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Broom Boom, come sgasa! - Il gruppo lascia fare, la fuga va

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Che oggi - dopo la tre giorni di montagna - sarebbe andata via una fuga fiume era cosa scontata, quasi come una dichiarazione di Fanini a mezzo stampa che dice tutto e dice niente come sempre. Non contento della coincidenza (ovviamente avveratasi), il ciclismo ha offerto anche il terzo luogo comune più gettonato: un positivo all'Epo. Ci mancava solo Bettini capitano della nazionale, e avremmo potuto chiudere bottega.

La copertina spetta senz'altro a Lars Boom, giovanotto olandese che durante i primi giorni di Vuelta si era divertito a fare incetta di punti Gpm sui tanti piccoli colli di seconda e terza categoria della sua Olanda e - dopo la terza tappa - si era anche avvicinato alla maglia amarillo di Cancellara grazie ai secondi d'abbuono sui traguardi intermedi.
Il corridore della Rabobank, 24 anni ancora da compiere, non è certamente un nome nuovo per chi segue il ciclismo: campione d'Europa tra gli under 23 nel ciclocross nel 2004 e nel 2005, campione del Mondo a cronometro tra gli under 23 in quel di Stoccarda nel 2007, campione del Mondo tra gli élite nel ciclocross a Treviso ad inizio 2008 ed anche campione nazionale olandese su strada e a cronometro (tra i pro') nel 2008, tanto per citare i più prestigiosi senza essere costretti a snocciolare tutti gli altri titoli giovanili su strada e nel cross conquistati in Olanda. Non sorprende, insomma, vederlo andare forte, fortissimo, nonostante questo sia il suo primo vero anno tra i pro' (proviene dalla Rabobank Continental, vivaio del team Pro Tour).
Boom si è inserito in una fuga partita intorno al km 65 di gara insieme ad altri 12 atleti: Kolobnev, Kaisen, Duque, Martin Velits, Roels, Alexander Efimkin, Reynes, Meier, Serafín Martínez, David Herrero, Iglinskiy e, per ultimo (in ordine di apparizione, essendo entrato qualche chilometro dopo) Ladagnous. Il più vicino al leader Valverde in classifica era Herrero, a più di un'ora dal murciano, e quindi il tentativo ha preso sùbito piede senza che nessuno abbia avuto qualcosa da ridire.
Col vantaggio ad oscillare tra i 18 e i 19 minuti, a circa 25 km dal traguardo - ai piedi del secondo passaggio sull'Alto de San Jerónimo - è stato Reynes a rompere l'idillio in testa. Il più lesto a riportarsi sotto lo spagnolo del Team Columbia è stato Roels (che poteva contare sulla copertura di Velits tra gli immediati inseguitori), ma - purtroppo per loro - anche Boom e Serafín Martínez (stesso discorso di Roels, con Herrero al posto di Velits), con l'olandese che prima ha sgasato un po' ai meno 23 (staccando Reynes), poi costringendo Roels a desistere 300 metri dopo; con un'altra accelerata, Boom ha prima messo alle corde e poi al tappeto anche Serafín Martínez, che ha alzato bandiera bianca ai meno 22. Anzi, per la precisione a meno 22 km e 300 metri da Córdoba.
Ci ha provato Herrero a sfruttare il compagno di squadra come testa di ponte per riportarsi sotto l'olandese, che però era già lontano 30" ai meno 19. Più dietro erano rimasti in 7 (Martínez, Kolobnev, Velits, Duque, Roels, Efimkin, Iglinskiy) a covare qualche speranza, ma sul Gpm (meno di 13 all'arrivo) i 53" di distacco tra Boom ed Herrero, e tra Herrero e i sette (a 1'46" dall'olandese, quindi) avevano già fatto capire che non ci sarebbe stata speranza per nessuno. Certezza che si è concretizzata a 7 km dall'arrivo, in discesa, quando Herrero - che pure non guadagnava - ha rischiato le terre con un un lungo in curva. Pellaccia salva, ma tempo (tanto) perso.
Il gruppo, intanto, rischiava il colpo di sonno col ritmo Caisse d'Epargne, che ne se fregava (anche giustamente) del gap coi fuggitivi e pensava soltanto ad arrivare al traguardo senza alcun problema. I 19'50" di svantaggio da Boom in cima al Gpm spiegano più cose di qualsiasi descrizione. Eppure un volitivo Samuel Sánchez ha pure provato a risvegliare qualche istinto agonistico mettendosi davanti - manco a dirlo, in discesa! - a 9 km dall'arrivo. Un luogotenente di Valverde l'ha controllato sin da subito da vicinissimo, con lo stesso Embatido in terza ruota. L'asturiano s'è arreso 2 km più giù, col gruppo poi preso in mano dal Team Columbia per la volata di Greipel, che col 14esimo posto s'è preso 2 punti per la relativa classifica.
25'01" il distacco di costoro da Boom, che già s'era preso - lindo e pinto - il bacio delle miss e partecipato a tutti i convenevoli di rito. 1'36" il vantaggio su Herrero, 1'44" su Roels, 2'04" sul gruppetto regolato da Duque, per quello che è il secondo successo stagionale (dopo la vittoria finale del Giro del Belgio) di questo lungagnone orange che potrebbe anche essere una delle sorprese per il Mondiale di Mendrisio, soprattutto nella prova a cronometro.

