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E se fanno sul serio? - Magari! Ma ora tocca alzare il tiro

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Probabilmente è in atto qualche congiunzione astrale nel firmamento, perché tra ieri ed oggi, tra Spagna, Messico e Polonia, ci sono stati tre proteste dei corridori, seppur attuate in tre modi differenti.
Ieri il passo da lumaca del gruppo fino alla volata (nonostante la fuga di Pedraza e Rosendo), arrivando al traguardo con oltre due ore di ritardo rispetto alla tabella di marcia prevista; stanotte la neutralizzazione dei tempi nella quarta tappa della Vuelta Mexico; oggi, addirittura l'annullamento della tappa (a rigor di regolarmento sarebbe un ritiro di gruppo) da parte del plotone, a circa 4,5 km dalla conclusione della quarta frazione del Giro di Polonia.
Cerchiamo di analizzare i perché.
Ieri si sono rincorse le smentite della protesta: Sastre, Gárate, Koldo Fernández e Cordero, patron di Unipublic e della Vuelta stessa, hanno tagliato corto la vicenda, dichiarando che non c'era stata alcuna protesta, ma che il gruppo ha semplicemente deciso di andare piano fino al traguardo dopo le fatiche di tre giornate corse in montagna. 15,8 km/h per la prima ora (quando mai il gruppo ha percorso una salita così piano, senza manco un tentativo di fuga?), 28,3 per la seconda (con la discesa!), 31,3 la terza, 33,1 la quarta, 34 la quinta. Poi Gárate e Sastre (e gli altri) possono dire quel che gli pare, ma questo giorno di riposo autoassegnato non è capitato per caso, mentre è più che comprensibile che Cordero abbia voluto mettere a tacere ogni tipo di querelle tra ciclisti ed organizzatori (soprattutto per non far cavalcare l'onda all'UCI, che non aspetta[va] altro).
Fatto sta che il gruppo avrebbe protestato perché due giorni fa una salita posta a circa 10 km dall'arrivo non era stata segnalata in maniera corretta dall'organizzazione. Risultato? Fuggitivi che han sbagliato i tempi dell'attacco, qualche uomo di classifica che s'è fatto sorprendere ed ha pagato qualcosa in termini di secondi (Nocentini su tutti). Insomma, più il fastidio sportivo (danno comunque reale) che un'ingiustizia (non è che alcuni sapessero, ed altri no).
Stanotte in Messico è piovuto, e l'organizzazione ha deciso di annullare la tappa per la pericolosità. Poi è smesso, ma la strada è rimasta bagnata e scivolosa. L'organizzazione voleva far riprendere regolarmente la corsa, i corridori si sono opposti: qui s'è raggiunto il compromesso, e la tappa è stata portata a termine senza calcolare i tempi, né altri particolari tipi di punteggi e classificazioni speciali (e chissà se al buon José Benítez Román della Scott gli verrà contata quella che sarebbe la sua seconda vittoria da pro').
Ed oggi è toccato al Giro di Polonia, corsa Pro Tour, che è partita stamattina col gran freddo (cosa preventivabile, visto che è metà settembre e siamo nel nord Europa) e con una pioggia battente. Il gruppo ha presumibilmente chiesto all'organizzazione un accorciamento della tappa, che avrà detto al gruppo che avrebbero preso una decisione in tal senso durante lo svolgimento della tappa (magari si sperava in condizioni climatiche migliori, all'arrivo).
E infatti il solito Sapa (in fuga anche ieri) con Blain ad Alarcón vanno pure in fuga, si fanno qualcosa come 200 km in avanscoperta, per poi venire ringlobati dal gruppo poco prima del circuito conclusivo: tre giri nella cittadina di Lublin, dove però piove lo stesso, ed anche forte.
Il primo giro viene affrontato normalmente, poi qualcuno va a chiedere conto alla giuria: si chiede loro di accorciare la tappa, di annullare i tempi, ma evidentemente la giuria non ha l'umiltà di accettare il compromesso. Risultato? Il gruppo decide di allargarsi e di proseguire a passo d'uomo. Alarcón, già in fuga, non capisce e scatta. Allan Davis, il leader della generale, lo va a prendere ed a redarguire. Lo spagnolo si rialza, torna indietro, chiede scusa al gruppo con la mano (ma alcuni lo prendono comunque a parole) e poi si arriva sotto lo striscione d'arrivo.
Si inizia a frenare, si rallenta, ci si ferma. Tappa annullata, tutti girano la bici e tornano ai pullman.


