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Petacchi, tuono a Tours - Chicchi secondo. Beghelli: Cunego

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Come faccia Alessandro Petacchi, col suo visino da bravo ragazzo, il suo carattere mite, e le decine di vittorie che accumula stagionalmente, ad essere uno dei corridori più discussi d'Italia, a qualcuno parrà un mistero. In realtà allo spezzino molti imputano un'ipocondria di fondo che lo fa star giù quando non dovrebbe, e che lo demoralizza in vista di qualche traguardo che pure potrebbe essere nelle sue ambizioni.
In passato, per esempio, uno dei cavalli di battaglia dei suoi detrattori è stato: perché non punta con più decisione alla Parigi-Tours, la classica per eccellenza dei velocisti? Soprattutto dopo il Mondiale di Madrid 2005, toppato clamorosamente da AleJet, tutti si sarebbero aspettati una pronta rivincita (o perlomeno la ricerca della medesima) a Tours, e invece Petacchi si defilò e rinviò la rinascita a giorni migliori.
E quei giorni migliori, nel senso del plurivittorioso indemoniato del triennio 2003-2004-2005, non sono più arrivati, con la continuità di un tempo: persa la Sanremo 2006 per l'invenzione di Pozzato, perso il resto della stagione per un ginocchio fracassato al Giro, Alessandro è tornato in gara quest'anno, ma sembrava avviato a una sorta di declino, visto che alla Classicissima non è stato competitivo, e al Giro faticava. Poi il momento dello sblocco, a Cagliari, dove il ritorno al successo fu bagnato da calde lacrime di rabbia e liberazione. Sembrava che per il velocista della Milram dovessero riaprirsi le porte del Paradiso: da lì, 5 vittorie nella corsa rosa e chiare ambizioni anche nei confronti del Tour.
Ma qui entra in gioco Torri, il terribile procuratore antidoping del Coni, che non ha digerito l'uso eccessivo di Ventolin dell'asmatico Alessandro nel corso della tappa di Pinerolo, e allora pronta la sospensione, il deferimento, ciao Tour e si ricomincia ad annaspare. L'assoluzione non basta all'ineffabile Torri (che fa ricorso al Tas, aspettiamo la sentenza), ma basta affinché Petacchi possa tornare a pedalare in gruppo. Alla Vuelta, dove dopo un comprensibile avvio difficoltoso, lo spezzino trova una doppia vittoria che lo rilancia. Ballerini non lo chiama, il percorso mondiale non è troppo adatto ai velocisti. Ma dietro l'angolo c'è lei, la Parigi-Tours.
E stavolta non c'è spazio per ipocondrie, paure, timidezze di sorta: stavolta bisogna vincerla.
Anche perché manca quello che sarebbe stato il favorito principale, Bennati, che alla Vuelta ha mazzolato tre volte Petacchi ma poi si è infortunato, non potendo venire in Francia a scatenare la voglia di riscatto per la mancata convocazione in Nazionale. Quanto agli altri, Freire è uscito dal Mondiale abbattutello nel morale; McEwen non è mai stato un drago nelle grandi classiche, Hushovd pare lontano dai suoi momenti migliori, Boonen non c'è proprio e Zabel (che nel 2003 inflisse al lanciatissimo Alessandro Dinamite un'amara sconfitta) ora è compagno di squadra.
Insomma, nella categoria dei velocisti Petacchi non dovrebbe temere grossi confronti. Rimane tutto il resto del gruppo, da tenere a bada con molta attenzione, perché la Parigi-Tours è una corsa che si presta a colpi di mano e soluzioni a sorpresa (non occorre star qui a fare l'elenco di tutto quel che è successo nelle ultime edizioni, tra fughe infinite e rasoiate da finisseur).
La gara, iniziata a ritmo sostenuto per via di alcune grosse fughe che ne hanno animato la prima parte, ha visto il gruppo perdere pezzi strada facendo: tra un ventaglio e un'accelerazione, un terzo dei contendenti hanno salutato la compagnia quando al traguardo mancava ancora molto. A 140 km dalla fine è partita una fuga di comprimari che rischiava di diventare decisiva: protagonisti, Boucher, Pauwels e il nostro Quinziato, il più forte dei tre, come confermato anche dal fatto che, a 31 dal traguardo, se ne è andato da solo (Pauwels aveva mollato poco prima, Boucher era attaccato con lo spago alla ruota dell'altoatesino) a inseguire una vittoria che ne avrebbe segnato - ovviamente in positivo - la carriera. In quel momento il vantaggio sul gruppo (che ai meno 80 era stato di quasi 8'), era di 3'10", e fino ai 15 km Quinziato ha tenuto anche abbastanza bene, contenendo il ritorno del plotone (che era stato tirato fin lì da Crédit Agricole [Hushovd], Quick Step [Steegmans-De Jongh] e Rabobank [Freire]).
Ma le trenate dei Bouygues Telecom hanno sciolto in breve le speranze di Manuel, che all'abbrivio della Côte de l'Epan, a 8 dal traguardo, è stato risucchiato dal gruppo anche con una certa violenza.
In quello stesso momento Gilbert è scattato in testa. Un bel corridore, il belga, a cui però manca ancora un successo importante. Kroon è stato il primo ad accodarsi, ma presto è arrivato anche il sorriso per i tifosi italiani, visto che Pozzato, con uno sforzo non indifferente, si è riportato tutto solo sulla coppia al comando. I tre, esibendo un invidiabile accordo, hanno superato di slancio le altre due salitelle che li separavano dal traguardo, gestendo una ventina di secondi di vantaggio sul gruppo, da cui erano fuoriusciti Flecha in caccia e Cancellara (compagno di Kroon) in veste di stopper, e poi alle loro calcagna anche Gutiérrez Palacios.
Ma il gruppo non ci stava e, con Milram, Quick Step e Predictor ha impedito che gli attaccanti prendessero il largo. E in effetti il secondo terzetto è stato ripreso a 2 km dalla conclusione, ma a quel punto i battistrada avevano ancora 10", un margine che è rimasto più o meno immutato fino al triangolo rosso dell'ultimo chilometro. Poi, come a volte succede in questo sport, l'egoismo e la non lungimiranza hanno prevalso. E così Gilbert e Kroon, battuti sulla carta da Pozzato, hanno smesso di collaborare. Il vicentino, dal canto suo, non ne ha fatto una malattia, visto che pensava di poter dire la sua eventualmente anche nello sprint generale. E così, col traguardo a un passo, i tre si sono fatti deliberatamente riprendere dal gruppo: piuttosto che fare da damigelle d'onore sul podio, hanno pensato che fosse meglio non rischiare proprio di vincere. Problemi loro.
Nel momento in cui, ai 700 metri, i fuggitivi venivano reinglobati dal plotone, la volata era bella e lanciata. Milram sugli scudi, ovviamente: Zabel, pesce pilota di assoluta garanzia, ha scortato Petacchi fino ai 200 metri, lanciandolo meglio che poteva. E Alessandro non si è fatto pregare, esplodendo la carica delle sue gambe e piazzando una di quelle volate che non ammettono repliche né rimonte.
Ad ogni buon conto, per evitare problemi allo spezzino, McEwen ha pensato bene di farne una delle sue: che Magic abbia urtato col piede alla transenna, o che abbia perso l'aggancio col pedale, o che abbia voluto offrire al pubblico un'inattesa mattana, fatto sta che l'australiano si è praticamente buttato all'interno su Freire, frenandone il prepotente ritorno (che comunque non sarebbe stato sufficiente a togliere il primo posto a Petacchi). Il miracolo è che i due (e De Jongh, che si è trovato sfiorato dalla carambola) siano rimasti in piedi. Mentre l'adrenalina da rischio-caduta congelava il sangue nelle vene dei tre, Francesco Chicchi, da tutt'altra parte della strada, faceva il suo bravo sprint e veniva fuori talmente bene da andare a prendersi un secondo posto che lo riproietta in cima alle griglie di rendimento dei giovani sprinter.
Petacchi, più avanti di una decina di metri, bello e beato, esultava. Proprio come nei giorni migliori... Abbiamo detto giorni migliori? 

