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Tour de France 2010: A braccia alzate in maglia tricolore - La giornata magica di Voeckler | Cicloweb

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Tour de France 2010: A braccia alzate in maglia tricolore - La giornata magica di Voeckler

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È quasi un sogno per Voeckler la vittoria a Bagnères-de-Luchon © BettiniphotoSi parlava di calcoli. Alla roulette bisogna anche saperci giocare, non è solo fortuna. La dea bendata aspettava oggi con la sua capiente cornucopia sul Port de Balès, un giro di manopola e il tintinnare delle monetine sull'asfalto durava i 40 secondi necessari a rimettere alcune maglie sui loro sottili pignoni.

D'altra parte la bicicletta, come il corpo, si accende, vive in equilibrio precario. Ben tesa come la corda di violino può dare un suono celestiale, troppo tesa lo schiocco della rottura. Sull'onda bisogna saper stare, come il surfista, vivere di momenti. Epicuro sarebbe stato un ciclofilo convinto e Voeckler il suo discepolo prediletto. Schleck invece vive di aria, di sonetti, è poesia gentile. Di colpo esperisce il krinamen, la rottura dell'equilibrio che si incarna nel più beffardo e banale degli incidenti meccanici, deve insozzarsi le dita sugli ingranaggi per salvare il trono.

Voeckler invece viene dal contado, uomo del villaggio, gli sono precluse le auree dimore. Tutto è umile in lui, anche quella pedalata un po' buffa, quel fisico mai troppo sottile, quell'aria da giullare: non può non avere capito i mecanismi di sopravvivenza più elementari. Un monello cresciuto e fattosi accorto. Un tempo il vecchio re Lance lo mise sul trono a fare da paravento, e lui balzò alla ribalta gonfiando il petto con orgoglio tutto popolano, scoprì doti fino allora nemmeno sospettate.
In salita non era per nulla fermo, a dispetto delle apparenze. Ansimante, paonazzo, zigzagava come per cercare più ossigeno sui due lati della strada. Ma arrivava nei primi 50, difendeva egregiamente la maglia fra i monti più plebei ancorchè infidi, i Pirenei appunto, mentre re Lance dietro le quinte si fregava le mani.

Quell'esperienza a palazzo lo ha reso definitivamente edotto, se mai ce ne fosse bisogno, sul calcolo probabilistico applicato al Tour de France. Primo: mai lesinare le puntate al tavolo. Secondo: selezionare con estrema cura le tappe, il che per lui vuol dire con salite, ma non con maratone in salita. Terzo: dare sempre un'occhiata di fino a tutti i compagni di fuga prima di tuffarsi anima e corpo, inutile insistere: quando non è il caso, ripassare l'indomani. Quarto: non perdere tempo per ascoltare la voce del dubbio. Nel suo piccolo è ormai un maestrino.
Che qualcuno, che oggi ha lasciato partire serenamente questa ruspante fuga, prenda nota. Al Tour meglio lasciare Cartesio sugli scaffali.

Così, tutto intriso di materialistica sapienza, Vockler è profeta. Pochi come lui sanno intuire interessi incrociati, leggere in filigrana le liste di partenza, predire a se stesso le giornate migliori. Così, novello Barry Lyndon, flirta con gran dame, belle classiche come Plouay, campionati nazionali, Haut Var, Route Du Sud, ma soprattutto due tappe del Tour. Ça va sans dire, sui Pirenei.

Conosce i polli migliori da spennare al gioco delle tre carte, senza rancore. E con istrionica gestualità, dal paloscenico fa l'inchino al pubblico plaudente, tutto è semplice quando il vento è in poppa, anche vincere una tappa in maglia di campione francese 16 anni dopo Jackie Durand (era il '94, da allora non riuscì più a nessuno).
È parabola amara da meditare per l'aristocratico Andy. Alle prese con avversario sfuggente aveva provato il doppio gioco, il surplace della mano sospesa sulla pistola, occhi negli occhi e tutto il resto fuori. Ma la natura vuole la sua parte: uno che è nato cavaliere non è bravo a mescolare le carte, deve usare la spada. Date a Voeckler quello che è di Voeckler.

Crudele contrappasso: proprio nel culmine della recita si è abbattuta la sorte. Però la fine della guerra fredda non può che portare aria fresca in uno spirito libero come quello di Andy, innaturalmente ingolfato in troppo cerebrali schermaglie. Se questo Tour stesse raccontando una favola, tuttavia, proprio oggi si intuirebbe il finale.

Peccato, caduta (di catena), sofferenza e redenzione. Invece, come insegna Voeckler, la strada sa essere molto prosaica.

Elisa Rossi

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