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Giro d'Italia 2010: Tante cadute, che fare? - Garmin: treno perfetto

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Signora mia, queste cadute... ormai i bookmakers non quotano neanche più la possibilità che le prime tappe di un Gt siano flagellate da ruzzoloni in serie, tanta è l'abitudine a quest'andazzo. Di sicuro c'è sempre un motivo valido perché in tanti finiscano col saggiare l'asprezza dell'asfalto, resta poi da vedere perché non si riesce, in questo beneamato ciclismo, a inventare qualche tecnologia almeno un po' all'avanguardia per frenare la tendenza. Che le strade tra Amsterdam e Utrecht fossero in parte abbastanza pericolose, se n'è avuta notizia in un comunicato stampa di ieri sera, in cui genericamente si indicavano alcuni tratti con carreggiata ristretta, oltre agli ovvi pericoli degli attraversamenti cittadini.

Non uno sbandieratore a segnalare certi dislivelli tra asfalto e bordo strada, né altre iniziative per dare un supporto a chi pedala e si ritrova a fare i conti con tantissimi doveri ma con una stupefacente assenza quasi totale di diritti. E non è tanto la curva ai 300 metri a mettere di malumore chi deve affrontare la fatica di una corsa a tappe: perché quella curva, per quanto difficoltosa, dava comunque un surplus tecnico non indifferente, sparigliando le carte in vista dello sprint compatto. Quello che proprio non si capisce è la scelta di non far niente di serio per limitare i rischi in determinati passaggi lontani dal traguardo. Perché si può anche chiudere gli occhi e buttarsi a capofitto quando in gioco c'è una vittoria, ma compromettere un Giro per un ruzzolone a 50 km dalla conclusione della seconda tappa, beh, chiaro che poi girino un po' le scatole.

Perché poi non sempre succede, come a Farrar oggi, di trovare una santa squadra che si fa in quattro per riportarlo in gruppo dopo la caduta, e che riesce pure a recuperare serenità e lucidità per controllare in maniera ottimale la situazione negli ultimissimi chilometri di gara: Tyler ha vinto, un altro al suo posto, senza la spettacolare selezione di inseguitori rappresentata dalla Garmin, sarebbe arrivato a Utrecht con 10' di ritardo. E se fosse stato un uomo di classifica? E se fosse stato un personaggio destinato ad essere altrimenti protagonista?

Che poi, va detto, a volte si può fare poco per prevenire tutti questi incidenti, soprattutto per chi non è un corridore: all'inizio di una grande corsa a tappe tutti sono freschi e tutti vogliono stare davanti, a maggior ragione se nei primi 150 km l'andatura del gruppo è stata tutt'altro che forsannata; in questi casi, purtroppo, nella battaglia per le posizioni di testa qualche ciclista ci rimette sempre, non importa se per colpa sua o per quella di altri che gli passavano vicino. Nel complesso quella di oggi è stata una giornata molto fortunata considerando il numero di cadute: trentasette secondi sono sicuramente meno decisivi di sei minuti (per informazioni chiedere a Zülle del Passage du Gois) e, a parte il povero svizzero Martin Kohler (frattura della clavicola per lui), tutti i corridori sono stati in grado di portare a termine la tappa.

Parlando invece dei gesti atletici, prima di concentrarci sulla volata finale, vogliamo sottolineare l'ennesima fuga di Stefano Pirazzi: il corridore della Colnago-CSF Inox ha iniziato il suo primo Giro d'Italia nello stesso modo in cui aveva iniziato qualche mese la sua carriera da professionista, ossia attancando dal primo chilometro di gara. Corridore generoso e battagliero come pochi e sicuramente apprezzabile per l'assenza di timori reverenziali al cospetto di campioni già affermati: peccato solo che gli sia sfuggita la maglia verde essendo rimasto attardato nel caos finale. E proprio da questo caos le due squadre che ne sono uscite meglio sono la Liquigas-Doimo e la Garmin-Transitions: la prima è stata protagonista di uno strepitoso forcing negli ultimi 10 km che è pure impedito a Wiggins, Sastre e gli altri di rientrare, la seconda è entrata in scena all'ultimo chilometro impostanto al meglio il treno per Tyler Farrar che non ha sbagliato il colpo.

Da parte dell'americano un grazie dovrebbe andare anche a Chris Sutton che ha provato l'anticipo a 450 metri dal traguardo: idea buona vista l'insidiosa curva finale ma l'australiano è partito in leggero anticipo ottenendo solamente di tirare la volata ai rivali. Chi invece è rimasto ben lontano dalla perfezione è stato Danilo Hondo che, forse, non ha ancora trovato il feeling idea con Alessandro Petacchi: il tedesco ha lettralmente finito la benzina agli ultimi 400 metri e addirittura s'è ritrovato ad ostacolare lo stesso compagno chiudendogli lo spazio di lancio. In una volata più lineare il treno blu-fucsia avrà sicuramente modo di rifarsi e lo stesso vale anche per Greipel, smarrritosi all'ultimo km ma autore di una favolosa rimonta negli ultimi 220 metri che lo ha portato a chiudere in quarta posizione.

Marco Grassi

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