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Un revolver... è Devolder! - Stijn, secondo sparo consecutivo

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Se Romain Gijssels avesse superato il secolo di vita e fosse arrivato ad assistere al Giro delle Fiandre 2009, sarebbe stato senz'altro contento per il suo discendente (ciclisticamente parlando) Stijn Devolder, perché tra il primo ad aver centrato una doppietta consecutiva nella Ronde (1931-1932) e l'ultimo ad esserci riuscito non potrebbe non esserci una certa sintonia. Poi magari, da buon vecchio un po' brontolone, avrebbe precisato che lui nel '32 si portò a casa pure la Roubaix, e quindi Stijn deve ancora mangiare un bel po' di pasta e fagioli prima di eguagliare quel romantico e remoto protagonista del ciclismo.
Ma per la verità, palando di protagonisti, ce n'è pure uno pragmatico e ben presente a potersi fregiare della tripletta (due Fiandre e una Roubaix) in un biennio: Tom Boonen ci riuscì tra 2005 e 2006, ma provate un po' a chiedergli se per caso auspica che il suo compagno di squadra lo imiti. «Figlio mio, non ti pare di star un po' esagerando con questa tua persistente e vincente smania di importi nella corsa in cui dovrei spadroneggiare io?».
Dal canto suo il buon Stijn, provatosi lo scorso anno l'abito del vittorioso, non ha evidentemente visto validi motivi per smettere quella lussuosa livrea, e ha rifatto pari pari quello che fece l'anno scorso, scattando sull'Eikenmolen, a poco più di 25 km dal traguardo: «Vuoi vedere che mi riesce di nuovo?»: gli è riuscito. 

E se Cancellara, zitto zitto...?
Pur se dato per moribondo da praticamente chiunque, probabilmente Fabian Cancellara non si è stupito di vedersi invece nelle prime posizioni del gruppo quando i muri del Fiandre hanno iniziato a susseguirsi tumultuosamente: lo svizzero era lì davanti sull'Oude-Kwaremont e anche sul Paterberg, intorno ai -80 dal traguardo: intorno a lui la Saxo Bank e soprattutto la Cervélo stavano proponendo un certo forcing, e il plotone, che fin lì si era preoccupato solo di non far prendere un quarto d'ora di vantaggio ai due fuggitivi del mattino (Kuschynski e De Vocht, tenuti sempre a distanza di sicurezza), ha iniziato a perdere parecchi pezzi.
Sul Paterberg è stato Hushovd a fare la voce grossa, ma Boonen non si è certo fatto intimorire dal norvegese, passando in testa negli ultimi metri dello strappo e allungando con un solo uomo alla sua ruota: quell'uomo, annunciato dalla sua bellezza, ma forse più ancora dai suoi discreti tatuaggi, era proprio Filippo Pozzato.
Con due simili mammasantissima (il primo e il secondo favorito di giornata) già all'attacco a poco meno di 80 km dal traguardo, era chiaro che di lì a poco sarebbe successo qualcosa di rilevante: e infatti in contropiede, subito dopo il Paterberg, se n'è andato alla chetichella Sylvain Chavanel, trainando nella sua scia Daniel Lloyd e un pimpante Manuel Quinziato. In quel momento ancora non sapevamo che quella sarebbe stata in qualche modo l'azione decisiva della giornata.

Tom granduca del Koppenberg
Ancor prima del più rovinoso muro della giornata, sui 3 contropiedisti usciti dal Paterberg si son portati Frédéric Guesdon (una Roubaix nel palmarés) e Leif Hoste (tre secondi posti al Fiandre). Con loro c'era anche Marco Bandiera, giovane lamprista con un compito che definire gravoso è poco: tappare le falle apertesi nello scafo guidato da Fabrizio Bontempi a causa di una rovinosa caduta che aveva fatto fuori Mirco Lorenzetto in avvio (per lui trauma facciale e tanta paura), forfait che si aggiungeva a quello di Ballan fuori uso a causa di un virus dal nome irricordabile.
Buono Bandiera, e buono anche Quinziato, che invece era lì per far le veci di Bennati, acciaccato e ritirato anch'egli a corsa iniziata. Fatti due conti, l'Italia che si proponeva per il traguardo di Meerbeke era quella delle seconde punte, anche se lì dietro qualcosa di importante continuava a muoversi.
Sul Koppenberg, mentre Cancellara rompeva la catena e vedeva frantumarsi le sue speranze, è stato come al solito Boonen a forzare: niente da dire, Tom ha il suo luogo elettivo proprio su questa rampetta impossibile col pavè appena meno sconnesso di quando era definito "troppo sconnesso"; e dà gas ogni volta che ci si trova, e stavolta non ha fatto eccezione, ma nemmeno Pozzato ha fatto eccezioni alla regola odierna che lo voleva incollato al mozzo del suo collega ed ex compagno di squadra.
I tempi in cui esultavano insieme in maglia Quick Step in via Roma a Sanremo (primo Pozzato, quarto Boonen, e in mezzo Petacchi a smadonnare) sono lontani, ma quelli in cui li vedremo fianco a fianco a lottare per questi traguardi minacciano per fortuna di perpetuarsi ancora per diversi anni.

