Il Portale del Ciclismo professionistico

.

HA FERMATO IL MONDO! - Bettini fa giustizia di tutto: IRIDE!

Versione stampabile

Fermi, respiriamo, raccogliamo le forze, carichiamo l'urlo e poi liberiamolo con quanto fiato abbiamo in gola: Paolo ti amiamo!
Ti amiamo perché sei più di un ciclista, ti amiamo perché sei un simbolo, sei il simbolo di ciò che amiamo, sei il simbolo del ciclismo popolare, gioioso, spettacolare, vincente, colpito a tradimento, e poi colpito ancora, e ancora, sputtanato, fatto oggetto di ogni millanteria, svillaneggiato, leso nel suo onore ultracentenario, sbeffeggiato e ridotto ai minimi termini; eppure, ancora e ancora e ancora, capace di rialzare la testa, capace di ritrovare le forze, capace di trovare un senso a tanta fatica, capace di porsi nuovi obiettivi, capace di resistere a tutto e infine di reagire, nella maniera più emozionante e solare, sul campo.
Tutto questo, Paolo Bettini. La summa di tutte le peculiarità di questo nostro sport, e al tempo stesso la risposta, unica, incontrovertibile, sensazionale. Bettini e il mondo ai suoi piedi; Bettini che quel mondo lo ferma, lo piega alla sua veemenza, alla sua voglia di riscatto, alla sua incontenibile capacità espressiva, laddove lo sport è espressione di emotività, di vulnerabilità, di umanità. Di arte, forse. O forse non di arte, non qui, non ora, qui siamo artigiani e non artisti, conosciamo la fatica, e il colpo di genio è vacuo e vano se non ci sono le gambe a far girare la dinamo dei desideri che illumina la strada. L'arte qui si chiama sudore e fatica, e Paolo lo ricorda a tutti, tra le lacrime della rabbia e della commozione, dopo la sua seconda vittoria mondiale, a 12 mesi di distanza dalla prima.
Non staremo qui a dire che questa è la più bella vittoria di Bettini, perché l'immensa partecipazione che smosse in quel Lombardia 2006 con gli occhi al cielo non troverà facilmente eguali. Ma che questa sia la più voluta, la più rabbiosa, la più cercata affermazione del campione di Cecina, non c'è nessun dubbio.
Paolo Bettini ha vinto il Campionato del Mondo e non erano pochi quelli che si sarebbero augurati il contrario. Non in Italia, dove vige la norma aurea di ricompattarsi tutti intorno alla causa comune, in caso di attacchi dall'esterno: e in questa vigilia iridata tali attacchi sono venuti sì da fuori, ma anche (ed è più grave) proprio dall'interno. No, chi sperava di vedere Bettini battuto era lì, proprio in quella Stoccarda che invece di accogliere una grande festa di sport (dopo aver ospitato anche i Mondiali di atletica leggera, la città tedesca si autocelebrava come capitale 2007 dello sport), aveva deciso di dividere il mondo in buoni e cattivi, in degni e in indegni, commettendo delle clamorose gaffe, come succede a chi si erge a giudice senza aver mai capito nulla di diritti.

Degni e indegni. Degni quelli che si piegano alle finte e assurde regole del finto e assurdo antidoping imperante (solo nel ciclismo, poi! Come se altrove si vivesse su una nuvola!). Etica protestante, la chiama qualcuno. No, in questo caso solo puritanesimo ipocrita. E idiota.
Degni e indegni. Indegni i Bugno, i Merckx, gli Altig, (solo alcuni di) quelli che in altre epoche avevano avuto guai col doping; e Valverde, al centro (forse) dell'indagine Operación Puerto ma rimesso in gara dal Tas (il Tribunale di Arbitrato dello Sport di Losanna, che ha espresso un parere tanto scontato quanto sconosciuto a questi ignoranti del diritto che popolano il ciclismo: ovvero che le squalifiche non possono essere preventive); e Zabel, reo confesso di aver preso Epo negli anni '90; e Bettini. Bettini? E perché? Non l'ha capito ancora nessuno: forse perché si è permesso di puntualizzare ufficialmente alcune cose firmando la farsesca carta etica dell'Uci (ovvero, appunto, che si tratta di un documento farsesco); o forse perché Sinkewitz, suo ex compagno di squadra attualmente nelle peste (per un caso di testosterone), non ha mai detto che il doping glielo forniva Paolo. Appunto, non l'ha mai detto, ma chissà perché qualcuno ha messo in giro la voce che sì, che l'ha detto. E subito organizzatori (Frau Eisenmann... Hiiih!) e municipalità di Stoccarda ad appellarsi, a non volere in gara Bettini, a minacciare l'Uci di non pagare i contributi promessi se l'italiano fosse stato della partita.
Avvocati, controavvocati, cause promesse e minacciate. E il diritto, ribadito e rivendicato, di essere in gara, di difendere il titolo conquistato l'anno scorso a Salisburgo. Difficile, riuscirci: perché la situazione ambientale era quella che era, l'ostilità nella città tedesca (a parte gli emigranti italiani) palpabile, la tranquillità tutt'altro che facilmente conservabile, e gli avversari (ci sono anche loro!) sempre validi.
Non era facile perché su un percorso non del tutto decifrabile, c'era uno spauracchio a far terrore all'orizzonte: Oscar Freire. Tutto ruotava intorno al ragazzo di Cantabria, cosa fa, cosa non fa, starà bene, starà male?
L'unico imperativo, rendere la corsa dura, per squagliare la nazionale spagnola e magari anche lui; o in ogni caso per lasciarlo isolato. Corsa dura? Un diktat, in nome del quale abbiamo immolato l'italiano più in forma del momento, quel Daniele Bennati che un po' tutti avremmo voluto in azzurro, ma che secondo il ct Ballerini non sarebbe stato del tutto adatto al tracciato e alla nostra tattica (alla fine, alla luce dello svolgimento della corsa, Ballerini ha comunque avuto ragione. Magari Bennati ci poteva anche stare, in questo meccanismo a orologeria, ma il ct ha avuto ragione; e allora tanto di cappello a lui, per l'ennesima volta. Con tutto il cuore).

