpiade».

Nicola Stufano

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