Lo strapotere della Quick Step
Il Koppenberg ci ha quindi lasciato una situazione con 8 uomini al comando (Chavanel, Quinziato, Bandiera, Hoste, Guesdon e Lloyd, portatisi su De Vocht e Kuschynski) e 1'20" tra loro e il gruppo dei migliori. Un vantaggio molto importante, se consideriamo che davanti c'erano fior di passistoni e qualcuno anche più pronto degli altri a sacrificarsi: ottimo il lavoro di Kuschynski per il compagno Quinziato, in una Liquigas che per forza di cose doveva provare qualche soluzione estemporanea per portare a casa la pagnotta.
80" a 8 corridori così ben assortiti si limano rapidamente - in una corsa come il Fiandre - in un solo modo: con una sparata su un muro. Boonen questo lo sa bene, ecco perché sullo Steenbeekdries, a 66 km dal traguardo, il belga di Mol ha dato un'altra paurosa accelerata. E per la terza volta di fila, l'unico a tenere le ruote scatenate di Tom è stato Pippo. E forse a quel punto Tom ha iniziato a sospettare che il vicentino stesse facendo corsa su di lui... E quando per tre volte consecutive i più forti della compagnia si dimostrano proprio quei due lì, appare chiaro che se c'è qualcun altro che ha buone gambe, gli conviene stare parecchio vicino ai citati personaggi.
Se poi si vive la ventura di vestire pure la stessa maglia di uno dei due (Boonen; perché Pozzato di certo non ha mai rischiato di trovarsi un uomo Katusha accanto nelle fasi salienti), si può ingegnarsi per far passare le proprie ambizioni sotto la definizione di "gioco di squadra". Stijn Devolder aveva certo ben chiaro questo concetto quando si era spremuto poco prima sul Koppenberg, e quando si è ripetuto sullo Steenbeekdries e poi anche dopo lo scollinamento, per rientrare (prima di molti altri) sulla splendida coppia sul Taaienberg.
A quel punto avevamo sempre gli 8 di prima in testa; a poco più di mezzo minuto il terzetto Quick Step-Katusha-Quick Step (chiara la morsa?); a 45" gli altri, da Hincapie a Gilbert a Scheirlinckx ad Haussler. E mancavano 60 km. Ovvero c'era proprio lo spazio ideale per dar luogo a balletti e trucchetti, tiro io o tiri tu?, ma se io non tiro tira lui?, ma se tira lui chi lo riprende? Bel problema.
Nell'occasione, la soluzione è stata rinviata a pochi chilometri dopo, quando sul Berendries (-43) è stato Pozzato a fare un forcing che ha trainato Boonen e, ancora una volta, un Devolder in carburazione differita rispetto agli altri due, ma pur sempre in carburazione.
Di fatto la Quick Step ha vissuto un lungo momento di terrore allorché Chavanel faceva il ritmo davanti e Devolder lo faceva dietro: evidente il controsenso, sanato dal naturale evolversi della tattica di Pozzato: perché Filippo avrebbe dovuto aiutare Tom e Stijn a chiudere sugli 8 al comando (rimasti nel frattempo 3, ovvero Quinziato-Chavanel-Hoste)? Per ritrovarsi poi, sul più bello, ad essere fregato dal gioco di squadra dei rivali (che a quel punto sarebbero stati in 3 contro 1)? Il ragionamento non è attaccabile, a pensarci bene, così come non è il caso di condannare la scelta di Pozzato: se avesse collaborato e si fosse trovato ai 40 km coi 3 Quick Step (e con Hoste, e con Quinziato), gli sarebbe toccato inseguire chiunque: troppo impegno per troppi chilometri, francamente avremmo chiesto al vicentino più del lecito, tantopiù che poi non è che Pippo avrebbe appeso la bici al chiodo dopo le premiazioni: Gand e Roubaix lo aspettano, perché svenarsi a tutti i costi oggi?

