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Il vallone aerostatico - Gilbert si alza in volo: Tours è sua

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Mancano poco più di 5 mesi alla Milano-Sanremo. Bel modo di iniziare un pezzo che parla invece della Parigi-Tours, penserà qualcuno; e invece qualcosa lega le due classiche di apertura e (quasi)chiusura della stagione: la loro indecifrabilità. E oseremmo dire che, senza tema di dire cose sacrileghe, la Parigi-Tours è ancora più indecifrabile della Classicissima: visto il percorso, molto facile, e visto il chilometraggio (quasi 50 km in meno rispetto alla Sanremo), non si dovrebbero avere dubbi sull'esito dell'ultima gara in linea stagionale della ASO: volata. E invece...
E invece la volata si fa desiderare, e spesso non arriva, e oggi è uno dei giorni in cui non è arrivata. È arrivata invece una bella affermazione per Philippe Gilbert. Philippe Gilbert è forse il più vanamente pronosticato campioncino del ciclismo degli anni 2000, abbiamo perso il conto delle stagioni passate ad attenderlo a braccia alzate su un grande traguardo: ogni classica pareva buona per il corridore che in casa belga avrebbe dovuto porre un argine al dilagare fiammingo guidato dal rivale Boonen. Ma a forza di aspettarlo, abbiamo finito col non aspettarlo più: «Tanto più di un piazzamento non ottiene».
Dài e dài, oggi Gilbertino ha spezzato l'incantesimo. Ciò non vuol dire necessariamente che si sia sbloccato e d'ora in poi sarà un'iradiddìo ovunque (glielo auguriamo pure, per carità), ma almeno potrà voltare pagina e non convivere più con l'ingombrante pensiero di non avere in cascina nemmeno una corsa veramente importante.
La Parigi-Tours 2008 ha visto subito partire una fuga a due (Delfosse e Euser), poi diventata fuga a quattro (con l'arrivo di Veelers e Lemoine), poi allargatasi a cinque con la notevole impresa di Dave Zabriskie, che dopo 30 km di tiritera s'è deciso ed è partito in caccia dei battistrada; i quali però a quel punto sommavano già 3'30" di vantaggio: il fatto che l'americano sia riuscito a rientrare sui primi nel giro di 17 km la dice lunga sulla portata della sua piccola impresa.
Ma si sa che se la fuga parte al km 7, arriva al traguardo una volta su 100; e oggi non si è derogato alla regola, visto che i 5 sono stati agguantati uno dopo l'altro a poco meno di 30 km dalla fine. Lemoine, l'ultimo a resistere, s'è visto riprendere da Voeckler e Tjallingii, e poi ai 3 si sono aggiunti altri 8 uomini (Lorenzetto, Quinziato e Tony Martin su tutti), ma ai 17 km il gruppo è nuovamente rinvenuto sugli attaccanti; e si è frazionato più che altro per una caduta che l'ha spezzato in diversi tronconi (tra i ruzzolati si son riconosciuti Van Avermaet e Horrillo).
Mentre le squadre dei velocisti faticavano a riorganizzarsi, ecco l'azione disperata dei classici comprimari: è stato Turgot, ai 15 km, a prendere il largo, subito supportato da Delage e dal campione di Francia Vogondy, e poi anche da Kuyckx. Comprimari sì, ma il gruppo si è preso una pausa di eccessiva riflessione, visto che i quattro hanno guadagnato quasi 30" nel breve volgere di 5 km: situazione complessa, ma non disperata, visto che le due salitelle del finale lasciavano ampi spiragli alla possibilità di un recupero.
In effetti a 6 km dalla fine c'è stato un bel sommovimento. Chi l'ha promosso? Pippo Pozzato, scottatissimo dalle ultime sconfitte e voglioso di un riscatto che gli lasci un dolce ricordo in coda a questa stagione poco lusinghiera per lui. Pozzato s'è mosso, e Gilbert - eccolo! - subito alla ruota del vicentino. E dietro ancora chi altri? Oscar Freire. Ovvero, il peggior cliente da portarsi a spasso per una qualsiasi corsa. Pozzato questo lo sa bene, e infatti ha immediatamente smesso di dannarsi l'anima (in realtà avremmo scommesso la casa su una reazione di questo tipo da parte del veneto della Liquigas). Gilbert invece no.
La ragione per cui Philippino ha perso un mare di corse, l'eccessiva foga, per una volta ha giocato a suo favore. Il vallone si è mosso con decisione sulla Côte du Petit Pas d'Ane e si è tolto di ruota gli ingombranti compagni di merende: ci resta negli occhi il vano sforzo di Pozzato, tutto teso a riprendere quei 30 metri lasciati in omaggio al collega, e tutto mogio per non essere riuscito nell'intento. Gilbert si è alzato in volo, e con poche pedalate si è riportato - non mancavano che 3 km al traguardo - sul quartetto di testa.
Eggià, perché - nel caso ce ne fossimo scordati - lì davanti, con pochi secondi di margine, c'erano sempre i quattro avventurosi di poco sopra. E tra i quattro, guarda un po' il fato giocondo, Mickaël Delage, ovvero un oplita FDJ con dentro tanta voglia di lavorare da mettersi in testa al drappelletto per tutto l'ultimo chilometro e, con trenate di un'efficacia paurosa, tenere a distanza il gruppo dei velocisti.
Mentre mentalmente erigeva un monumento bronzeo al suo gregario, Gilbert ha avuto tutto il tempo di preparare lo sprint. E con avversari degni di rispetto ma non certo temibili se confrontati alla sua classe, l'ottimismo era d'obbligo. Sin troppo facile pronostico: Philippe ha preceduto Kuyckx, Turgot e Vogondy, mentre il plotone dei delusi è stato regolato da Farrar davanti a McEwen, Zabel all'ultimo atto della sua carriera su strada, e Bennati.

Sarebbero andate diversamente le cose se al via della Parigi-Tours fosse stata accolta la LPR di Alessandro Petacchi? Forse no. Ma forse sì, visto che AleJet è semplicemente l'uomo che questa gara l'ha vinta dodici mesi fa; e che, per dimostrare quanto in palla (e arrabbiato) sia, oggi ha messo tutti in fila al GP Beghelli. Non potendo partecipare all'importante classica francese, lo spezzino ha riversato sulla ex Milano-Vignola le sue brame e la sua voglia di chiudere bene un anno che è stato abbastanza disgraziato, tra una cosa e l'altra.
La corsa emiliana ha visto prima una fuga di Enrico Rossi, poi tentativi vari (di Caccia con Van Goolen, di Paolini e Visconti proprio nel finale), prima dell'epilogo allo sprint in cui Petacchi, con notevole potenza, ha piegato la dura resistenza di quel Khalilov che voleva allungare ulteriormente il filotto di successi autunnali. Per questa volta l'ucraino si accontenta del secondo posto (terzo Palumbo, poi Viganò, Gasparotto e Wegmann), mentre AleJet prenderà questo successo come un auspicio per ripartire come si deve nel 2009. Tutto sommato, si merita di ritrovare pienamente il sorriso.

Marco Grassi    

 

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