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Per aspera a Sastre - Impresa di Carlos. Sontuoso Andy

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Se il Tour aveva bisogno di un'impresa, l'ha trovata: a compierla è Carlos Sastre, che a 34 anni è stato in grado di salire al volo su uno di quei treni che passano una volta sola nella vita. Dopo anni di piazzamenti multipli, lo spagnolo si è esaltato nel suo giorno perfetto: è scattato ai piedi dell'Alpe d'Huez (dopo che il gruppo aveva affrontato Galibier e Croix-de-Fer) e ha guadagnato nei 13 km fino all'arrivo oltre 2' su tutti: il che significa per lui anche maglia gialla, un risultato inatteso ma leggibile anche alla luce della superiorità del Team CSC.
Sastre, che poi è anche un perfetto uomo immagine della sua squadra, recandone le stesse iniziali (Carlos Sastre Candil), era solo una delle frecce nella faretra di Riis. Non il più forte (quello è senz'altro Andy), non quello messo meglio in classifica (quello era Frank), ma di certo il più esperto e tenace.
E allora non ha perso tempo, Carlos: dopo i due moloch lasciati alle spalle senza scossoni (qualche defezione sulla Croix-de-Fer, subito rientrata in discesa), aveva talmente tanta voglia di fare il vuoto che è scattato al primo chilometro di Alpe d'Huez. Fin lì la solita fuga di comprimari (Schumacher ci ha riprovato con Pérez Moreno, Di Gregorio e Velits, poi quest'ultimo ha tenuto da solo fino ai piedi dell'Alpe, raggiunto da Pineau - uscito dal gruppo in discesa - prima della scalata finale), ma già un gran lavoro di squadra dei CSC, impegnati a tirare tutto il giorno.
Gustov, Arvesen, Cancellara (pure in salita!) si sono dannati per i capitani (Frank e Carlos), con la consapevolezza che in ogni caso sull'ascesa finale ci avrebbe pensato Andy a sistemare le cose, se fosse stato necessario. Non lo è stato perché Sastre è partito subito e non l'hanno più visto; ma ugualmente il più giovane della dinastia non ha dato confidenza a nessuno: abbiamo contato non meno di 7 interventi in tackle di Schleck II, ad azzannare le ruote di chi provava timidamente (o anche non timidamente) la sortita: Kohl a -11, Efimkin subito dopo, Valverde ai 9, Goubert agli 8, ancora Efimkin ai 7 e poi ai 4, e infine Samuel Sánchez all'ultimo chilometro: una giornata di grazia per un corridore che effettivamente dalla grazia è baciato.
Il fratellone, in questo frangente, saltellava sulla bici ma non è che più di tanto potesse fare: ha provato, con Sastre già alla macchia, un paio di affondi, ma sul primo Evans in persona è andato a chiudere, e sul secondo pure, con l'aggravante che Frank si era avvantaggiato con Valverde e con suo fratello, partito per chiudere sul murciano e rimasto a far forcing per la causa di famiglia. Ma ormai era chiaro che la maglia gialla, pur restando in zona, avrebbe cambiato spalle: da un CSC all'altro, l'ammiraglia festeggia.
Kohl (con qualche alto e basso) e Vande Velde (con ammirevole regolarità e notevole agilità di pedalata) hanno resistito bene coi migliori (categoria a cui peraltro appartengono di diritto - almeno relativamente a questo Tour), così come anche un Vladi Efimkin proiettato in una nuova dimensione (è decimo nella generale, ha potuto giovarsi della presenza dei compagni Goubert e Valjavec, e soprattutto ha attaccato a più riprese, restando a galla quando invece il co-capitano Valjavec ha mollato nel finale).
Un discorso a parte merita Denis Menchov, un cervello con un ciclista intorno. Il russo è stato tra i primi a patire sull'Alpe, ma se c'è una cosa che non si smagnetizzerà mai è la bussola che il capitano della Rabobank ha incorporata: salendo regolare, senza forzare e soprattutto senza andare in affanno nel momento in cui ha visto fuggir via i suoi avversari, Menchov ha tenuto le distanze entro limiti di sicurezza, per poi rifarsi sotto quando quelli davanti hanno un po' rallentato (il rientro a poco meno di 7 dalla vetta). Certo, gli uomini davanti a lui in classifica sono sempre 4, ma il fatto di essere ancora in corsa per il successo finale, e col podio comunque a portata di mano, permette di archiviare questa sua giornata come - se non buona - almeno non deleteria.
Non è stato l'unico a salvarsi, Denis: anche Samuel Sánchez ha compiuto un simile percorso (e a dire il vero aveva già sofferto sulla Croix-de-Fer), per di più preservando quei due galloni di benzina che gli hanno permesso uno scatto nel finale, rintuzzato ovviamente da Andy, ma premiato comunque dal secondo posto di tappa.
Dei nostri è meglio non parlare: Cunego, mai oltre le ultime posizioni del gruppetto, si è staccato sulla Croix-de-Fer, è rientrato in discesa, si è ristaccato sull'Alpe. Totale, 5'32" di ritardo; Nibali ha perso oltre un quarto d'ora. Domani, se non altro, possiamo giocarci qualcuno in fuga nella Bourg d'Oisans-Saint Étienne, anche se nel finale c'è una salita (Croix de Montvieux, vetta a 33 dall'arrivo) che potrebbe invitare all'opera i grandi della classifica, anche perché da lì al traguardo c'è un'altra salitella piazzata a scompigliare i piani.
E conoscendo Riis, soprattutto alla luce del fatto che Sastre non ha che un minuto e mezzo da difendere su Evans (in 53 km) nella crono di sabato (ed eventualmente poco più di 2'30" su Menchov), c'è da scommettere che lo squadrone danese si inventerà qualcosa per sorprendere i rivali. Occhi aperti, sia noi che assisteremo, che Cadel&Denis, ovvero l'oggetto delle sicure attenzioni del vecchio Bjarne e della sua banda di cicloassatanati.

Marco Grassi    

 

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