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Fischi, follie e attendismo - Ciò che non ci è piaciuto nel 2009

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In questa carrellata di momenti ed immagini, sono stati tralasciati accadimenti non agonistici: tra le storture del sistema a cui siamo abituati, le dipartite anticipate (su tutti, Vandenbroucke) e le follie dell'UCI, 100 momenti non basterebbero per rendere quanto la situazione sia tragica.

10) Il treno Liquigas
C'era una volta il treno rosso di Cipollini, il treno della Saeco, immancabile marchio di fabbrica di una tappa per sprinter. Sulle montagne di giro e Vuelta invece abbiamo visto un nuovo treno, il treno verde della Liquigas: ogni volta che la strada cominciava a salire gli uomini della Liquigas erano lì per tirare, generalmente per Ivan Basso. E finchè fossero stati sacrifici utili, sarebbe stato soddisfatto il buon Smyzd a tirare per un capitano vincente. Macchè: mai una volta che Ivan sia riuscito a fare la differenza, due GT sempre giù dal podio. Alla Vuelta l'inefficienza di tale treno era ormai evidente, ma la Liquigas continuava a ripetere una tattica prevedibile quanto inutile.


(La Liquigas in testa al gruppo anche al Tour de Romandie - fonte: daylife.com © AP)

9) L'eccessiva attenzione per la programmazione
Pozzato vince la prima tappa a La Panne con una bella azione. Poco elegantemente, si lascia sfuggire che non finirà la corsa. All'ultimo giorno, prima semitappa, non è più leader: non prende il via dunque alla estenuante crono di 14,8 km prevista nel pomeriggio. Più o meno stesso copione, ma ancor meno eleganza: Tyler Farrar rinuncia a prendere il via alla crono conclusiva di Amersfoort in 2° posizione in classifica generale. Riesce a fare ancora meglio il suo compagno Wiggins, che col miglior intertempo a metà crono, si ritira (per la strada bagnata)! Non che Tyler dovesse battere Boasson Hagen sul suo terreno, anche se nelle crono brevi piantato proprio non è, o Bradley rischiare l'osso del collo, ma onorare la corsa, questo sì. Che si chiami Vuelta, La Panne o Eneco Tour, gli organizzatori e il pubblico meritano sempre un certo rispetto. E poi ancora: Contador e i suoi 54 giorni di gara, Cunego che si ritira dalla Vuelta con una gamba spettacolare per preparare un mondiale che non vincerà (eufemismo), Pellizotti che prende minuti volontariamente per conquistare la maglia a pois, Luis León Sánchez che corre da campione fino a marzo e poi diventa un corridore discreto, Menchov che sparisce dopo il giro. La specializzazione e l'attenzione per la programmazione nel ciclismo ha raggiunto livelli eccessivi, che ne pregiudicano la spettacolarità e spesso non pagano per niente (Ballan ha vinto il Fiandre dominando La Panne e Cancellara al mondiale in linea era quello con la gamba migliore nonostante la crono): occorre a tutti i livelli una seria riflessione su ciò.


(Tyler Farrar firma autografi all'Eneco Tour - fonte: Slipstreamsports.com)

8) Lo scioccante finale del Giro di Turchia
Raramente un finale di corsa ha inquietato come ad Antalya, ultima tappa dell'emergente Giro di Turchia. Succede di tutto, ma ad spaventare maggiormente è il gesto di Theo Bos, esperto pitstard che cadendo scaraventa letteralmente sulle transenne il povero Daryl Impey, sudafricano e leader della corsa. Un gesto inspiegabile se non con un istintività ben poco ragionata (anche se ci sarebbe un bel numero di azioni più plausibili del mettere la mano sulla spalla di chi sta davanti a te mentre stai cadendo), che ha aperto un acceso dibattito sulla sicurezza delle volate sul sito e sul forum. Theo Bos per tale gesto verrà sospeso per un mese.


(Daryl Impey insaguinato al traguardo - fonte: Ntvmsnbc.com)

7) Quella fuga di Serge Pauwels
Tappa di Faenza del Giro d'Italia: un pimpante Serge Pauwels ha tenuto il forcing di Bertagnolli in salita ed ora può giocarsi la tappa. Ma arriva un ordine dall'ammiraglia: fermati e aspetta Sastre. Ordine crudele, che sarebbe almeno legittimo se Sastre avesse bisogno di lui. Macchè: Sastre è solamente rimasto solo ed ha bisogno di "compagnia". Quando la situazione si normalizza, Serge è di nuovo libero, ma è troppo tardi: l'inseguimento con gli altri compagni di fuga fallisce e Bertagnolli può liberamente alzare le braccia a Faenza, per la gioia di Serge. Per la cronaca, Serge Pauwels nel 2010 cambierà squadra e vestirà i colori del Team Sky.


