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L'arcobaleno nella pioggia - SuperBallan! A Carnago è Ginanni | Cicloweb

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L'arcobaleno nella pioggia - SuperBallan! A Carnago è Ginanni

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Ci ha messo qualcosa come 11 mesi per festeggiare un successo in maglia iridata, ma oggi Alessandro Ballan ha cercato e trovato la vittoria con un'azione potente e rabbiosa a 10,5 km dal traguardo di Krynica Zdroj che altro non ha fatto che finalizzare il grande lavoro della Lampre-NGC, con Marzio Bruseghin in testa, che a 52 km dall'arrivo si è messa davanti al gruppo per aumentare l'andatura in primis e per andare a riprendere i sei fuggitivi in secundis, visto che tra gli attaccanti c'era un certo Brutt (Zeits, Goss, Sutton, Turgot e Stannard gli altri) che al Tour de Wallonie si era mostrato in gran forma ed al quale Ballan e soci non hanno voluto lasciare - giustamente - troppo spazio.
Vi dicevamo di Bruseghin: quale gregario migliore per un campione del mondo? Impagabile Marzio, che si mette in testa a 52 km dall'arrivo - sulla prima salita - e poco gli importa che i Sapa, i Manuele Mori e i David López (della Caisse, per Moreno) gli si affianchino e gli propongano il cambio. Il veneto tira dritto per 29 km di fila, portando il distacco del gruppo dai fuggitivi prima a un minuto tondo (ai meno 45), e poi annulla il tentativo di Brutt e Stannard, gli ultimi due superstiti, ai meno 30.
Un timido allungo di Burghardt in discesa non cambia i piani della Lampre, che ai meno 23 è brava ad inserire Loosli nell'azione promossa da Kireyev e rilanciata da Zaugg, con lo svizzero della Liquigas che si fa anche 5 km in solitaria, ma ai meno 18 un sempre più indomito Bruseghin riporta capitan Ballan e tutto il gruppo sul fuggitivo, con la Columbia che pare in grado di sostituire la squadra diretta da Copeland in testa al gruppo per favorire un probabile attacco di Albasini, o magari per abbassare un po' il ritmo per lo sprint ristretto di Boasson Hagen.
La Liquigas porta davanti Szmyd, Moreno marca stretto il treno Lampre, con Gavazzi che si sacrifica per Ballan: ed è proprio il campione del mondo, quando mancano 10500 metri all'arrivo, ad accelerare sulla salita di Jakublik con una progressione che fa male a tanti. E infatti col trevigiano rimane il solo Szmyd, mentre Moreno e Weening non riescono a restare attaccati al treno composto dall'uomo Lampre e quello Liquigas.
In discesa si forma un gruppetto di sei atleti: oltre ai quattro già citati, rientrano anche il polacco Rutkiewicz e l'altro italiano Reda, portacolori della Quick Step che già s'era ben comportato in salita sulle strade del Giro d'Austria. I sei di testa vanno d'amore e d'accordo fino all'ultimo chilometro, momento in cui Rutkiewicz - che sa di essere battuto allo sprint - prova l'anticipo. È Szmyd a chiudere il tentativo del connazionale che corre con la Selezione polacca (ah, le deroghe UCI...), poi è Reda a partire lungo ai 400 metri, con Weening che lo salta 100 metri più avanti e Ballan che scarta l'olandese al momento giusto, e cioè a 200 metri dalla linea del traguardo, a centro strada.
È una volata prepotente, da seduto (visto l'asfalto reso viscido dalla pioggia), quella del campione del mondo, al primo successo dopo quel 28 settembre di un anno fa, ed il fatto che Moreno arrivi al secondo posto semplicemente restando in scia al "Cigno" di Castelfranco Veneto (che pochi giorni fa s'è messo ufficialmente sul mercato degli svincolati, non accettando il rinnovo annuale propostogli da Saronni), la dice lunga sull'efficiacia dello sprint che ha concesso a Ballan di alzare le braccia al cielo.
La vittoria - e i 15" di vantaggio dei sei di testa sul gruppo regolato da Marcato e Francesco Gavazzi - consente a Ballan di vestire la maglia di leader della corsa con 4" su Moreno, 6" su Weening, 10" su Reda, Rutkiewicz e Szmyd, ricalcando in pratica l'ordine d'arrivo (più abbuoni) odierno.
Con 42 corridori nel giro di 37" (e il 42esimo è un certo Ivan Basso), i giochi si decideranno però nella frazione di domani, che sulla carta era presentata come il tappone e che di certo sarà decisiva per la classifica generale di questo Giro di Polonia: i 162,2 km da Kroscienko a Zakopane non avranno un metro di pianura, e se bastassero solo due grandi gambe e una grande squadra, per confermarsi, Ballan potrebbe anche dormire sonni tranquilli.
Ma il ciclismo, si sa, è pieno di mille altri imprevisti. (Mario Casaldi    
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La serie delle classiche agostane di casa nostra si è aperta oggi con il GP Industria e Commercio Artigianato Carnaghese, nel varesotto. Dici mese di agosto, dici Carnago e la mente va subito a Francesco Ginanni, che l'anno scorso proprio a Carnago seppe cominciare la sua tripletta agostana che in 30 giorni lo portò ad incarnierare anche Tre Valli Varesine e Giro del Veneto.
E manco a farlo apposta è stato proprio il campioncino pistoiese a ricominciare da dove aveva lasciato 12 mesi fa, con una bella vittoria, risolvendo una gara che, fino a pochi chilometri dal traguardo, era stata molto meno selettiva di quanto ci si aspettasse. Tutto si è compiuto nel corso dell'ultimo dei 9 giri previsti. Ai -10 km un bell'allungo di Enrico Rossi spariglia un po' le carte in gruppo e ci vuole uno sforzo congiunto di ISD e Diquigiovanni per annullarlo ai piedi dell'ultima salitella.
A quel punto è Visconti a prendere il toro per le corna e a prodursi in un ottimo allungo cui sanno rispondere in pochi (un pimpante Pozzovivo su tutti). Subito dopo lo scollinamento, in contropiede, è una stilettata di Torosantucci, con il compagno Callegarin a ruota, a produrre l'azione decisiva. Ginanni e Baliani sono attenti e agganciano il treno giusto con il primo atleta dei Centri della Calzatura a dare tutto per il compagno che quest'anno ha dimostrato di essere molto competitivo su questo tipo di arrivi.
Ma il gruppo è lì e ai 400 metri schizza via ancora Giovanni Visconti che, con la strada che tende leggermente a salire, si leva di ruota tutti e piomba sul quartetto al comando, risucchiando Torosantucci e, sulla linea d'arrivo, Baliani, ma non riuscendo a fare lo stesso con Callegarin e soprattutto Ginanni, che un istante prima aveva potuto alzare le braccia al cielo, ricucendo il filo della vittoria interrotto cinque mesi fa proprio da queste parti, al GP dell'Insubria.
Inizia così nel migliore dei modi l'avvicinamento del toscano al Campionato del Mondo che a Varese lo vide solo riserva viaggiante, ma che a Mendrisio potrebbe regalargli la sua prima maglia da titolare, solamente al suo secondo anno da professionista. E, una volta in gara, sognare non costa nulla... (Giuseppe Cristiano)

