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Tour de France 2010: Non è servito il colpo di Reims - Treno HTC lungo, Petacchi implacabile

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I mulini delle campagne del Tour - Foto Daylife.com © ReutersTornati in terra francese, quasi magicamente i corridori del Tour oggi hanno evitato di farci assistere a cadute di massa, né importanti (anche se il povero Txurruka non sarà d'accordo con noi), e così in quel di Reims abbiamo potuto finalmente assistere alla prima volata vera della Grande Boucle versione 2010.

Non ci eravamo riusciti a Bruxelles, quando un paio di cadute negli ultimi chilometri avevano praticamente decimato il gruppetto buono; non ci eravamo riusciti a Spa, con la discesa dello Stockeu a far da spartiacque (in senso decisamente letterale) tra la corsa vera e la pantomima alla quale - nostro malgrado - siamo stati costretti ad assistere.
Ci siamo riusciti però oggi a Reims, e l'attesa non è stata affatto vana, se è vero che Petacchi ci ha concesso il lusso di poter ammirare una delle più belle volate degli ultimi anni.

Certo che doveva essere bella penalizzante quell'asma bronchiale che lo aveva mandato a casa dal Giro d'Italia dopo appena un 5° posto di tappa nell'unica volata disputata, con Hondo incapace di seguire la scia di Sutton ed AleJet impotente davanti all'eccezionale progressione di Farrar.
Proprio l'americano, vista la frattura al polso con la quale convive da un paio di giorni (regalo dello Stockeu), è stato il grande - ed unico - assente dello sprint di oggi. Non l'hanno certo rimpiazzato troppo bene Dean e Hunter, strana coppia (uno neozelandese, l'altro sudafricano) che hanno sì colto un 2° e un 5° posto, ma senza dare assolutamente l'impressione di poter impensierire lo spezzino.

Petacchi all'arrivo ha ringraziato Hondo, oggi lavoratore oscuro ai fianchi del treno del Team HTC-Columbia, unica formazione che ha abbozzato un'organizzazione per lanciare la volata al proprio velocista.
Alla fine, per la formazione statunitense, la tappa finirà con un "dietro la lavagna", ma si sa che il lavoro di una squadra è giudicato buono o cattivo soprattutto dopo l'arrivo: è mancato Cavendish, questa è la verità, perché se Mark fosse stato quello del 2009 non sappiamo quanto il pur magnifico anticipo di Petacchi avrebbe potuto dargli noia. Ma Cavendish, in questa stagione, non è mai stato quello di un anno fa, e gli avversari lo sanno.

Avversari che, per la cronaca, non è che abbiano architettato chissà cosa per stravolgere il canovaccio della giornata; troppo grande, in effetti, la voglia dei velocisti di giocarsi l'arrivo di oggi e troppo superiore, in gruppo, la considerazione che atleti come lo stesso Cavendish, Petacchi (vincitore di Bruxelles) e Hushovd (vincitore ieri ad Arenberg) si portano dietro per poter pensare ad un Team Milram che lavora per Ciolek o a un Team Katusha che lavora per McEwen (anche perché il folletto australiano difficilmente ha avuto una squadra tutta a disposizione; forse non l'ha mai voluta).

E così, i cinque fuggitivi di giornata sono stati ripresi solamente da Siutsou e Bole, corridori deputati da HTC e Lampre per il lavoro da lontano (nonostante le qualità veloci dello sloveno). È stato poi Lorenzetto a condurre in porto l'inseguimento ai meno 3 km dall'arrivo, e da lì - nel giro di un attimo - Tony Martin e l'HTC hanno preso il sopravvento. Il trenino di quattro, condotto dal tedeschino ex maglia bianca con Eisel, Renshaw e Cavendish a ruota, è però arrivato un po' lungo sul rettilineo finale, con l'australiano che veniva accostato dal connazionale Lancaster - pesce pilota del vichingo Thor - in una sorta di testa a testa, con nessuno dei due che riusciva a prevalere sull'altro.

Una bici di distanza tra Petacchi e Dean a Reims - Foto Daylife.com © APPortato Hushovd a ruota di Cavendish, l'uomo Cervélo s'è defilato, ma Renshaw non poteva; era lì, solo, con un traguardo a 350 metri dal suo naso e un corridore capace di infilare 23 successi in una stagione (tanti ne ha contati il ragazzo dell'Isola di Man nel 2009) alla sua ruota. La velocità, però, calava.

Ed allora Petacchi non s'è fatto né pregare né fregare di nuovo come successo a Utrecht al Giro. Non ha titubato, non ci ha pensato su un attimo e - forte del successo di tappa già nel carniere - ha dato sfogo alla sua incredibile potenza in una volata infinita, lanciata ai 300 metri in un arrivo in leggera pendenza: «O ti pianti, o non ti passano», ha detto AleJet a fine tappa analizzando la sua azione.
Non solo non l'hanno passato, ma non l'hanno neanche affiancato. McEwen, che era alla sua ruota, s'è dovuto impegnare non poco per evitare la brutta figura di farsi staccare (pagando lo sforzo nel finale); Cavendish, sopreso sulla sinistra, non ha praticamente lasciato la ruota di Renshaw e s'è perso nei meandri dello sprint; Hushovd, che - per sua stessa ammissione - ha pagato le fatiche di ieri, è rimasto troppo a metà tra Cavendish e il treno buono, perdendo scie e colpo di pedale.
Ci hanno provato Dean e Boasson Hagen, nel finale, a mettere il naso fuori, ma la loro ruota sull'arrivo è arrivata mentre la schiena di Petacchi era già stata tirata su e le dita facevano già segno "2".

Domani, a Montargis, gli occhi - soprattutto quelli di Hushovd, che ora si trova AleJet a 10 punti nella classifica della maglia verde - saranno tutti puntati su AleJet. Forte delle due vittorie, il capitano della Lampre potrebbe anche provare ad orchestrare qualcosa di diverso, visto che gli uomini (Hondo, Lorenzetto, Bole e Gavazzi, tanto per dirne quattro veloci) li ha. Bisognerà fare i conti con gli avversari, certo, ma l'impressione è che - a 36 anni - siano gli altri a dover ancora fare i conti con Petacchi.

Mario Casaldi

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