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Ubriacati da Petacchi - AleJet, prosecco e maglia rosa

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Quando Alessandro Petacchi prende il ritmo giusto, quello della vittoria, negli spazi a lui circostanti inizia ad esserci penuria della classica trippa per gatti (indipendentemente dal cognome di un suo rivale, che peraltro oggi si è pure comportato abbastanza bene).
AleJet inizia a espandersi e gli capita di andare ad occupare tutte le caselle possibili: vittoria di tappa, maglia ciclamino rafforzata, ora pure la maglia rosa: ci ha messo due giorni, lo spezzino, per mettere incontrovertibilmente in attivo il suo Giro, con risultati che altri si sognano nell'arco di un'intera stagione, e che invece lui centra con apparente naturalezza, anche dopo mesi di traversie varie e di dubbi (tanti) sulla sua possibilità di tornare a certi livelli. E per "certi" intendiamo esattamente quelli a cui si sta esprimendo in quest'avvio di Giro.
Non era scontato ripetersi, per AleJet, in una tappa come quella di Valdobbiadene: tanti saliscendi nel finale, e quindi la necessità di tenere i nervi saldi e di aprire 100 occhi per evitare i mille inghippi che sono nascosti nelle pieghe di frazioni tanto complicate. E la prova di questo assioma è che qualcuno più distratto o più sfortunato di altri è caduto e ci ha rimesso anche parecchio, o è rimasto comunque intruppato nelle retrovie, e ugualmente ci ha rimesso parecchio.
Peggio che a tutti gli altri è andata a Chris Vande Velde, che a circa 60 km dal traguardo, dopo la salitella di Ca' del Poggio (affollata come una vetta dolomitica), è finito per terra e probabilmente si è rotto un femore. In ogni caso si è ritirato, lasciando la Garmin senza un uomo per la generale.
Ma non hanno molto da sorridere anche Denis Menchov e Mauricio Soler, uomini di classifica rimasti attardati in seguito a una caduta a 10 km dalla fine, e giunti al traguardo con (rispettivamente) 24" e 1'25". Con loro, è rimasto nelle retrovie anche quel Mark Cavendish che, a quel punto, ha capito che dovrà per forza tornare al Giro d'Italia se vorrà ottenere una vittoria in maglia rosa.

Molti attacchi, una sola volata
La tappa era comunque stata abbastanza movimentata anche al netto dei ruzzoloni. Fuga a cinque (Facci, Ignatyev, Krivtsov, Schröder e Palumbo) dal km 5, il suggestivo passaggio sulla pista dell'aeroporto di Rivolto (con le Frecce Tricolori a passare sulla testa dei corridori), Facci che si prende la maglia verde in cima alla salita di Combai, la LPR che opera per ricucire, la Liquigas che sugli strappetti tiene Basso davanti al riparo da sorprese.
E poi, sulla salita di Santo Stefano, subito dopo il primo passaggio da Valdobbiadene (e l'annullamento della fuga del mattino), un interessante attacco orchestrato da Voeckler (finora promosso il peperino francese), Malacarne, Grivko, Voigt, e poi supportato dall'arrivo di Mazzanti, Andrea Masciarelli, Seeldraeyers, Failli, Spezialetti e pure Levi Leipheimer: come dire che i big non hanno certo paura di entrare nella viva competizione anche prima che la lotta per la vittoria entri nel vivo.
L'azione dei 10 attaccanti non avrebbe certamente avuto lunga vita, ma la caduta dei 10 km ha rimescolato le carte, lasciando ai primi il dubbio se insistere (con mezzo gruppo fermo) o rispettare una norma di fair play, e agli inseguitori la difficoltà di riorganizzare al più presto i ranghi. Il risultato di tutto ciò è che davanti si son ritrovati in una sessantina, e dietro tutti gli altri (compresi gli uomini citati sopra).
A 3 km dal traguardo, l'annunciatissimo e attesissimo attacco di Bruseghin, che correva in casa e aveva sulla strada un impressionante stuolo di tifosi: Marzio è partito in progressione, ha guadagnato qualche decina di metri, è rimasto solo per qualche decina di secondi, e si è visto risucchiato ai 2km dal gruppo anticipato da un ottimo Visconti col pallino del contropiede. L'azione del siciliano, anche più bella di quella di Bruse, è parsa a un certo punto destinata ad avere una certa fortuna, ma - ormai si era praticamente con la volata lanciata - è sfumata ai 200 metri, quando Pozzato (un altro attaccante annunciato) ha provato ad anticipare i velocisti, ma altro non ha fatto se non tirare la volata a Petacchi (a cui Di Luca aveva poco prima gentilmente lasciato la ruota di Filippo il Bello).
E AleJet, dopo aver impressionato tutti a Trieste, stavolta non ha avuto bisogno di fare miracoli, ma la sua progressione gli è bastata per schienare tutti gli avversari superstiti: un Farrar sempre più convincente, un Francesco Gavazzi e un Dario Cataldo che fanno ben sperare (giovani, volonterosi, efficaci: cosa chiedere di più?), e un Damiano Cunego che si presenterà domani sulle Dolomiti con credenziali di freschezza che, se la vista non ci ha ingannati, lo proiettano tra i favoriti di giornata.
Petacchi, che ha riconquistato la maglia rosa a sei anni di distanza da quel Giro 2003 in cui si rivelò come un assoluto vincente, domani a San Martino di Castrozza perderà bei minuti; prima della salita che va al traguardo ci sarà la Croce d'Aune, ma in totale queste due scalate non valgono un prima categoria serio, e quindi è da escludere che ci siano smottamenti tra i principali favoriti; comunque si inizia già a salire, e questa è comunque una bella notizia.

Marco Grassi    

 

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