Contrariamente alle scorse edizioni, la Volta a Portugal quest'anno non offre molte opportunità agli sprinter: oltre ai classici arrivi in salita di Mondim de Basto e Torre, e all'impegnativa frazione di Santo Tirso, anche le tappe di Guarda e Gouveia (che si concludono entrambe in cima a salite di terza categoria), di Fafe e San Joao de Madeira (mosse e forse troppo dure per i velocisti puri) sembrano precluse alle ruote veloci. E allora, prima di mettersi ad attendere il pianeggiante ma ancora lontano traguardo di Aveio, agli sprinter non resta che buttare tutte le forze ancora fresche in questa prima frazione da Caldas de Rainha a Castelo Branco. Che, coi suoi 228 km è la più lunga dell'intera Volta, e porta i corridori dalla ventilata costa portoghese verso il caldissimo interno, tanto per far capire a chi non lo sapesse come le alte temperature sono una delle principali difficoltà della gara.
La tappa parte nervosa e veloce, con tanti corridori a cercare l'attacco giusto per la fuga di giornata, in pieno stile Tour. Se ne vanno in dodici, guadagnando fino a 8' di vantaggio, ma la presenza di due possibili outsider come i portoghesi Marque e Mestre (entrambi della Palmeiras Resort, squadra della camisola amarela Barbosa e del vincitore della scorsa edizione David Blanco) fa sì che le altre squadre non lascino andare via i dodici. Quando però dal gruppetto davanti si avvantaggiano in cinque (il portoghese Oliveira, l'ucraino Chuzda, il rappresentante della Lampre Francesco Tomei, il belga Amorison e il tedesco Hondo - evidentemente poco convinto delle sue possibilità in un arrivo a ranghi compatti) il vantaggio torna a salire.
Il loro destino è comunque prevedibile, e se Chuzda e Oliveira si danno battaglia sui gran premi della montagna (tutti di terza categoria) della giornata, con facile supremazia dell'ucraino, Danilo Hondo (terzo ieri nel prologo per una manciata di centesimi) si concentra sui traguardi volanti per raggranellare i secondi di abbuono. Dietro la LPR tira senza sosta, con regolare continuità.
Il vantaggio lentamente ma inesorabilmente cala, mentre il gruppo viaggia lungo rettilinei lunghissimi da sembrare in alcuni momenti infiniti, e il paesaggio è segnato da terre incolte e vegetazione rada, con qualche raro paesello a interrompere la monotonia.
Se Amorison è il primo ad alzare bandiera bianca, il nostro Tomei si toglie la soddisfazione di anticipare Hondo sull'ultimo traguardo volante, quando all'arrivo mancano una dozzina di chilometri e il vantaggio è ormai ridotto a meno di un minuto. Ai 5 km la lunga fuga è riassorbita, e altri treni si affiancano a quello della LPR. Gli uomini di Bordonali, dopo il parecchio lavoro svolto, finiscono per subire le accelerazioni delle squadre avversarie. Petacchi, senza più uomini a fianco, non riuscirà a mantenersi nelle primissime posizione e in pratica rinuncia allo sprint. In particolare è la Liberty a prendere il comando delle operazioni, grazie anche all'impegno dei suoi leader per la generale Guerra e Plaza in favore del giovane Manuel Cardoso, promettente velocista e campione nazionale in carica. Il plotone è messo alla frusta e praticamente spezzato dai forti passisti in blu-celeste e, quando Filipe Cardoso lancia lo sprint del suo omonimo, si capisce subito che non ci sono possibilità per gli altri. Il Cardoso più veloce trionfa a braccia alzate, nettamente primo su Barbosa e sullo spagnolo Pacheco. Per il vincitore, grazie all'abbuono, c'è anche la soddisfazione della leadership nella generale. Il "vecchio" Hondo trova le forze per disputare anche lo sprint, finendo nono, ma manca la amarela per soli 2".
Santambrogio, decimo, è il primo degli italiani.
La tappa di domani, da Idanha-a-Nova a Guarda, non è difficile ma l'arrivo in cima a una salita di terza categoria promette di vivacizzare parecchio il finale. (Gianluca Colloca)

