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Lance in fuga, Brown a meta - In Argentina Basso 9° nella crono | Cicloweb

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Lance in fuga, Brown a meta - In Argentina Basso 9° nella crono

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Ragazzi, è inutile girarci intorno: rivedere Lance Armstrong su una bici, in azione, prima del via della corsa, tra la gente, in fuga, insomma nel ciclismo attivo e pedalato, fa un certo effetto. È come ritrovare un vecchio conoscente che pensavi non avresti più incontrato sulla tua strada: nel frattempo gli anni trascorsi hanno scolorato i motivi di critica, e quel che resta, al momento, è un pizzico di nostalgia per quando eravamo davvero giovani e forti.
C'è da dire che Lance fa di tutto per non nascondersi, poi. Potrebbe carburare lento e progressivo nella pancia del gruppo, invece il texano ha voglia di dimostrare più di quel che dovrebbe. Del resto i dubbi sul suo rientro sono stati tanti, e continuano ad essere numerosi, anche se i primi chilometri della road map di Armstrong verso il Giro alcuni di quei dubbi li stanno già dissipando.
Nella terza tappa del Tour Down Under il ritmo è stato alto sin dalla partenza di Unley: e la fuga è partita subito, sulla scorta di una primigenia azione di Perget (attivissimo sin dal km 0), Moncoutie e Simon Clarke: sui tre si son riportati altri 13 uomini, e tra questi chi fa capolino? Armstrong, per l'appunto. Con l'americano c'erano tra gli altri Luis León Sánchez, O'Grady, Wilson, Lloyd, Rogers (quanta Australia!) e il nostro Francesco Reda.
Le tumultuose fasi iniziali non sono purtroppo state indolori: un paio di cadute in gruppo, oltre a spezzettare il medesimo, hanno causato una serie di ritiri: il nome più in vista tra gli sfortunati corridori che hanno dovuto abbandonare il TDU è quello di Andre Greipel, vincitore del 2008 e della prima tappa dell'edizione in corso. Il tedesco, dolorante alla schiena, è stato trasportato in una vicina clinica per accertamenti, ma non troppo meglio è andata a Ermanno Capelli, Gudsell, Schär e allo sfortunatissimo Kai Reus, un ragazzo tanto promettente ma troppo in credito con la sorte: nel 2007 stette 11 giorni in coma dopo una caduta in allenamento, in discesa dall'Iséran.
La fuga dei 16 (e poi dei 15 e poi dei 14, visto che prima Luis Sánchez e poi Jesús Hernández si sono staccati dal drappello di battistrada) non ha mai avuto soverchio spazio: troppi e troppo in vista i personaggi all'attacco perché i team dei velocisti lasciassero strada: ma le varie Rabobank, Quick Step e Columbia se lo sono dovuto ben sudare, quel minuto e mezzo che per una cinquantina di chilometri è rimasto pressocché invariato tra i fuggitivi e gli inseguitori. Solo quando l'altimetria ha smesso di ondulare per lasciar spazio a 30 km di pianura è avvenuto il ricongiungimento.
Da lì (meno 36) all'arrivo, c'è stato spazio per innumerevoli altri tentativi d'attacco (favoriti anche dalla salitella di Kerby Hill, vetta a 20 dal traguardo), il più importante dei quali, orchestrato da D'Hollander e Cameron Meyer, è arrivato ad avere 1'40" di margine. Quindi (sulla rampetta) ci hanno provato ancora Lloyd e poi Moncoutie, avvicinando Meyer (rimasto nel frattempo solo in testa), ma non sfuggendo alla logica del volatone: e quando a 7 dalla conclusione anche lo stesso Meyer è stato risucchiato dal gruppo, non restava che aspettare lo sprint. La Rabobank, autrice di un lavoro indefesso per tutto il dì, ha avuto ancora buon gioco a dettare legge col suo treno, il più potente e carismatico nel finale di Victor Harbor: con queste premesse, Graeme Brown (che probabilmente è il fratello cicciottello di Charlie, vista la somiglianza) non poteva proprio esimersi dal ripagare col successo tanto dispendio. E il velocista del team olandese ha centrato l'obiettivo, mettendo in fila Davis (raggiunto in classifica, ma ancora leader per la somma dei piazzamenti) e O'Grady (che è terzo anche nella generale, dopo aver fatto incetta di abbuoni durante la fuga), per un podio tutto australiano che corona una giornata per la quale gli organizzatori avrebbero messo la firma: fuga di Lance, tris di Kangaroos al traguardo e in classifica: se non è il Nirvana del Down Under, poco ci manca.

Se Armstrong dimostra ogni giorno qualcosa in più (anche a livello nervoso: oggi se l'è presa con l'elicottero della tv che insisteva a ronzare sui fuggitivi), dall'Argentina Basso risponde educatamente presente. Ieri avevamo azzardato che il varesino potesse spingere a fondo nella cronometro di San Luis, invece ha prevalso la volontà di non scarburare, e va bene lo stesso anche così. Va bene anche con un nono posto di tappa nei 20 km contro il tempo, a 38" dal vincitore Jorge Giacinti, atleta di casa che conquistò il Tour de San Luis due anni fa (era la prima edizione) e che proprio piano non è andato, visto che è svolazzato sul successo ad oltre 50 di media.
Il 34enne argentino ha preceduto di 9" lo statunitense Zirbel e di 10" Martin Garrido, che un anno fa vinse questa prova con un tempo di 9" superiore a quello che oggi gli garantisce il terzo posto: significa che il livello della gara sale, e che ci sono corridori che si preparano con molto scrupolo per questi appuntamenti. Ma del resto, se voi foste un Jorge Giacinti e sapeste che nella corsa di casa verrà a gareggiare un vincitore del Giro e pluripodio del Tour, non fareste di tutto per fare la miglior figura possibile al cospetto di tanto blasone?
Tra le tante storture del ciclismo mondializzato di Verbruggen & McQuaid, questo aspetto è invece molto bello: laddove negli altri sport (specie in quelli di squadra) sono praticamente scomparsi i confronti tra i primi e gli ultimi (la Juventus giocherà mai più contro una squadra di Malta?), nel ciclismo può capitare che gli umilissimi della classifica UCI possano pedalare, alle loro latitudini, accanto a un Basso (ma anche a un Nibali): se non è promozione questa...
Tornando alla gara, c'è da dire della classifica: dei tre fuggitivi avvantaggiatisi ieri, il migliore è stato Alfredo Lucero, argentino pure lui, che paga 54" a Giacinti ma guadagna 2'10" sull'ex leader Lucas Haedo ed ora guarda tutti dall'alto del primo posto. Basso in graduatoria è sesto a 2'29" da Lucero, Nibali (14esimo di tappa a 1'14" da Giacinti) è abbastanza indietro, 22esimo a 3'46" dal leader.
Domani si sale, gli organizzatori considerano quello di La Carolina un arrivo in salita, anche se dalla vetta vera e propria al traguardo ci sono 18 km di discesine e falsopiani; dopodomani ci sarà un secondo arrivo in quota consecutivo, e la classifica potrebbe essere molto diversa tra 48 ore. Anche se alla fine magari non vincerà, Basso promette di risalire abbastanza in graduatoria, non foss'altro che per una pura questione di selezione naturale: Lucero, Haedo e Giacinti resisteranno sulle salite, o cederanno il proscenio ai tre che vengono immediatamente dopo, ovvero Grivko, Serpa e - appunto - Basso?

Marco Grassi    

 

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