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Boonen tradito dalla foga - Da Pozzato (7°) gli unici lampi italiani | Cicloweb

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Boonen tradito dalla foga - Da Pozzato (7°) gli unici lampi italiani

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Fabian Cancellara - 10 e lode
Si diceva di Bergman che facesse sempre lo stesso film, tirando fuori però una pellicola più bella dell'altra. Ugualmente, Cancellara mette in scena sempre lo stesso soggetto: prende 10 metri che poi diventano 20 e poi 50 e poi 20", 25, 30, un minuto. L'unica variante (a parte il nome della corsa) è il momento in cui il bernese dà la sua stoccata. Stavolta tale momento ha il sapore di una beffa sublime, Fabian ha preso il volo mentre Boonen si stava alimentando a fondo gruppo. Buon per lui che dietro non si siano organizzati per inseguirlo, ma quei 50 km in solitaria, con crescente vantaggio sugli avversari, sono stati di stordente bellezza.

Tom Boonen - 5
Se Cancellara è il Bergman del ciclismo, il Boonen di questi tempi ne è il Lucio Fulci: con un budget (di energie) parecchio ridotto, fa quel che può, lo usa quasi tutto per grandi effetti speciali buttati un po' alla rinfusa e senza che abbiano granché a che fare col filo logico della vicenda (leggasi: attacchi inconcludenti per anticipare la mannaia svizzera); tanto mestiere per arrivare alla conclusione in maniera onorevole, e poi un finale sbracato prima dei titoli di coda che lo accreditano solo di una quinta posizione. Si dirà che contro un Fabian di questo livello, prima o dopo, tutti avrebbero dovuto soccombere. Possiamo anche essere d'accordo, ma ugualmente non è bello che Tom lasci che l'immagine della sua Roubaix resti quella del momento in cui quello se ne parte indisturbato mentre lui si sta rilassando in fondo al gruppetto, anziché stare incollato alla sua ruota.

Thor Hushovd - 5
Corre per il secondo posto, si prende il secondo posto. Tutto bene? No, perché la Cervélo (4) aveva da spendere un Hammond e, all'inizio, pure un Hunt, per provare a limitare i danni prodotti da Cancellara. E invece nessuno ha collaborato con Boonen, pur con la certezza che la gara se ne stava andando via rapidamente, a ben 50 km dalla fine. Un capitano che vuol vincere corse importanti deve avere il coraggio di prendersi le sue responsabilità, e in questo senso Hushovd oggi non è stato all'altezza dei gradi. Forse che il secondo posto era il massimo ottenibile oggi? Forse, ma forse no: Thor aveva il dovere di esplorare anche questa seconda ipotesi. Meritato l'applauso ironico di Flecha: non tanto per non aver tirato nel finale (e avrebbe battuto lo spagnolo con una gamba, nello sprint a due, anche se avesse collaborato); quanto per la condotta di gara in generale.

Juan Antonio Flecha - 6
Anche lui corre smaccatamente per il secondo posto, ma almeno ha la scusante di non essere veloce come alcuni rivali. Si risparmia finché può (tenuto al coperto dai suoi compagni), poi si produce in tre scatti negli ultimi 25 km, scatti non brucianti che però gli permettono di involarsi con Hushovd. Che poi perda nettamente la volata dei battuti con Thor è una non-notizia.

Roger Hammond - 6,5
Sempre accanto a Hushovd, ma sempre con la consapevolezza di poter fare anche la propria corsa. E infatti, dopo uno scatto su Orchies, a 60 dall'arrivo, resta coi migliori e infine si toglie pure lo sfizio di battere Boonen per il quarto posto: onorevolissima prestazione, che fa il paio col settimo posto del Fiandre di domenica scorsa.

Filippo Pozzato - 6
Perde le ruote del gruppetto Boonen a 20 km dalla fine, poi ha la forza d'animo per rientrare. Ma la benzina rimasta è poca, si stacca ancora nel finale, chiude al settimo posto: comunque top ten dopo i problemi di gastroenterite che gli hanno devastato la campagna del nord. E un blocco di porfido assegnatogli, in quanto miglior italiano della prova, in memoria di Franco Ballerini.

Bjorn Leukemans - 6
Non il suo miglior piazzamento alla Roubaix (sesto, contro il quarto posto di tre anni fa), ma una presenza palpabile nel gruppo dei migliori, fino a quell'attacco, con Hoste, che anticipa di poco la sparata di Cancellara. Poi Bjorn prova a stare nella scia di Fabian, ma fa la figura del canotto dietro a un motoscafo.

Leif Hoste - 6
Ultimi fuochi per un grande perdente delle corse fiamminghe. Nel vivo dell'azione (leggi Leukemans), e anche lui travolto dal ciclone in maglia Saxo e poi dagli eventi. Onesto ottavo posto.

Frédéric Guesdon - 6.5
Tredici anni dopo la sua sorprendente vittoria del 1997, è ancora lì a provocare piccoli e grandi smottamenti. Stana Boonen a 55 km dal traguardo, e poco dopo parte Cancellara, che forse offrirà una birra al vecchio francese.

Quick Step - 4
Va bene la foga di Boonen e la sua distrazione (forse) fatale, ma se Tom avesse uno straccio di squadra intorno a lui, correrebbe più tranquillo e potrebbe alimentarsi senza doversene poi sentire in colpa. Dov'è finito il dream team di muri e pavè?

Liquigas - 4
Deludentissima, lontana dal cuore della corsa e nell'ordine d'arrivo coi suoi uomini migliori (Quinziato e Oss), e lasciando l'impressione di aver sbagliato a giocarsi la carta Sagan. A meno che non fosse previsto che il giovane slovacco (6 di incoraggiamento per lui) facesse la gara fino ad Arenberg.

George Hincapie - 4
Non è per infierire, ma il vecchio stilosissimo George (solo 29esimo a oltre 7' da Cancellara) perde inesorabilmente colpi. Non vorremmo che l'anno prossimo venisse deputato alla fuga del mattino.

Jeremy Hunt - 6
Lui in rappresentanza dei diciannove-poi-nove fuggitivi che hanno animato la prima parte di gara e che sono rimasti in gioco - con vari ruoli di supporto, nel suo caso in casa Cervélo - anche quando si sono fatti avanti i pezzi grossi del plotone.

Garmin-Transitions s.v.
Quando in tre chilometri una squadra vede cadere due capitani (Maaskant e Van Summeren) e forare un terzo (Farrar), ritrovandosi così in un lampo fuori dai giochi prima ancora che quei giochi inizino sul serio, l'unica cosa che si può fare è sospendere il giudizio e rinviare l'analisi della condotta di gara al prossimo appuntamento. Nella speranza che un po' di fortuna giri.

Marco Grassi

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