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Giro d'Italia 2010: Rosa come un gambero - Analisi un po' sconsolata su chi ci sarà e chi no

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E adesso chi lo dice ad Angelo Zomegnan che il suo amato Giro trama nell'ombra per screditarlo? Un sant'uomo si fa in quattro per dare alla sua creatura dei requisiti che egli ritiene fondamentali, e quella si rivolta e rimette ogni volta tutto in discussione.

Questa riflessione nasce dall'aver fatto mente locale per impostare le nostre analisi dei favoriti, e dall'aver sinceramente faticato ad arrivare a 8 nomi credibili (giusto due file del nostro "microscopio"), laddove per "credibili" s'intende che abbiano almeno una possibilità su cento di vincere il Giro; il confronto con il 2009 dice molto. Facciamolo insieme: l'anno scorso mettemmo Basso in pole position, davanti a Leipheimer, Menchov, Armstrong e, in seconda fila, Sastre, Di Luca, Cunego e Simoni. Tra gli outsider avevamo Garzelli, Bruseghin, Pellizotti, Soler, poi Joaquím Rodríguez, Vande Velde, Scarponi e Brajkovic.

Quest'anno, tra gli 8 favoriti, non ci sono rispetto all'anno scorso Leipheimer, Menchov, Armstrong, Di Luca e Simoni, sostituiti da Evans, Vinokourov, Pozzovivo, Garzelli e Scarponi. Andiamo a grosse spanne: non c'è Menchov e c'è Evans, non c'è Leipheimer e c'è Vino: diciamo che ci siamo, diciamo che il blasone è più o meno pari tra queste due coppie, e va bene così. Non c'è Simoni e c'è Garzelli, presente in virtù del bel Giro 2009, ma con obiettivamente scarse possibilità di ripetere 10 anni dopo il suo successo del 2000 (con tutta la simpatia, Stefano non è Bartali - di cui oggi commemoriamo il decennale della scomparsa - né, al contrario del 2000, ha un Pantani al suo servizio). Non c'è Di Luca e c'è Scarponi, che potrà pure dare spettacolo in qualche tappa, ma che non ha le stesse chance dell'abruzzese di ben figurare in classifica. Non c'è Armstrong e c'è Pozzovivo, che sicuramente sarà uno dei nomi di punta del Giro 2010, ma che ha troppo appeal in meno rispetto al texano. Confermato rispetto al 2009 Basso (che poi è il nome su cui tutti puntano per una sperabile revanche italiana, ma che al momento è più vicino al ragioniere del 2004 che all'attaccante degli anni successivi); confermato Sastre, su cui però il peso degli anni inizia a farsi importante; e confermato Cunego, forse per un atto fideistico, o forse per rispetto dei suoi tanti e appassionati tifosi: ma anche per Damiano, le possibilità di vittoria sono difficilmente individuabili.

Se ci spostiamo tra gli outsider, il gap si fa ancora più considerevole tra le due edizioni: ci sono ancora (con un anno in più) Bruseghin e Vande Velde. Non c'è Garzelli e c'è un Simoni agli ultimi giorni di carriera; non c'è Pellizotti, che poi fu terzo un anno fa, e c'è un Moncoutié un po' sfiatato; non c'è Soler (che sulle salite di quest'anno avrebbe potuto fare cose effervescenti), e c'è un Nibali cooptato all'ultimo momento quando aveva la testa tutta rivolta al Tour; non c'è Rodríguez (stesso discorso di Soler) ma c'è un Wiggins che verosimilmente patirà le grandi pendenze dell'ultima settimana. Non c'è Scarponi ("promosso" di categoria) e c'è un Chris Sorensen acciaccato; non c'è Brajkovic e c'è un altro sfiatato eccellente, Karpets. Fuori da questi elenchi, l'unico nome da cui ci si potrebbe aspettare qualcosa di buono è Francesco Masciarelli, se non venisse da una primavera difficile. Per il resto, poca gloria.

A voler essere buoni, potremmo cavarcela dicendo che mancano un paio di nomi belli grossi. Uno poteva essere Riccò, ma Zome ha deciso diversamente; un altro doveva per forza essere uno dei pochi big da Gt rimasti in circolazione: guardando ai vincitori dei grandi giri nel 2009, se Valverde non può correre in Italia, se non si poteva proprio arrivare a Contador (o a Schleck), almeno Menchov lo si doveva convincere a venire a difendere il titolo di un anno fa.

Un'occhiata gettata sulle squadre, poi, lascia un altro po' di amaro in bocca: la qualità media dei team è al ribasso rispetto a dodici mesi fa, ci sono delle allegre combriccole in gita premio che faticheranno a vedere la testa del plotone. I tanto sbandierati criteri di selezione di Zomegnan sono in crisi, insomma. Il criterio di competitivà è andato a farsi un giretto, tornerà forse più in là; quello di eticità, con le vicende che ogni anno mettono in discussione i risultati dell'anno prima, fatica a trovare una sua credibile dimensione; resta (per fortuna) un po' di internazionalità (il Campione del Mondo che lotterà - si spera - per la vittoria, è comunque un bel colpo; e poi si parte dall'Olanda...), ma il dato è contraddetto dal calo di attenzione nei confronti del Giro che si sta registrando sui media di tutto il mondo.

Quando su queste colonne abbiamo appoggiato le scelte di Rcs Sport relativamente all'ingaggio di zio Lance nel 2009, o alla partenza da Washington prevista nel 2012, avevamo in testa un altro progetto, pensavamo che Zomegnan stesse lavorando in una direzione di rafforzamento del brand Giro, ma al contempo di restaurazione della centralità tecnico-sportiva della corsa rosa nel calendario internazionale. Questo 2010 in controtendenza, invece, ci dice che forse eravamo stati troppo ottimisti. Che forse Zomegnan sottovaluta determinati elementi (non si poteva abbassare la guardia nell'anno in cui la concorrenza del Tour of California da "solo politica" diventerà diretta, nei giorni dal 16 al 23 maggio, quando la corsa americana si svolgerà col suo bel parterre di protagonisti che il Giro si è fatto sfuggire). E che la speranza che, in un lasso ragionevolmente breve di tempo, si riduca o addirittura annulli la distanza che separa il Giro dal Tour, è destinata ad essere ancora frustrata.

Ci ritroviamo così ad avere un Giro all'insù (a proposito: è finita l'emergenza doping che aveva ufficialmente spinto Zomegnan a piallare l'edizione 2009?), sperando nell'esplosione di Pozzovivo e nella durevolezza della fantasia di Vinokourov, ma senza altri scalatori che possano puntare a lasciare un segno profondo su questa corsa. Il rischio che la mancanza di protagonisti affamati riduca certe scalate a tristi carovane in cui si procede tutti raggruppati, è alto. Nemmeno la possibilità di sperare nella follia di un Rujano, lasciato a casa. Nemmeno l'idea che un giovane possa monopolizzare l'attenzione (del resto l'età media dei "fantastici 8" è di oltre 32 anni...). Poi, certo, come spesso è successo nel ciclismo (e nello sport in generale), dal nulla sbucherà il nome che non ci si aspetta e farà invecchiare questi ragionamenti. Ma, nell'attesa del nuovo piccolo messia, se segnaliamo un allarme non dovrebbe offendersi nessuno.

Marco Grassi

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