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I Cantele you why I'll win it - Noemi e il suo chiodo fisso: l'iride

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Dopo esserci andata vicino per tante edizioni quest'anno Noemi Cantele ha portato nella sua casa di Arcisate non uno ma ben due metalli preziosi. Una medaglia d'argento a cronometro ed un bronzo nella prova in linea, con la compagna di Nazionale Tatiana Guderzo vincitrice dell'oro. È la prima italiana di sempre a vincere due medaglie nello stesso Mondiale, Noemi, ma per gli anni a venire vorrebbe "solo" salire sul gradino più alto del podio. Per ora la 28enne varesina si riposa, presto riprenderà ad allenarsi e si tufferà a capofitto nella nuova avventura con il Team Columbia-HTC.
Ciao Noemi! Immaginiamo che starai ricaricando le batterie dopo un anno per te così impegnativo.
«Veramente il mio riposo è giunto già nei giorni immediatamente successivi al Mondiale. Mi sono rilassata stando a casa ed evitando di andare in vacanza. D'altronde, essendo già in giro per il mondo per tutta la stagione, mi ha fatto bene stare in tutto relax con la mia famiglia ed i miei amici. Anche perché ora si ricomincia con gli allenamenti, a gennaio ci sarà il primo ritiro del Team Columbia, a Maiorca, quindi inizierò a correre al Giro del Qatar. E poi via con il calendario europeo».
Prima di parlare del tuo futuro immediato vorremmo che ci dicessi due parole riguardo al tuo bel 2009.
«Sicuramente è stato l'anno della consapevolezza. Parlando del Mondiale, ad esempio, avevo chiuso ai piedi del podio un sacco di volte. Questo mi ha spronato a fare meglio e le due medaglie conquistate ne sono la prova».
La tua consapevolezza di essere più forte l'avevi messa in mostra già dalle primissime corse, come quando hai vinto d'autorevolezza il GP di Brissago, o al Fiandre, o ancora nelle Ardenne.
«Se parliamo di vittorie sono sempre stata una che è riuscita ad ottenere un bel numero di successi durante la stagione, perciò in questo non sono cambiata molto. Però per me il grande obiettivo da centrare è sempre stato il Mondiale. Vuoi perché ci sono andata vicino un sacco di volte, vuoi perché è una corsa speciale, lo desideravo con tutta me stessa. Ho ottenuto due medaglie, un argento ed un bronzo, mica male vero? Però manca sempre un tassello. Insomma, non mi nascondo, io l'anno prossimo punterò all'oro!».
Però come ci si sente ad arrivare sempre ai piedi del podio? Non si rischia di perdere entusiasmo e convinzione nei propri mezzi?
«Assolutamente no. Logicamente un quarto posto come quello di Salisburgo ed un quinto (poi divenuto quarto per la squalifica della russa Svetlana Boubnenkova, ndr) come quello di Stoccarda lasciano immediatamente l'amaro in bocca e nei giorni successivi vedi solo il bicchiere mezzo vuoto. Però dopo pensi che se sei arrivata fino a lì puoi andare anche oltre. In realtà il vero momento in cui mi sono dovuta rimettere in discussione è stato dopo Pechino».
Cos'hai messo in discussione di te stessa dopo le Olimpiadi?
«A Pechino stavo bene, però ebbi un inconveniente e non riuscii a giocarmela fino in fondo. E lì l'amarezza è tanta. Un'Olimpiade non è un Mondiale. Si corre ogni quattro anni e devi anche essere brava ad entrare nelle tre che prendono il via. E oltretutto devi avere fortuna in gara. Così dopo le Olimpiadi ho deciso di cambiare preparatore, affidandomi a Omar Beltran, e mutare il mio modo di allenarmi. Forse se avessi continuato con le mie convinzioni i risultati non si sarebbero visti neanche quest'anno».
Come hai cambiato la tua preparazione?
«Omar lavora sia sull'aspetto fisico che su quello mentale e per me questo è stato un grande vantaggio. Infatti prima ponevo i due aspetti su due piani ben distinti tra loro, mentre ora ho capito che posso lavorare su entrambi i fronti in modo molto efficace. E questo è, per esempio, quello che c'è dietro alla mia crono Mondiale».
Parlacene meglio.
«Ho lavorato su come affrontare quei quaranta minuti dando tutto quello che hai in corpo. Soltanto questo per me è una novità, perché prima non mi piaceva la cronometro, non la trovavo stimolante. Lavorando sull'aspetto psicologico sono cresciuta moltissimo, anzi, direi che quest'anno è stata la mia arma in più».