Fermiamoci un attimo e riflettiamo. Se la protesta di ieri pareva ai più futile e fuoriluogo, la protesta di oggi in Polonia è sicuramente più ragionevole. Il circuito cittadino di Lubin aveva alcune curve effettivamente pericolose col bagnato e soprattutto c'erano delle pozzanghere d'acqua che facevano fare alle ruote dei corridori qualcosa di molto simile all'acqua-planning. Se gli organizzatori non ci han voluto sentire, è stato più che comprensibile la decisione dei corridori.
Però c'è sempre quel però, che è grande come una casa e pesa come un macigno.
Perfetto, che ci si fermi sempre quando ci sono arrivi pericolosi. E che si vada sempre a passo di lumaca quando gli organizzatori sbagliano le altimetrie. Se c'è unità di intenti, è comunque un buon segno per il gruppo, solitamente abituato a non mettersi d'accordo neanche sulle quantità di dolcificante (lo zucchero no, fa ingrassare!) da mettere nel caffè.
Però che non ci si fermi a questi livelli infimi. Che si salga di livello e si inizi a protestare anche quando le cose negative (esempio: i trasferimenti) non vanno come devono in grandi corse come il Giro d'Italia e il Tour de France (la protesta alla Vuelta non può essere presa in considerazione, il peso politico non è affatto lo stesso, soprattutto nei confronti del Tour).
Ad esempio, oggi Pierre Bordry, capo dell'agenzia francese antidoping, ha detto che altri campioni prelevati durante il Tour hanno portato a rilevare tracce sospette riconducibili all'ormai famigerata Epo-Cera, la cosiddetta Epo di terza generazione; ebbene, su questi campioni saranno eseguite nuove analisi, che potrebbero richiedere due settimane di tempo.
Due settimane? Cosa succede tra due settimane? Se oggi è 17 settembre, tra quattordici giorni sarà il 1° ottobre e il nuovo campione del mondo sarà stato vestito da tre giorni. Svestiamo anche per un giorno i panni dei "complottisti", e diciamo anche che per essere sicuri di quei testi ci vogliono due settimane.
Ma i ciclisti, così uniti in questi due giorni per quanto riguarda salite, altimetrie, medie, curve, pioggia, pericolosità e pozzanghere, sapranno - uniti - chiedere all'agenzia francese antidoping come e dove sono state conservate le loro provette?
I ciclisti sapranno - uniti - presentarsi venerdì a Madrid, quando i tre grandi organizzatori (ASO-Tour, RCS-Giro, Unipublic-Vuelta) organizzeranno una riunione con le squadre per definire il calendario ciclistico 2009 ed i criteri di partecipazione alle corse?
I ciclisti sapranno - uniti - presentarsi all'UCI e chiedere alla federazione internazionale del ciclismo di mettere da parte le sue mire espansionistiche ed economiche e tornare (iniziare?) ad essere quell'ente super partes che dovrebbe garantire la salvaguardia del bene più prezioso del ciclismo, e cioè i corridori (e le corse storiche, of course)? Lo sapranno fare, o la loro unità di intenti e la loro compattezza rimarrà circoscritta ai livelli più bassi di quella che dovrebbe essere una vera e propria lotta sindacale?


Che poi oggi in Spagna il gruppo ha corso normalmente e Ruiz Sánchez e Horrillo sono anche andati in fuga, sono stati ripresi dal gruppo tirato dall' Euskaltel su tutte, e poi la tappa è stata anche divertente nel finale, quando un ventaglio a 15 km dall'arrivo aveva lasciato dietro due grandi della volata come Erik Zabel (premiato stamattina con Bruseghin dall'organizzazione spagnola per aver partecipato - e, immaginiamo, portato a termine - ai tre Grandi Giri) e Tom Boonen.
Liquigas (per Pozzato) e Silence-Lotto (per Van Avermaet) se ne sono accorte però troppo tardi, visto che da dietro non ci si è addormentati e ci è subito impegnati per andare a riprendere il gruppetto che aveva approfittato del vento laterale.
Rientrati dopo un inseguimento breve ma comunque dispendioso, è stato Popovych a provare ad anticipare lo sprint, ma senza successo. Intanto Boonen si disinteressava della volata, evidentemente non troppo lucido dopo l'inseguimento e consapevole che un rischio corso oggi per uno sprint alla Vuelta avrebbe potuto dire l'addio ai sogni di gloria per il Mondiale di Varese.
La Quick Step non si perdeva comunque d'animo, visto che Weylandt lanciava a 200 metri dal traguardo di Valladolid una volata potentissima che Breschel, seppure in rimonta sulla sinistra, né Usov, che ha sprintato sulle transenne alla destra, riuscivano a riportarsi sotto la ruota anteriore del belga.



Mario Casaldi

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