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2009 - Fuga a Los Angeles - Nocentini il protagonista del film

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L'improvvido estensore di queste cronache dal Pacifico dovrebbe autobacchettarsi sulle mani e fare 10 giri di campo come penitenza per aver trascurato ieri di menzionare Rinaldo Nocentini. "All'Italia in trasferta nel West rimane Nibali", si scriveva a chiusura del pezzo sulla crono di Solvang, niente di più incompleto! Nibali sì, ma anche - per l'appunto - Rinaldo, toscano che cent'anni dopo i fratelli Bonanno compie il viaggio dalla sua terra alla California per andare a dipingere fantasmagoriche scenografie dalle parti di Hollywood e a dare un personalissimo Good Morning alla sua privata Babilonia. E se quella era (forse) finzione filmica, questa è realtà viva e pulsante, reificatasi al termine di una giornata da coltello tra i denti, vissuta con la pancia a terra da mille e mille contendenti che cercavano un posto al sole o almeno in una fuga, su un terreno che favoriva le sortite a patto di avere energie e pazienza sufficienti per non arrendersi dopo i primi tentativi.
Sin dall'inizio della penultima tappa del Giro della California, quella che arrivava a Pasadena (a due passi dalla Città degli Angeli), gli assalti si sono moltiplicati, ma sempre il gruppo trovava da ridire e volava a chiudere. Si perde il conto dei tanti uomini andati all'attacco e risucchiati dall'inesorabile Mulino Astana che tutto azzerava davanti a sé. E dire che, tra i tanti, anche Lance ha messo il naso al vento in un'occasione. Ma più di lui ha avuto caparbietà l'antico luogotenente George, sì, proprio quell'Hincapie che si è trascinato più volte dietro varia gente volenterosa, e che alla fine è riuscito a ritrovarsi in fuga con una compagnia quantomai interessante: Frank Schleck e Markus Zberg, Elmiger e Vande Velde, Engels e Weening, Roulston e Baldwin, e poi Nocentini; che della fuga era stato l'iniziatore, a 90 km dal traguardo. Comunque, tutta gente capace di trenare che è una bellezza, e col non trascurabile pregio di non essere nelle immediate vicinanze di Leipheimer in classifica (il più vicino essendo Frank Schleck, a 6'22"). Dunque, si può andare, si va.
Il margine resta sempre entro limiti di sicurezza sia per chi fugge che per chi insegue: tre minuti, quattro, quattro e mezzo, tre e mezzo: queste le oscillazioni. Dopo l'accordo, durato circa 65 chilometri, quello che rompe le righe è proprio l'iniziatore, ovvero il nostro Rinaldo: un primo attacco sul piano per saggiare le forze in campo, e subito si screma un quintetto che potrebbe andar lontano (ci sono Hincapie, Schleck, Zberg e Pauwels). Ma il circuito finale, con quella salitella posta a metà, pare fatto per rimescolare di continuo le carte, e così fa in effetti: scatti e controscatti si susseguono sempre più frenetici, ai 10 km Schleck pare schioccare la fiondata giusta, si avvantaggia di qualche secondo, ma sempre Nocentini (e sempre con Hincapie) chiude e rinvia i disegni espansionistici del Lussemburgo.
Il gruppetto si ricompatta, ci provano Roulston e Weening, ci provano Vande Velde ed Elmiger, ci prova ancora Schleck con Hincapie (sempre lui!) e Roulston, infine la differenza la fa, immancabilmente, il toscano: ai 3,5 km il capitano della AG2R parte deciso, e stavolta Hincapie non ci sta dentro, mentre rispondono presente Weening e Roulston: una locomotiva e un tipo assai veloce, coppia da prendere con le pinze in un arrivo del genere e soprattutto dopo aver speso tutto quello che aveva speso Rinaldo nel corso della giornata.
La volata a tre è l'epilogo, Roulston fa le cose in grande e non contempla l'ipotesi della sconfitta, non gli pare possibile, al punto che pensa di poter partire in testa a Beverly Hills 90210 e arrivare a braccia alzate a Bel Air, ma più che il principe trova il principio, il principio della fine. Perché sull'altro lato della strada, cacchio, sta' a vedere se mi devo far fregare da quest'antipodistico, Nocentini non ci sta e ha ragione, quello ha cambiato traiettoria e vuole andarsene da solo al traguardo, ma quando mai ragazzo, mi chiamo Rinaldo e se non mi conosci ora mi conoscerai, lo prende, lo prende, lo prende, certo che lo prende e lo supera, proprio sulla striscia dell'arrivo, proprio quando conta, proprio quando si possono finalmente alzare le mani come le alzerebbe un operaio che ha dovuto sudarselo per intero quel mese di stipendio.
Sette camicie, gli è costata a Rinaldo questa vittoria. Ma la doveva a se stesso, non poteva restare, questa giornata, senza premi e riconoscimenti. Ora si torna in Europa, verso traguardi nuovi e più importanti. Quelli che non hanno finora baciato la carriera di Nocentini, che però arrivati a questo punto una classica vera se la meriterebbe.
Si torna in Europa, ma prima c'è la tappa conclusiva del California, domani: Rancho Bernardo-Escondido, ultime salite per la difesa di Leipheimer e gli attacchi di chi ci vorrà ancora provare. Certo, c'è spazio per recuperare alla fine, ma la classifica, con distanze non incolmabili, giustificherebbe qualche tentativo vero. Zabriskie è a 36", Rogers a 45", Voigt a 1'10", Lövkvist a 1'29": a chi tocca?

Marco Grassi

 

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