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L'intervista - Luca Benedetti: «Una tappa al Giro e l'Italiano» | Cicloweb

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L'intervista - Luca Benedetti: «Una tappa al Giro e l'Italiano»

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Luca Benedetti è un ragazzo trentino del 1988, ha vestito la maglia del miglior scalatore al Giro delle Regioni ed è appena tornato da una bella esperienza in Spagna alla Vuelta Bidasoa. Facciamoci raccontare da lui come è andata questa trasferta e quali sono i suoi progetti per il prossimo futuro.

Sei appena tornato da un'esperienza con la tua squadra, la Lucchini, in Spagna alla Vuelta Bidasoa: come è andata?
«È andata abbastanza bene anche se là noi cercavamo la vittoria di tappa e possibilmente anche del Giro. La prima tappa è andata via così perchè è arrivata la fuga e così ho preso subito un minuto. Nella seconda tappa sono arrivato allo sprint con un altro corridore, ma sono arrivato secondo. Nella terza tappa, con arrivo in salita, anche lì è andata via una fuga con tre corridori e io sono arrivato quarto. Nell'ultima tappa, invece, mi sono mancate proprio le gambe».
Entriamo nello specifico delle tappe e del disegno della corsa: com'era strutturata, com'erano le tappe?
«Le tappe erano quattro, non erano molto lunghe: per esempio l'ultima era di soli 80 km però aveva 4 GPM di 1a categoria. La prima tappa era piuttosto facile, è partita subito la fuga e ha preso 3 minuti: erano in 10 e noi avevamo dentro Franzini che poi però non è riuscito ad ottenere un risultato. La seconda tappa invece aveva un GPM proprio a ridosso dell'arrivo: siamo andati via io e Navardauskas e il lituano mi ha battuto allo sprint, lui è un grande corridore, ha vinto la Liegi Under23. Nella terza tappa c'era l'arrivo in salita, sono andati via in 3, la mia squadra ha tirato tutto il giorno per portarmi ai piedi della salita nella migliore posizione: purtroppo i 3 davanti avevano già 50 secondi, io ho preso la salita molto forte, ma ho recuperato solo 20 secondi al primo... È andata così. Nella quarta tappa invece ho fatto bene le prime due salite, poi sono partiti 8 corridori e a me sono mancate le gambe: tutto sommato non ho perso molto, solo 30 secondi e sono arrivato nono».
L'anno scorso, sempre in questa corsa, hai ottenuto una vittoria, quest'anno sei arrivato secondo in una tappa: cosa è mancato per fare il colpaccio?
«Sì, l'anno scorso avevo vinto una tappa e ho anche indossato la maglia di leader fino all'ultimo giorno, quando poi sono caduto. Invece quest'anno nella seconda tappa, Navardauskas è partito secco ai 500 metri, io ho provato a rimontare ma lui mi ha preso alla sprovvista e non sono riuscito a superarlo: è comunque un bel secondo posto, non dico che lo sento valere come una vittoria, ma quasi».
Andando a gareggiare in Spagna ti sei trovado ad affrontare alcuni stranieri molto forti, come per esempio gli spagnoli, anche lo stesso Navardauskas: com'è il livello delle corse all'estero?
«Per quel che riguarda le gare in pianura, rispetto a noi in Italia, vanno un pò più piano, anche perchè dicono che lì di corse in pianura ne fanno proprio poche. In salita invece vanno veramente forte: per esempio uno che ho visto molto forte in salita è stato l'argentino Diaz , poi il colombiano che ha portato la maglia fino al penultimo giorno, e poi sicuramente Navardauskas. Gli spagnoli invece non sono andati molto bene, però all'estero in salita vanno davvero forte».
Tu hai da poco terminato anche il Giro delle Regioni, che seppur di sole due tappe, ti ha permesso di indossare la maglia della nazionale, che esperienza è stata per te?
«È stata un'emozione grandissima perchè era da 4 anni che inseguivo il sogno di andare in nazionale: nel secondo anno ero stato riserva al Giro delle Regioni e c'ero rimasto un pò male, invece quest'anno il sogno si è avverato. Ero andato lì con l'idea di aiutare i miei compagni e anche con l'intento di farmi vedere, consapevole che il livello era alto con molti atleti già professionisti. Però ho visto già dal primo giorno che la gamba era buona, nel secondo stavo davvero bene e si è visto, perchè ho fatto quarto di tappa e quinto in classifica generale. È stata una bellissima esperienza e ha portato i suoi frutti».
C'è un fatto che ricordi con particolare piacere?
«Mi ricorderò sempre con piacere il secondo giorno perché abbiamo corso bene come squadra: Amadori ha impostato una bella nazionale sia a livello di tattica che di spirito di squadra».
In Italia ci sono pochissime corse a tappe per Under23, alcune come il Giro del Friuli addirittura saltano: quanto è importante poter correre all'estero alcune corse a tappe?
«È importantissimo. Per esempio in Spagna fanno tantissime corse a tappe, hanno appena finito la Vuelta Bidasoa ma prima hanno fatto la Vuelta Andalucia e adesso fanno la Vuelta Montaner, loro sono veramente attrezzati. Penso anche che sia dovuto al poco recupero l'aver fatto così fatica nell'ultima tappa, ne ho parlato anche col mio DS e lui mi ha detto che loro sono abituati al recupero perchè fanno tante corse a tappe, mentre per me è già tanto farne due in una stessa stagione. L'anno scorso per esempio ho fatto la Vuelta Bidasoa e il Giro d'Italia (al Val d'Aosta sono stato male e quindi non l'ho concluso): se ne fanno davvero poche, bisognerebbe privilegiare di più le corse a tappe».
Hai degli impegni prossimi o adesso ti riposi un po'?
«Venerdì parto per la montagna e vado a preparare il Giro d'Italia. È già da inizio anno che vado a tutta, ho fatto un pò di risultati qui e là e così ora andrò 15 giorni in montagna e poi tornerò a fine mese per disputare San Vendemiano, Coppa della Pace e poi Giro d'Italia. Vedrò di prepararmi bene, non tanto per la classifica generale, quanto per puntare alle tappe».
L'Europeo e il Mondiale non sono proprio adatti alle tue caratteristiche, quali sono quindi gli obiettivi di fine stagione?
«Prima di tutto cercare di centrare una tappa al Giro d'Italia e poi il Campionato Italiano. L'Europeo mi han detto che è pianeggiante, il Mondiale invece è più movimentato per cui saranno i tecnici della nazionale a decidere quali atleti selezionare. Io vedrò di pedalare bene nel mese di agosto».
Ti piacerebbe passare professionista a fine anno? Hai già dei contatti?
«Passare al professionismo è il sogno di una carriera anche se è lì che comincia il ciclismo vero. Contatti ce ne sono, si parla, però non c'è niente di concreto in mano. Devo solo andar forte e poi si vedrà».

Laura Grazioli

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