Un'arma in più che a Mendrisio ha sorpreso pure te...
«Sì, è vero, l'argento a cronometro mi ha sorpresa, ma anche qui fino ad un certo punto. Ero partita per i Mondiali sapendo di dover correre in entrambe le discipline ma puntando molto di più sulla prova in linea. La crono non la tenevo molto in considerazione, eppure quest'anno avevo fatto grandi miglioramenti contro il tempo. Testando il percorso della cronometro, il percorso chiuso intendo, beh, lì non nascondo di aver provato ottime sensazioni e di aver pensato che se avessi dato il tutto per tutto sarei potuta entrare nella top five. La gara, poi, l'ho sentita particolarmente, direi più della prova in linea. Ho corso senza auricolari, sapevo di pedalare forte, ma di essere andata veramente bene me ne sono resa conto solo ad un paio di chilometri dall'arrivo».
Nella corsa in linea hai ottenuto invece un bel bronzo. Sei soddisfatta o prevale ancora un po' di rammarico per non aver centrato il metallo più ambito?
«Naturalmente quando si arriva terzi è sempre una sconfitta, io parto per vincere. Abbiamo messo in atto l'unica tattica che poteva far vincere l'Italia, e non importa se l'iridata è Tatiana, perché so che al suo posto sarei potuta esserci io. Sono andata in fuga per caso, prendendo qualche rischio più delle altre in discesa. Speravo che da dietro si svegliassero e si formasse un gruppetto, però era troppo presto e dovevo ancora conservare energie per il finale di gara. Alla fine le altre hanno lasciato andare Tatiana ed io sono stata fondamentale là dietro per la sua vittoria».
Il 2009 è stato l'ultimo anno del Team Bigla, che dall'anno prossimo lascerà il ciclismo. Per te c'è però una nuova sfida.
«Esatto, andare a correre nel Team Columbia è un sogno che si realizza. Si tratta di una delle squadre più forti del ciclismo non solo femminile, quindi correre con una squadra così forte e soprattutto internazionale non potrà che darmi nuovi stimoli a crescere ed a fare bene il mio lavoro. Certo, in Bigla si era creata quell'atmosfera familiare ma se si vuol praticare ciclismo a certi livelli bisogna anche saper accettare nuove sfide».
Correre ad alti livelli significa spesso andare in squadre estere. È un peso per te?
«Non è affatto un peso, perché anche la Bigla aveva un'impostazione estera».
Tutta un'altra storia rispetto alla Columbia, o no?
«Ma non credo, sai. Quello che più conta nelle squadre non italiane è l'approccio e noi questo approccio al ciclismo che hanno le squadre estere lo sentiamo un sacco».
Qual è la differenza più grande tra una squadra italiana ed una straniera?
«La squadra straniera di solito ha una struttura molto più professionale di quella italiana. Ci sono molti ruoli, una grande organizzazione. Con questa maggior accuratezza nella preparazione la squadra viene su molto più solida. Hai 12 o più atlete e tutte sono di livello ottimo. Questo ci permette di svolgere allo stesso tempo il ruolo di leader e di comprimaria».
In Columbia troverai molte atlete fortissime. Paura di restare chiusa da loro o stimolo in più a fare bene?
«Quando sono arrivata alla Bigla c'era una certa Nicole Brändli che aveva già vinto non ricordo quanti Giri d'Italia ed una campionessa come la Zabirova. Con queste due fuoriclasse ed altre ottime ragazze mi sono sempre ritagliata i miei spazi. In questi ultimi anni sono cresciuta molto, sono brava ad aiutare ed a essere leader. Naturalmente per me è solo un onore e un grande stimolo correre al fianco di una Arndt o di una Teutenberg, anche perché sono sempre state alcune tra le atlete di mio riferimento».
Quali saranno i tuoi obiettivi per la stagione 2010?
«La Columbia punta molto sulle prove di Coppa del Mondo, personalmente a queste aggiungo il Mondiale di Melbourne... (pausa)... che non è per velocisti ma è parecchio tosto. Me lo hanno detto proprio poco fa le ragazze che erano in Australia a disputare la Coppa del Mondo su pista. Hanno approfittato della trasferta per provarlo con il CT Salvoldi. La prova in linea dovrebbe risultare un po' come Stoccarda 2007, se non un pelo più dura ed anche la prova a cronometro sarà impegnativa. Non posso che esser felice di questo, ne vedrete delle belle!».
Lo speriamo. Queste due medaglie ti hanno cambiato la vita? E se sì, in che modo?