Quinziato non sta a guardare
È stato il Valkenberg, -38 dal traguardo, a darci la dimensione di un Manuel Quinziato voglioso più che mai di fare la sua corsa e dare un'impronta di verde allo svolgersi della giornata. Un forcing dell'altoatesino ha mandato a gambe all'aria Hoste ma non Chavanel, a conferma che i Quick Step oggi non li si abbatteva manco a cannonate. E forse proprio l'aver visto che Chavanel era ancora al meglio ha convinto definitivamente Pozzato a desistere da ogni volontà bellicosa: uno contro due ci si poteva anche misurare; ma uno contro tre? Finiva così, a 16" dal ricongiungimento con la coppia di testa, l'avventura del bel terzetto (Boonen-Devolder-Pozzato), destinato a rimbalzare indietro e ad essere presto raggiunto dagli inseguitori.
Né il Tenbosse (-31), a parte un breve tentativo di Haussler, né i chilometri subito successivi (nei quali si è avvantaggiato Van Hecke) hanno prodotto rivoluzioni, e allora Devolder deve aver avuto quel classico riflesso pavloviano che prende quando si rivivono esperienze già vissute: si appropinquava l'Eikenmolen, e con esso il ricordo di quanto fatto nel 2008. E la considerazione che lo stato delle cose, col capitano a controllarsi a vista con Pozzato e con Chavanel a poter fungere da spettacolare punto d'appoggio in avanti, favoriva in maniera forse insperata la ripetizione dell'esercizio tanto ben riuscito dodici mesi fa.
E allora, con 25 km da coprire ancora, Devolder ha messo il turbo e si è giocato tutto.

A volte la storia si ripete
Devolder ringrazia le sue gambe ma anche quelle di Van Hecke, trovate lungo il tragitto e pronte a raddoppiare le possibilità di chiudere il gap su Quinziato e Sylvain. E il buco è stato chiuso a 21 km dal traguardo, e il bello è che il margine su un gruppo allo sbando cresceva metro dopo metro: di converso, Devolder ringrazia pure Serguei Ivanov, autore della mossa più incomprensibile della giornata: anziché stare col capitano Pozzato per provare a recuperare sugli attaccanti, il russo ha tentato un inseguimento solitario che l'ha sfibrato. E il risultato è che il quartetto di testa ha preso il Muur/Kapelmuur/Grammont con un minuto tondo su Boonen e soci: e a quel punto era ormai chiaro che niente, né il pur generoso tentativo di Flecha, né la violenta sparata di Gilbert, né la confermata ottima tenuta di Pozzato, avrebbe invertito lo scorrere delle cose.
Devolder invece aveva tutto nelle proprie mani il suo destino; anzi, nelle proprie gambe, quelle che hanno dato l'impulso all'ennesimo scatto della giornata, ma stavolta era lo scatto definitivo e decisivo, e Quinziato ci ha provato con tutto se stesso a stare in scia, ma niente, la bici si muoveva in diagonale su quelle pendenze maledette, e invece Stijn non si curava di nulla e andava su, su verso lo scollinamento e la conquista di quei 5" poi diventati 10 e poi 20 e poi sempre di più. Un vantaggio incolmabile, Manuel solo contro tutti, perché avrebbe potuto pure insultare Chavanel fino al traguardo (e più o meno l'ha fatto), ma il francese non avrebbe più tirato (e più o meno l'ha fatto).
Si sarebbero giocati in tre (c'era ancora pure Van Hecke) due posti di un podio del Fiandre, ma non c'è stato verso: mentre Devolder volava verso la sua consacrazione definitiva (si può vincere una volta una corsa per caso, diciamo; ma due volte consecutive per lo stesso caso è impossibile, lì vuol dire che il corridore c'è ed è compiuto e completo, tecnicamente, tatticamente, mentalmente), il gruppo di Boonen e Pozzato fagocitava il terzetto inseguitore nei pressi del traguardo, e Haussler ha così potuto piazzare la sua ormai più che classica progressione irresistibile, andando a prendersi prepotentemente un secondo posto che fa il paio con quello della Sanremo, mentre alle sue spalle Hushovd innescava una carambola paurosa (Rast e Van Avermaet tra i catapultati sulle transenne e - di rimbalzo - sull'asfalto) e Gilbert trovava lo spunto valido per il terzo posto.
Pozzato si accontenta del quinto posto e della consapevolezza di poterci riprovare fra tre giorni, o fra sette, dipende dalle congiunzioni astrali. Devolder si gode questa nuova incoronazione a re di una nazione (quella fiamminga); e tra tutti, chissà perché, il più ingrugnito rischia di essere proprio Boonen.


Marco Grassi

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