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Contad'or, Levi d'argent - È lotta a due Alberto-Leipheimer

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Se fossimo nei panni di Alberto Contador, un po' saremmo contrariati. Ma come - diremmo - infiliamo due imprese in montagna, una strepitosa, l'altra non certo trascurabile, siamo in maglia, abbiamo prodotto una discreta dose di spettacolo, e allora com'è che non riusciamo a chiudere gli occhi tranquilli pensando a quella classifica così lusinghiera?
Semplice: perché quella classifica, a conti fatti, così lusinghiera non è; e il nemico, guarda un po' i casi della vita, ce l'abbiamo proprio in casa. Risponde al nome di Levi Leipheimer, il fantomatico rivale, rimasto l'unico in grado di poter mettersi di traverso al progetto espansionistico di Albertino: una volta persisi nei loro limiti i Valverde, o esserci arrivati e non poter fare di più (i Mosquera), una volta caduti malamente gli Antón e pagato il giusto dazio alla stanchezza post-Tour (i Sastre) o all'ancora non compiuta maturazione (i Gesink), quel che resta è proprio solo Levi Leipheimer.
Il che, visto dal finestrino d'ammiraglia di Johan Bruyneel, è quanto di più desiderabile potesse esserci alla vigilia: avere due Astana ai primi due posti della classifica (col terzo della generale distantino), di modo che se - fatti i debiti scongiuri - dovesse saltare il primo (e prescelto), ci sarebbe il secondo a metterci la pezza e a portare a casa questa Vuelta. Ma visto dall'altezza della sella, chissà se questo stato di cose non equivale a uno stress ulteriore: perché i rivali, quelli delle altre squadre, li controlli minuto per minuto: ma con l'inatteso concorrente con la tua stessa maglia come ti comporti?
All'Angliru ieri Leipheimer aveva lavorato - benissimo - per Contador, sì che le gerarchie in casa Astana erano così state chiarite. Ma poi, lungi dall'andare in crisi, l'americano aveva limitato decisamente i danni. Oggi a Fuentes d'Invierno Leipheimer non ha lavorato, ma è rimasto accanto al suo "capitano" fino ai 1500 metri, alle spalle di un Mosquera baldanzoso e autore di un forcing che aveva fatto fuori tutto il resto della comitiva vueltistica.
Solo l'allungo del più scattoso Contador aveva posto qualche secondo tra i due, ma il concetto non cambia troppo: le distanze in graduatoria sono sempre risicate, 1'17". E sabato (avete capito bene, da qui a sabato non ci saranno tappe per la classifica, a meno di qualche maremoto) la cronoscalata molto crono e poco scalata dell'Alto de Navacerrada strizzerà l'occhio più a Levi che ad Alberto. Va bene, Leipheimer dovrebbe, in quei 17 km, pur sempre dare all'amico/rivale quasi 5 secondi al km per superarlo, e ciò sappiamo tutti che è abbastanza complicato.
Ma siamo al limite, e un margine tanto ristretto può essere abbattuto se ci si mette di mezzo la buona (o mala, a seconda di chi la subisce) sorte. Ecco quindi perché, se fossimo in Contador, sorrideremmo ma coi denti un po' stretti, perché sapremmo bene che ci aspetta una settimana di grande pressione, in cui non si può sbagliare proprio nulla: anche perché la certezza matematica di poter fare totale affidamento sul nostro luogotenente (non un robot ma un uomo, con le sue anche legittime ambizioni) non potremmo avercela.
La premessa ha di fatto già detto tutto sulla quattordicesima tappa della Vuelta, non rimane che infiocchettarla con qualche cenno di cronaca: la giornata era iniziata bene per i nostri, coi tentativi di Bettini e Nocentini impegnati a tentare la fuga (Rebellin invece non è partito da Oviedo), e poi soprattutto con Cunego che è riuscito a entrare nell'azione giusta, insieme ad altri 10 (Van Goolen, Florencio, Arroyo, Chavanel, Landaluze, García Dapena, Mayoz, Kozontchuk, Martin Velits e Kiryienka). Rappresentate le squadre di Sastre (Van Goolen), Valverde e JRO (Arroyo) e Mosquera (Mayoz e García), si poteva immaginare che qualcuno degli inseguitori della coppia Astana avesse in mente qualche bell'attacco sulle varie salite di giornata.
Per di più la Caisse d'Epargne, non sentendosi evidentemente troppo garantita dal solo Arroyo in avanscoperta, ha tirato tutto il giorno, tant'è vero che la fuga non ha mai preso più 4'15" di margine. Di fatto, i Gpm si sono susseguiti senza sussulti, e prima dell'ascesa conclusiva è stato Chavanel a provare a scremare un gruppettino, da cui Cunego è rimasto accuratamente fuori: il veronese ci mette tutta la buona volontà del mondo, evidentemente non basta, e un'altra giornata risulta sprecata senza aver offerto nel menù né carne né pesce. Va bene andare in fuga, va benissimo; ma va altrettanto bene farsi staccare da Chavanel, Van Goolen, Mayoz e Velits? Per poi non tenere le ruote dei migliori una volta che il gruppo rientra? Dopo l'ottimo Angliru di ieri, ci aspettavamo di più da Damiano, ma dovremmo fare il fioretto di sospendere ogni giudizio sull'enigmatico corridore di Cerro Veronese.
Quando la Caisse, sulla salita di Fuentes de Invierno, ha annullato ogni risvolto della fuga, è salito in cattedra Mosquera, che a 6 km dalla vetta ha messo tutti in fila (dopo che il forcing Astana aveva già scremato il gruppo dei migliori), selezionando dapprima un quintetto con Valverde e Sastre oltre ai due Astana, e poi, ai 4 km, dando il colpo decisivo, quello che ha fatto fuori Alejandro e Carlos, e che ha proposto la situazione già descritta sopra.
A un chilometro e mezzo dal traguardo Contador ha aperto il turbo per andare a centrare la seconda vittoria consecutiva, mentre Gesink - gran finale - in qualche modo riportava sotto Sastre (e Moncoutie), e mentre Valverde pagava più del lecito (soprattutto alla luce del gran lavoro fatto dai suoi). E mentre, buon Marzio, il nostro Bruseghin chiudeva la sua tappa al settimo posto (regolando proprio il gruppetto di Valverde), confermandosi miglior italiano in classifica (è dodicesimo, e un paio di posizioni le può rimontare nella crono - se non si ritira prima di sabato).
Ora si apre una cinque giorni interlocutoria, una scelta degli organizzatori che - come abbiamo già detto e come ripeteremo allo sfinimento - non ha alcun senso. Speriamo che qualche fuga particolarmente interessante ravvivi il panorama, non sia mai che, nell'anno in cui è morto il Pro Tour, il Giro della Polonia (partito oggi con una cronosquadre vinta dalla CSC) si riveli più intrigante della terza settimana della Vuelta...



Marco Grassi

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