«Più che cambiare la vita hanno fatto sì che si accendessero i riflettori sul ciclismo femminile. Naturale che abbia sfruttato questo mio momento felice per rilasciare interviste televisive e far conoscere a più persone possibile il mondo del pedale rosa».
Come pensi che il ciclismo femminile potrà uscire da quella nicchia nella quale è relegato dai maschietti e da tutti gli altri sport?
«Intanto per attirare su di noi i riflettori dovremo ripeterci negli anni ed ottenere sempre risultati migliori. Poi il nostro movimento dovrà proporre un'immagine pulita di sé, perché gli scandali doping non aiutano certo il ciclismo, specie quello femminile, a divenire più popolare. Tante squadre fanno fatica ad ottenere sponsorizzazioni tra gli uomini. Anche tra noi donne, che di visibilità ne abbiamo molta meno di loro, gli sponsor stanno scappando. Sarebbe bello che in Italia si applicasse il modello che per esempio utilizza il Team Columbia».
Intendi una squadra che ha sia l'organico maschile che quello femminile?
«Esatto! Se tutte le squadre professionistiche maschili utilizzassero una parte anche piccola del proprio budget per creare un organico femminile si creerebbe più interesse negli spettatori. Anche il ritorno d'immagine sarebbe ottimo, però è logico che un progetto simile dev'essere sostenuto da più squadre, o comunque da molte. Ma questo andrebbe fatto a partire dal vivaio».
Anche come trasmissione delle corse e quindi popolarità voi ragazze non siete proprio messe bene.
«Noi ragazze tra pista, Mondiali, Olimpiadi e altre corse portiamo a casa un sacco di medaglie ma alla fine la Rai fa vedere solo Mondiali ed Olimpiadi. Sarebbe bello se facesse vedere anche altre corse oltre a queste ed al Girodonne. Penso per esempio al Giro delle Fiandre ma anche a tutte le altre prove di Coppa del Mondo, sarebbero dieci gare in più che ci farebbero conoscere meglio. Però è anche un problema di concomitanza».
Questo influisce anche sui vostri stipendi, perché di solo ciclismo tra voi donne non si campa, o sbaglio?
«Certo che no, ma lo squilibrio rispetto alle campionesse degli altri sport è pazzesco. Ecco, penso al nuoto, che è uno sport che adoro e che pratico. Bene, nel nuoto si seguono sia le gare delle donne che quelle degli uomini perché c'è la concomitanza dell'evento. Però poi andate a vedere: quando viene trasmesso in televisione il nuoto? Per le Olimpiadi, i Mondiali e gli Europei, cioè una volta all'anno. Eppure è seguitissimo e gli ingaggi delle nuotatrici sono ben altri rispetto ai nostri».
Anche per questo hai già costruito il tuo futuro, laureandoti in economia e commercio con 110 e lode.
«Premetto che ho sempre voluto fare l'atleta, sin da piccola. Ho sempre guardato le Olimpiadi e tutti gli eventi sportivi principali. Ho fatto nuoto, atletica, un anno addirittura basket. Alla fine ho realizzato i miei sogni con la bicicletta. Lo studio ha condizionato un bel po' la mia carriera, perché fino a 24 anni io frequentavo i corsi all'università e nei ritagli di tempo mi allenavo. Forse è anche per questo che sono esplosa relativamente tardi rispetto ad altre mie colleghe che non hanno continuato con gli studi. Io sono diventata realmente professionista dopo la laurea. Senza le energie che mi sottraeva lo studio ho voluto provare a far davvero la professionista, sapendo però che nel momento in cui non avessi avuto più stimoli avrei potuto contare su qualcosa di concreto».
La tua scelta è stata molto matura. Cosa vorrebbe fare da grande Noemi Cantele?
«Tre anni fa mi ponevano questa domanda e rispondevo in un modo, tra qualche anno risponderò ancora diversamente. Di certo non mi vedo seduta dietro ad una scrivania. Per ora dico che, con almeno tre anni di ciclismo davanti a me, non so bene cosa potrei fare dopo l'attività. Le idee in mente sono molte ma ora penso più ai miei obiettivi agonistici, Mondiali e Olimpiade londinese su tutti. Poi ci sono giorni in cui mi piacerebbe fare la coach, altri in cui vorrei lavorare nel marketing. Deciderò quando avrò smesso con il ciclismo».
Per il 2010 dove vuoi dare appuntamento ai tuoi fan?
«Mah... Non ho un obiettivo preciso, cercherò di essere continua tutta la stagione per arrivare ai Mondiali al top della forma. Se però mi aspetterete su un muro delle Fiandre io ci sarò».

Francesco Sulas



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