In un agosto così denso di gare non poteva mancare anche una delle classiche brevi corse a tappe che caratterizzano il calendario spagnolo: ieri, infatti, è inizia la 31esima edizione della Vuelta a Burgos con un cast di partecipanti piuttosto interessante e in cui spiccano senza dubbio Valverde e Samuel Sánchez, senza dimenticare i nostri Garzelli e Carrara.
Dopo una frazione sostanzialmente pianeggiante che ha visto la vittoria allo sprint del basco Koldo Fernández, oggi si è fatto già abbastanza sul serio con l'arrivo sull'Alto de San Juan del Monte (praticamente una frazione di Miranda de Ebro), una salita di poco meno di 2 km ma con pendenze impegnative. Come logica vuole la Caisse d'Epargne, avendo tra le proprie fila un grande favorito su un arrivo simile, ha controllato la corsa per tutto il giorno, chiudendo sulla fuga di Rosendo, Rabuñal e Castroviejo a 4 km dall'arrivo. Sullo strappetto finale il primo a muoversi è Fernández De la Puebla, mentre all'ultimo km prova l'allungo anche un convincente Francesco Masciarelli: agli ultimi 500 metri, quando tutti si aspettavano la sparata di Valverde, è invece il suo compagno Joaquím Rodríguez a lanciarsi ed a staccare tutti per vincere la tappa ed indossare così anche la maglia di leader. Alle sue spalle Valverde chiude solo terzo, preceduto dal giovane belga Ben Hermans, un ragazzo che sta dimostrando ottimi numeri e che va seguito con attenzione, mentre i primi italiani sono Garzelli e Masciarelli, rispettivamente sesto e settimo, staccati di 7" dal vincitore.
Domani è in programma un'altra frazione decisiva, mentre sabato e domenica ci saranno le due frazioni decisive della corsa: prima una cronometro inviduale di 15 km, poi un'impegnativa tappa di montagna con arrivo all'Alto de Las Lagunas de Neila, un traguardo tradizionale della Vuelta a Burgos.

Sebastiano Cipriani        

 

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