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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Giairo Ermeti | Cicloweb

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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Giairo Ermeti

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Giairo Ermeti è un granitico piacentino che compirà 29 anni ad aprile, originario di Rottofreno, paese che nel suo nome nasconde parte del destino di Giairo che con la pista (dove non ci sono freni, appunto) ha un rapporto prediletto. Ma il Giairo (anzi, Giro) con cui abbiamo parlato è molto carico e motivato anche per la prossima stagione su strada, vista la trasformazione della sua squadra.
Partiamo dalle origini: il tuo nome, Giairo. Un bel giorno nasce un bambino, e i genitori decidono di chiamarlo non Michele, Francesco o Alessandro, ma... Giairo. Da dove deriva questo nome?
«È un nome di origine biblica. Mio padre è insegnante di storia dell'arte, e si è trovato a insegnare dai Gesuiti. Ha sentito questo nome e gli è piaciuto: non mi è stato assegnato per un particolare significato simbolico».
Abbiamo letto però sul tuo gruppo su Facebook che l'hai usato come segno distintivo: Giairo, ovvero "Colui che splende". I tuoi compagni ti chiamano Giairo o usano nomignoli o soprannomi?
«Beh, mi chiamano "Giro"».
Giairo, ripercorriamo la tua carriera, partendo dalle categorie giovanili dove hai vinto tanto, all'incirca 100 corse!
«Eh sì... nelle categorie giovanili ho vinto tanto. Ho cominciato non tanto presto, a 15 anni, seguendo alcuni miei compagni di classe, facevo soprattutto pista e ciclocross, la GS Cadeo dove correvo puntava molto su questo tipo di gare. Nella GS Cadeo han corso ragazzi che in passato han vinto titoli italiani e mondiali: Attilio Leni (ciclocross) e Faccini nel tandem, ad esempio. Ho corso nella Cadeo fino agli Allievi, poi ho fatto gli Juniores con la Vigorplant e con la squadra giovani della Tecnogym son passato dilettante. Ho corso 2 anni lì, dopodiché son passato alla Vellutex con Locatelli (3 anni)».
Riguardo a Locatelli, è uno dei direttori sportivi più discussi delle categorie giovanili: c'è chi lo tratta bene e chi lo descrive come un orso. Tu...
«Ieri son passato a trovarlo, lo vedo spesso. Se non fosse per lui avrei smesso nel 2001: ero arrivato a un punto che o mi rimboccavo le maniche e continuavo o smettevo, ho scelto di andare con lui e mi ha dato gli stimoli giusti per continuare».
La De Rosa farà la presentazione a Terracina in questi giorni . Come si è svolta la preparazione della stagione agonistica? C'è stato un ritiro e/o allenamenti di squadra?
«C'è stato un ritiro tecnico a Brescia in dicembre per la scelta dei materiali, taglia degli indumenti, e per fare un po' di gruppo. Poi domani mattina (22 gennaio, ndr) scendiamo a Terracina per ritiro e presentazione».
Tra tutti i momenti della tua carriera, quale credi sia stato il più emozionante?
«Forse nel 2004, quando con Locatelli ho vinto il titolo su strada degli Élite Sc. Poi, a me piace molto la pista, anche se oggi come oggi tra i professionisti non ha valore... nel 2007 ho vinto 2 titoli italiani in 2 giorni, ed era sempre stato il mio sogno: nelle categorie giovanili non ero mai riuscito a vincerne uno. Amare la pista ha fatto sì che ciò fosse una soddisfazione immensa, più di una vittoria su strada».
Si sa quale sarà il calendario della De Rosa e il tuo per l'inizio della stagione?
«Di sicuro non c'è nulla: purtroppo squadre come la nostra non possono fare un programma ben definito, ne parleremo in ritiro. La squadra ha chiesto di far bene da subito, e per me è un problema, perché non ingrano tanto bene all'inizio dell'anno. Così quest'anno ho provato di fare più chilometri degli anni scorsi, e visto che difficilmente faremo il Giro d'Italia cerco di trovare la condizione un po' prima. Il Laigueglia è il primo obiettivo, è una corsa che ho fatto spesso negli altri anni e che mi piace molto. Ma tra il dire e il fare...».
Prima parlavamo della pista. Il tuo programma? Solo campionati italiani?
«Di sicuro farò qualcosa. Ma a me piacerebbe soprattutto tornare con la Nazionale. L'ultima volta è stato il Mondiale di Palma di Maiorca. Il problema è che non si riesce a trovare un punto d'incontro tra squadre e settore tecnico, e l'impegno che la pista comporta è molto grande».
Cosa ne pensi allora del Team Sky, che ha un progetto molto ampio che comprende anche la pista inglese?
«È un progetto enorme, forse per certi versi un po' troppo esagerato... diciamo che c'è "chi troppo" e chi "troppo poco"».
Però il ciclismo necessita anche di investimenti pesanti...
«Sicuro. Il loro progetto è fantastico, parte dalle categorie giovanili integrando pista e strada, cose che in Italia ci sogniamo».
Pensa, pare abbiano trovato in Inghilterra un ragazzo di 15 anni che fa i 200 metri in 11"
«Ci credo: loro nella pista hanno investito tanti ma tanti soldi, logico che dopo un po' di tempo i risultati arrivano. Non si può pretendere invece che noi andiamo a girare 2 volte e pareggiamo i loro tempi. Il problema è che l'Italia fino al '96-'97 è stata all'avanguardia sulla pista, ma noi siamo rimasti dov'eravamo, gli altri si son evoluti».
Dici che servirebbe un maggior numero di strutture coperte o non è quello il problema?
«Servirebbe anche quello, ma il problema principale, come ho detto prima, è il colloquio tra la struttura tecnica e le squadre, in una parola organizzazione».
Prima al telefono si sentiva una voce femminile: è la tua ragazza?
«Sì, sono con lei in macchina (non temete, il buon Giairo ha messo l'auricolare, ndr)».
Beh, hai un primato: sei il primo ciclista che viene intervistato dopo la sua ragazza! Almeno lei, che fa la miss alle gare, ha un calendario degli appuntamenti certo?
«No, vabbè, lei va quando la chiamano... non è la sua attività principale, diciamo!».
Giairo Ermeti giù dalla bicicletta: quali sono i tuoi hobby?
«Beh, il tempo giù dalla bicicletta è quello che è, dunque non posso fare molto. A me piace... mangiare!».
Ah beh, come a molte altre persone! Un piatto tipico della tua zona?
«I tortelli. Mi piace anche bere il buon vino, persino quando corro, tanto non ho problemi di peso. Comunque, voglio imparare a sciare, con la tavola però, snowboard! Ho un amico che è maestro di sci».
E il tuo ds lo sa?
«Non lo saprà mai!».
Bene Giairo, chiudiamo con un buon proposito per il 2010.
«Per il 2010 vorrei tornare a ragionare come facevo prima, visto che per anni ho servito dei capitani: non ho più pensato a me stesso. Anche negli allenamenti, mi limitavo perché ciò bastava per il mio lavoro. Vorrei rifarmi il nome che avevo prima, anche se dopo tanti anni da gregario non è semplice».

Nicola Stufano



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