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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Fredrik Kessiakoff | Cicloweb

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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Fredrik Kessiakoff

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Fredrik Kessiakoff Nell'anno in cui Cadel Evans vince il titolo mondiale su strada c'è anche un altro ex-biker che fa il suo esordio su strada con la maglia della Fuji-Servetto: stiamo parlando dello svedese Frederik Kessiakoff che a 28 anni compiuti ha deciso di abbandonare le ruote grasse. Nella sua prima stagione Frederik s'è distinto per le sue qualità da scalatore: quarto posto a Genting Highlands in Malesia, nono nella tappa più dura al Pais Vasco, ancora quarto al Romandia a Sainte-Croix, decimo all'Alpe di Siusi e sesto al Giro dell'Emilia. Le sue doti sono comunque ancora tutte da scoprire ma il personaggio, per la sua storia e anche per il suo italiano perfetto, è di assoluto interesse.
Come è nato il tuo rapporto con la bicicletta?
«Tutto è iniziato quando avevo più o meno 12 anni. Con i miei genitori, d'estate, andavamo spesso in una casa in campagna vicino a Stoccolma e li mi divertivo a fare motocross. Purtroppo però quando tornavamo in città non potevo usare la moto visto che ero ancora troppo piccolo e allora ho scoperto che con la MTB potevo fare qausi le stesse cose e senza alcun problema legato all'età. Tra l'altro ho scoperto che tra i miei nuovi compagni ce ne sono alcuni che hanno il motocross come hobby, addirittura Danielson s'è costruito una pista in giardino!»
Quando sono arrivate le prime soddisfazioni in gara?
«Fin dai primi tempi ho vinto parecchio ma i successi più importanti sono arrivati quando avevo 19 anni. Nel 2000 poi sono stato ingaggiato da una squadra professionistica, il Team Crescent, e le cose si sono fatte serie: io ero l'unico di quel gruppo a fare MTB però a volte mi allenavo su strada con Gustav Larsson e Jonas Ljungblad che erano miei compagni e facevo anche qualche garetta per tenere il ritmo di corsa. Nel 2002 poi ho praticamente vinto tutte le gare di MTB che ho fatto e sono andato in cerca di nuovi obiettivi, prima con la Bianchi e poi con la Cannondale».
In MTB quali sono stati i tuoi risultati più importanti? «Nel 2006 sono arrivato terzo ai Campionati del Mondo di Cross Country mentre l'anno successivo sono riuscito a vincere le finali della Coppa del Mondo in Slovenia, fu una soddisfazione immensa quel giorno».
E visti questi risultati come mai ha deciso di abbandonare la MTB per il ciclismo su strada?
«Dopo quella vittoria in Slovenia avevo deciso di puntare tutto sulle Olimpiadi a Pechino e avevo concentrato tutte i miei sforzi per quella gara. Purtroppo quel giorno andai male, forse patii anche la troppa pressione e quella delusione mi ha spinto a cercare qualcosa di nuovo ed eccomi qua»
Nel 2006, però, avevi già fatto lo stagista con la Barloworld...
«Non proprio, diciamo che avrei dovuto. Tutto era nato tramite la Cannondale e l'idea di testarmi in alcune gare con i professionisti della strada mi eccitava. Era tutto pronto, purtroppo però in un allenamento sono caduto, mi sono rotto la clavicola e così è saltato tutto: però è rimasto scritto da molte parti, soprattutto su Internet, e infatti me lo chiedono in molti»
Nel tuo salto tra MTB e strada quali sono le differenze tra questi due mondi che ti hanno colpito di più?
«Tutto (ride). Direi soprattutto l'organizzazione perché in MTB spesso capita di farsi le cose da sè e di doversi arrangiare in qualche modo. Qua invece la squadra ti segue sempre e quando sei alle corse hai sempre qualcuno a cui puoi chiedere aiuto o anche solo dei consigli. L'anno scorso alla Fuji mi sono trovato benissimo ma devo dire che qua alla Garmin mi sembra quasi di stare in un altro mondo, un altro livello: sono praticamente l'ultimo arrivato eppure ci sono specialisti in ogni campo pronti ad ascoltarti ed a sistemare ciò che non va; alla Garmin un corridore può concentrarsi al 100% sulle corse e sugli allenamenti perché sa di poter essere supportato dal meglio che c'è in giro».
Quali saranno i tuoi obiettivi quest'anno con la Garmin?
«Ho iniziato la stagione in Algarve, anche se non è andata benissimo. Adesso dovrei fare la Parigi-Nizza, il Giro dei Paesi Baschi, Freccia Vallone, Liegi e poi il Giro d'Italia. Voglio fare bene al Giro perché è una corsa importante per la squadra e che a me personalmente piace molto: non ho ancora studiato bene il percorso ma penso che un obiettivo realistico sia quello di vincere una tappa e di tenere un buon livello lungo tutte e tre le settimane».
Quest'anno Evans, un ex-biker, è riuscito a vincere il Mondiale. Pensi che l'aver corso in MTB possa dare qualche vantaggio su strada?
«Evans quest'anno ha fatto una cosa grandiosa e da anni è uno dei migliori corridori su strada: in più capita spesso di incrociarci in allenamento visto che anche io vivo in Svizzera, vicino al confine con l'Italia. Per quanti riguarda la MTB io credo che nel passaggio ci siano vantaggi e svantaggi: è vero che l'abilità con il mezzo forse è maggiore ma in MTB le gare non sono lunghissime e si corre sempre al 100%, questo è stato quello che mi ha tradito al Giro nel 2009 perché nell'ultima settimana ero quasi finito e ho sofferto tantissimo. Poi ci sono anche le dinamiche del gruppo: non è facile abituarsi a correre assieme ad altri 150 ciclisti che ti passano avanti a destra e a sinistra».
Cosa ne pensi degli altri biker che adesso corrono su strada?
«Beh, Evans lo conosciamo tutti ed è un campione vero. Anche Fuglsang secondo me è un grande talento e nei prossimi anni otterrà grandi risultati. Mi ha stupito invece Peraud, mi pare che si sia abituato molto rapidamente alle corse».
A maggio compirai 30 anni, pensi di poter migliorare ancora molto?
«Ho fatto solo un anno vero su strada, se non pensassi di avere grossi margini di miglioramento avrei già smesso. La mia mentalità è quella di pormi sempre degli obiettivi da raggiungere: ora voglio dare il meglio di me sulla strada, ho molto da imparare e non ho idea neanche io di dove posso arrivare: con degli allenamenti più mirati potrei migliorare molto sia in salita che a cronometro anche perché per ora dove mi sono trovato meglio è proprio nelle corse a tappe».

Sebastiano Cipriani

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