(Anche Bertagnolli non capisce cosa stia succedendo con Pauwels- fonte: daylife.com © AP)

6) Il declino delle classiche italiane
È la classica delle foglie morte: la gara sta per entrare nella sua parte più vivace. In coda alla discesa del Ghisallo, i corridori entrano in un paese e svoltata una curva a gomito, trovano sul senso opposto della carreggiata. Un Pullman!! Sì, avete capito bene, un pullman in mezzo alla strada, che attendeva il passaggio della corsa. È capitato spesso di vedere alla Tirreno-Adriatico camion parcheggiati che dimezzavano la strada e attraversamenti di macchine, ma al Lombardia ciò non si era ancora visto. Giusto per parlare delle corse italiane, in costante declino sotto tanti aspetti: partecipazione dei big sempre più scarsa e annullamenti (quest'anno è toccato a Giro del Lazio e Milano-Torino, ma anche a Matteotti, Giro d'Oro, Giro della Calabria) ne sono i sintomi più evidenti. Poi, se i denari mancano, anche la sicurezza dei corridori viene a mancare, come al giro di Lombardia, appunto. Se il circuito del GS Emilia se la cava piuttosto bene (anche se il giro della provincia di Grosseto è a rischio annullamento), l'RCS fuori dal mese di Maggio annaspa, e i vertici farebbero bene a interrogarsi di quanto una gestione girocentrica possa far bene al ciclismo e ai loro affari: in questo hanno molto da imparare dai colleghi transalpini che organizzano corse anche in Africa. Sintomatico della crisi di partecipazione è il fatto che Giro del Lazio, Giro del Veneto e Coppa Placci, scenderanno di categoria da 1.HC a 1.1 per aprire le porte alle squadre continental affiliate all'estero.


(L'ultimo podio del Giro del Lazio risale al 2008 - fonte: Cicloweb.it © Stefano Rizzato)

5) La guerra delle radioline
Il Tour de France 2009 di Pippo Pozzato verrà ricordato per 3 motivi: i frequenti cambi di maglia di campione nazionale; uno spogliarello in coda al gruppo durante la 10a tappa e la frase, alla fine della stessa, da irredentista dei moti del '48: «Abbiamo dimostrato chi comanda». A cosa si riferisce Pozzato? I corridori hanno ottenuto una riduzione degli spostamenti? Un trattamento più umano all'antidoping? Un frigobar nelle camere d'albergo? Macchè: Pozzato si riferiva alle radioline. Eh già, quelle sante radioline, nel ciclismo se ne parla come si parla nel sociale di eutanasia e pillola abortiva: sembra che siano problemi di importanza estrema e non ci si accorge che dipendono da dinamiche più profonde della società. Se certe levate di scudi si fanno in una tappa del Tour (e non una tappa a caso, ma il 14 luglio: infatti i corridori francesi non erano troppo d'accordo con lo sciopero) per una sperimentazione tutto sommato utile, e si torna pecorelle quando c'è da difendere i propri diritti di liberi cittadini, quando c'è un collega che viene portato via circondato dalla polizia come fosse un mafioso, quando ci sono squadre che falliscono e managers che tornano liberamente a lavorare con altre squadre, mentre i ciclisti danneggiati devono diventare a loro volta agenti pubblicitari di sé stessi per trovare un ingaggio (eh sì, non basta essere forti e talvolta non serve proprio), beh, caro Pippo, chi comanda non è troppo chiaro, ma è chiaro che non sono i ciclisti.


(Grischa Niermann e le radioline - fonte: daylife.com © Getty Images)

4) Blockhaus: fischi a Garzelli
Una salita della Majella che si trasforma in una curva di un qualunque stadio: è questa la sgradevole sensazione che ha regalato il dopo-tappa del Blockhaus, nel momento in cui Stefano Garzelli è stato premiato come detentore della maglia verde. Il suo crimine è stato quello di sprintare all'arrivo per i punti della maglia verde, "rubando" così abbuoni al beniamino di casa Danilo Di Luca. Una situazione insolita e per niente desiderata, anche se lontana ancora anni luce da ciò che succede intorno ai campi di calcio. Occorre lo stesso stigmatizzare in partenza certi gesti, dei quali a mente fredda qualcuno si è sicuramente pentito: se c'è ancora una parte sana nel ciclismo sono gli appassionati che fanno notti in camper o all'addaccio e banchettano con olandesi ubriachi per seguire i loro campioni, e ben venga finchè sarà così.


(Garzelli batte in volata Di Luca: i tifosi dell'abruzzese non la prendono bene - fonte: Sport.ski.it)

3) Mont Ventoux disonorato
Alla presentazione del Tour, il Mont Ventoux nella penultima tappa era stato salutato come una piacevole novità: per una volta l'esito finale del tour non sarebbe stato deciso a cronometro ma sulla Montagna per eccellenza. Il Tour in realtà era già deciso, ma le premesse per un grande spettacolo c'erano tutte: il terzo gradino del podio da decidere tra più corridori e molti big ancora a secco di successi. Ma un elemento rovina lo spettacolo: la sudditanza di Andy (tu quoque!) verso il fratello. Il giovane Schleck riesce a fare il buco, e alla sua ruota rimane solo Contador; poi c'è Nibali a bagnomaria e i rivali per il podio. A questo punto il giovane Schleck potrebbe giocarsi la tappa con Contador, ma inspiegabilmente si ferma ai -6. Aspetta il fratello, al quale alla fine non può dare un grande aiuto: sul Ventoux non servono i treni, o si hanno le energie o è finita. I big salgono come un'allegra comitiva, con Andy a prendere il vento (contrarissimo, unica giustificazione all'assenza di altri attacchi), mentre i fuggitivi ancora una volta completano con successo lo sforzo, quando proprio non ci speravano: Garate potrà legare il suo nome a quello del Ventoux, ma questa giornata per la maggior parte degli appassionati sarà da dimenticare.