A proposito di Mendrisio, il ct Ballerini ha ufficializzato oggi gli 11 (più 1) convocati azzurri, lasciandosi spazio soltanto per decidere - in extremis - le due riserve tra questi. Nessuna sopresa effettiva, al massimo ha fatto storcere la bocca la convocazione singola (appannaggio di Pinotti) per la prova a cronometro. Dopo qualche minuto, la notizia della positività di Maurizio Biondo ha rimesso tutte le cose al loro posto.
I capitani annunciati saranno Ballan, campione del Mondo uscente, e Damiano Cunego, vincitore di due tappe di montagna alla Vuelta. Con loro, Basso, Pozzato e Garzelli (già annunciato come regista in corsa) sembrano già certi del posto, mentre le due riserve usciranno da una rosa di nomi che comprende Paolini, Scarponi, Tosatto, Bruseghin, Visconti e Santambrogio, con questi ultimi tre corridori che - così, a sensazione - rischiano qualcosa in più degli altri. L'escluso (sebbene non di prima fascia) è sicuramente Bosisio, mentre probabilmente un innesto dell'ultim'ora sarebbe potuto essere Tiralongo, 8° in classifica alla Vuelta, durante la quale s'è dimostrato come uno dei più forti in salita, ma evidentemente Ballerini non se l'è sentita di inserire un uomo "nuovo" in quella che rimane in ogni caso un'intelaiatura simile alle quattro precedenti Nazionali vincenti del selezionatore toscano (Atene 2004 e gli ultimi tre mondiali).
Certo, le defezioni di Bettini (ritirato, seguirà la spedizione azzurra su espressa richiesta del ct), Di Luca e Rebellin spostano un po' gli equilibri dell'Italia agli occhi delle altre squadre, così come l'infortunio alla clavicola di Nibali durante l'Eneco Tour (lo rivedremo nel 2010) toglie all'Italia una variabile impazzita (soprattutto in discesa) che poteva anche risultare decisiva, nel caso in cui la corsa si fosse messa (o si metterà, chissà) in un certo modo.
Ballerini va dicendo da mesi (ma non solo lui, in realtà) che il circuito svizzero è il più duro degli ultimi anni, addirittura secondo soltanto a Duitama (Olano, Indurain, Pantani i primi tre, per rendere l'idea). Ora, negli stessi ultimi anni abbiamo assistito ad una schiera di circuiti iridati sopravvalutati (Hamilton e Salisburgo su tutti), e quindi speriamo che l'assenza di un Bennati - sopperita comunque da Paolini e Pozzato, che soprattutto dopo 250 km lenti non sono - possa essere giustificata da una condotta di gara gagliarda.
A differenza degli scorsi anni, però, faremmo bene a non pensare di essere i favoriti assoluti, visto che un Bettini non ce l'abbiamo. Ci saranno tanti ottimi corridori in maglia azzurra, è vero, ma sarà importante non agire di rimessa, ma essere noi in primis a scombinare i piani delle altre nazionali - ci viene in mente la Spagna - inserendo in ogni fuga (sì, anche in quella del mattino se serve!) uno, due, anche tre uomini.
Difficile difatti che riesca un terzo bluff contro Valverde come a Pechino (dove però fummo beffati da Samuel Sánchez) o come il capolavoro di Varese (tre italiani contro uno spagnolo in fuga), quindi la capacità tattica dovrà essere non solo coraggiosa, ma anche originale e - se possibile - redditizia. Anche perché è complicato immaginare una quarta vittoria consecutiva dell'Italia al campionato del Mondo (l'UCI ci ha dato dei mafiosi per molto meno), ma sarà comunque bello vendere cara la pelle.

Mario Casaldi

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