E se Petacchi, come dicevamo in apertura, è tra i più discussi italiani in gruppo, quello che ha la palma di più discusso in assoluto è Damiano Cunego, per ragioni che al momento sarebbe ozioso riproporre: e chi ti è andato a vincere, a Monteveglio, al GP Beghelli questo pomeriggio? Proprio Damiano Cunego. In un giorno solo, molti tifosi dei due corridori avranno assaporato il dolce gusto della rivincita.
Il veronese ha corso coperto tutto il giorno, mentre in avanscoperta c'era una corposa fuga (Bertagnolli, Facci, Stangelj, Celli e Allegrini tra gli altri). Il plotone, tirato da Diquigiovanni e Milram, ha ricucito, e il ricongiungimento c'è stato a 5 km dal l'arrivo, dopo l'ultimo passaggio sulla salita di Zappolino. A questo punto è salita in cattedra la Lampre, che ha portato via un gruppetto: decisive un paio di trenate di Thomas Dekker, che ha allungato il drappello ma soprattutto ha permesso ai battistrada di mettere tra sé e gli inseguitori il margine sufficiente per arrivare al traguardo.
Nel plotoncino di 16 unità non mancavano ruote veloci, ma Cunego è stato il più sveglio, e, partito lunghetto, ha stretto i denti fino allo striscione ed è così riuscito a neutralizzare il prepotente ritorno di Wegmann, che si accontenta del secondo posto.
Terzo Bertolini, ancora in palla dopo le tante vittorie estive e dopo il Mondiale-monstre, quarto Khalilov e quinto Riccò, che ottiene il secondo piazzamento in due giorni e ripropone anche la sua candidatura per il Lombardia di sabato prossimo. Una candidatura che però, oggi più che mai, merita Cunego, che sta attraversando un ottimo momento e ha la possibilità di mettere decisamente in attivo la stagione con un successo a Como. Occhio però anche a quel Wegmann che già l'anno scorso fu splendido sparring partner nell'indimenticabile affermazione di Bettini, che è sempre più maturo, e che prima o poi centrerà il colpo grosso.

Marco Grassi

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