(Andy Schleck lavora per il fratello sul Ventoux - fonte: Cyclingweekly.com © Graham Watson)

2) Armstrong, Contador e i cazzotti al pubblico
Dio li fa e poi gli accoppia. Sono due bei caratterini Lance Armstrong e Alberto Contador: il primo nell'Astana praticamente comanda su tutti, DS compreso, il secondo non ci sta ed essendo il corridore più forte sul campo di battaglia, non vuole far da gregario a nessuno. Lo scenario che ne viene fuori è piuttosto teso, pericoloso e pericolante: le prime avvisaglie di una situazione di lotta interna arrivano a La Grande Motte, quando il team Columbia fa il buco ed Armstrong sorpassa Contador in classifica. Armstrong non prenderà mai la maglia gialla ma nonostante ciò comincerà ad atteggiarsi in maniera ambigua. Lo stillicidio giornaliero di dichiarazioni prudenti e non aumenta la curiosità su ciò che avverrà in casa Astana. Arcalis fuga i dubbi: Contador scatta e si riporta in classifica avanti Arsmtrong, mette le mani avanti insomma. Ma non basta. C'è un'altra settimana di attesa, allungata eternamente dal percorso orrendo disegnato dall'ASO. Nella 15esima tappa, a Verbier, Contador sfoga tutta la sua rabbia con uno scatto micidiale su una salita non durissima, che gli permetterà di prendersi la maglia gialla. Non è un ascesa liberatoria, ma uno sfogo quello di Contador, che culmina ai 2,3 km dalla vetta: i tifosi lo asfissiano, e Contador anche stavolta mette le mani avanti, tutte e due: un fendente a sinistra e uno a destra, con i quali sembra voler dire «basta, lasciatemi andare!». Un gesto per il quale Contador ha rischiato grosso: i pugni sono stati comunque controllati e non hanno fatto male come successe per Belli qualche anno fa al giro, quando fu escluso dalla corsa. Dispiace che il Tour di quest'anno sia stato avvelenato da un dualismo che ha sollevato un pochino lo spettacolo, ma rischia di pregiudicare la tenuta mentale e la carriera di Contador: Armstrong non è per niente tenero coi suoi nemici e la querelle sembra tutt'altro che finita.


(Armstrong e un tifoso molesto al Tour of California - fonte: Nowpublic.com © Diabo Moderno)

1) Milano show
A Milano, il 17 maggio 2009, hanno perso tutti. Hanno perso gli organizzatori: presi dal gloriarsi della presenza di Armstrong avevano già in altre tappe dimenticato le più elementari norme di sicurezza. Succede così che a Trieste e Maryhofen il gruppo debba passare in dei budelli molto pericolosi nel finale e che a Valdobbiadene Petacchi e Farrar rischino di finire contro gli addetti ai lavori per la brevità dello spazio dopo l'arrivo. Ciò che succede a Milano, con macchine che scorazzano liberamente nel circuito, auto non rimosse e binari di tram scoperti, è la goccia che fa traboccare il vaso. Han perso i corridori, che hanno usato (ripeto, usato) la caduta di Horrillo del giorno prima per farsi una passeggiata. L'organizzazione aveva cercato di riparare alla schifezza fatta neutralizzando tempi e abbuoni. Bene così: nessuno avrebbe dovuto correre rischi inutili. E invece si fermano sul traguardo per chiedere la famosa "excusatio non petita". Non erano nemmeno troppo concordi tra loro: da una parte la lobby dei corridori in classifica che non volevano correre rischi, dall'altra alcuni velocisti, Cavendish e Farrar su tutti, che se ne fregavano altamente. Han perso direttori sportivi e sponsor, che hanno fatto la pessima figura di quelli che non valgono un due di briscola: si sono tutti dissociati immediatamente dalla decisione presa dai corridori. Hanno perso i giornalisti, linciando in diretta i corridori, quasi a voler difendere l'organizzazione per partito preso. Ha perso il sindacato dei corridori: il primo(!) a lanciarsi nel linciaggio mediatico. Un sindacato presieduto da Groucho Marx sarebbe più serio. Hanno perso i tifosi: qualcuno ha cercato di prenderla a scherzare, infilandosi nel percorso. Qualcun altro ha fischiato. Di sicuro nessuno è tornato a casa soddisfatto. Ha perso il ciclismo, come quasi sempre ultimamente.


(La discussione tra Zomegnan e Cioni - fonte: Cicloweb.it © Marco Bardella)

Nicola Stufano



2 - Fine

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