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Un bidoncino di delusione - Gerrans vittorioso, Schleck leader

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Signori, il bidoncino è servito: la prima tappa alpina del Tour, quella dello sconfinamento italiano di Prato Nevoso, riserva un piatto molto più povero di quanto ci si aspettasse, e va bene, stringiamo la cinghia e nutriamoci di quel che c'è.
La prima portata si chiama Simon Gerrans, come un corridorino australiano che non ha mai vinto niente di importante ma nella vita ha avuto una fortuna: indovinare la fuga giusta nel giorno giusto. Andatosene dopo 10 km di tappa insieme a Egoi Martínez, Danny Pate e José Luis Arrieta, il giovanotto si è visto elargire - lui e gli altri 3 - 17'10" di vantaggio massimo da un gruppo in piena catalessi sul Colle dell'Agnello.
Ovviamente i 4 - se non fortissimi - proprio sprovveduti non erano, e così hanno avuto buon gioco a difendere un ottimo margine fino all'ascesa finale di Prato Nevoso, dove poi ha prevalso l'attitudine dei singoli: Arrieta ha mollato, Gerrans è stato staccato a 8 dall'arrivo da un forcing di Egoi (ben presente Pate), ma la tenacia esiste anche agli antipodi, e l'australiano ha stretto i denti ed è rientrato sui due ai 5 km: da lì in poi Simon ha resistito bene, non venendo più di fatto attaccato (diciamo che anche i suoi avversari erano al lumicino), e potendo così agevolmente vincere la volata in un giorno che gli lascerà strascichi di incredulità per tutta la vita.
Poi dietro c'erano i big, o cosiddetti. La CSC si è accollata il compito di forzare, e con una serie di impressionanti trenate di un ritrovato Andy Schleck ha spolpato pian pianino il gruppo. Alla fine son rimasti in 10: i due Schleck, Sastre, Menchov, la maglia gialla Evans, Vande Velde, Valverde, Kohl, Kreuziger e Samuel Sánchez. Gli altri, a partire dai nostri Cunego (deludentissimo as usual) e Nibali, staccati. Ma non alla deriva, viste le pendenze non devastanti del Prato e visto che la tappa era stata affrontata a ritmo di minuetto.
Nel finale Evans è andato un po' in affanno, e hanno avuto buon gioco ad attaccarlo Sastre (che al terzo tentativo riesce finalmente a prendere l'abbrivio), Menchov e Kohl, poi anche Valverde, infine Frank Schleck che nella lunga volata ha guadagnato i 9" con cui gli ha sfilato la maglia gialla. In generale pochi secondi tra tutti, niente di memorabile negli occhi e ogni discorso rinviato ai prossimi due tapponi alpini (dopo il riposo di domani a Cuneo). La classifica che abbiamo al momento è - come definirla? - un tantino arruovogliata: in 49" ci sono 6 uomini, due dei quali (Kohl e Vande Velde) li avrebbe pronosticati giusto Otelma. I primi 3 (Frank, Kohl ed Evans) sono in 8", e il bello è che non si vede chi di loro possa effettivamente fare la differenza nella terza settimana.
Forse potrebbe riuscirci il quarto della compagnia, Menchov: però se scatta in montagna e subito dopo scivola (un'impresa degna di Benny Hill), come fatto oggi ai 5 km (ma subito stava per essere rampognato da Andy), fatica il doppio a fare quel che vorrebbe...
E gli va anche bene, a Denis, visto che c'è chi è caduto su una strada ed è atterrato su un'altra, come il povero Oscar Pereiro, rotolato per scarpate fino al tornante successivo nella discesa dell'Agnello: un volo di 5 metri che gli lascia una clavicola e un femore fratturati: sono quelli a cui il Tour è andato male: un altro è Devolder, belga ritiratosi oggi dopo essere partito convinto di poter reggere i migliori della classifica. Sicuramente non li ha retti perché non sono simpatici come lui, comunque se al prossimo Tour vola un po' più basso, male non gli fa.
L'Italia, tanto protagonista prima della bufera e tanto dimessa oggi che si arrivava in Piemonte, si può consolare con le notizie che rimbalzano dal Trofeo Matteotti, dove Bettini ha dimostrato una volta di più che di lui ci si può fidare. Ballerini e la Nazionale (che trova Nibali nel ruolo di riserva che è stato per due giorni di Riccò) avevano bisogno di questo risultato; e un po' anche noi tutti.

Marco Grassi    



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