Corsa dura, dicevamo. E allora lasciamo solo 4 dei 14 giri a disposizione degli outsider (prima Bronis con Kiserlovski; poi, in maniera più evidente, il francese Augé col colombiano Pérez Arango e il russo Kolesnikov), e poi al quinto entriamo in gioco direttamente noi, a gamba tesa sugli equilibri cristallizzati della corsa iridata. Quegli equilibri che vorrebbero poco salutare muoversi quando al traguardo mancano 187 chilometri. Perché tanti ne mancano quando Andrea Tonti sente sul sedere una pacca che è un segnale convenzionale. A dargliela, proprio il capitano, Paolo Bettini. Il segnale significa che bisogna andare, e Tonti come una molla scatta, senza neanche voltarsi, senza chiedersi perché e percome, Tonti parte e sulla salitella di Herdweg, la più tosta ma anche la più breve sui 19,1 km del circuito tedesco, si coagula intorno a lui un primigenio gruppetto (con Bertolini, Murilo Fischer, gli spagnoli Barredo e Florencio a stoppare, il bimbo di casa Burghardt, e Grabovskyy e Stare) da cui prenderà le mosse, subito dopo, la prima vera fuga corposa della giornata.
A comporla, 42 uomini. I nostri sono in 4: non c'è più Tonti, che rincula, ma ci sono - con Bertolini - Bruseghin, Tosatto e - attenzione attenzione! - Cunego. Gli spagnoli, 4 (Flecha, Sastre, Barredo e Joaquín Rodríguez); i colombiani, una volta ripreso il terzetto di testa, 4 (Pérez Arango, Ardila, Laverde e Duque); i francesi, 4 (Chavanel, Augé, Goubert e Turpin); i belgi, 3 (Devolder, Aerts, Van Avermaet); gli Yankees, 2 (Hincapie e Julich); i padroni di casa, 3 (Scholz, Knees e Voigt); altri nomi interessanti, q.b. (Hushovd, Fischer, Grivko, Siutsou, Bodrogi, Stangelj, Pidgornyy); chi manca? Manca del tutto l'Australia; e manca in parte l'Olanda (ha Gesink e Tankink, ma non si fida).
E infatti, con i cangurini a rilassarsi in gruppo, sono gli Oranje a prendere in mano la situazione, mettendosi a inseguire una fuga che stava prendendo un bell'agio: quasi 3' di vantaggio a metà del sesto giro, e scusate se è poco.
Però in 42 l'accordo è difficile, e allora buon gioco per il gruppo, che a 130 km dal traguardo rientra sugli attaccanti. Il tempo di tirare il fiato, e subito parte la seconda maxifuga della giornata: a promuoverla, ancora i nostri, ancora Bertolini, che per tutto il giorno sarà come indiavolato. Stavolta siamo meglio rappresentati che in precedenza, perché col trentino c'è ancora Cunego, ma c'è anche quel Ballan che ha vinto un Fiandre e una Classica di Amburgo quest'anno. Con loro, una ventina di altri nomi, alcuni belli (Devolder, Gilbert, Kirchen, Efimkin, Kroon, Flecha, Arvesen), altri meno. Il copione non cambia, sempre Olanda a tirare il gruppo e Spagna a starsene ben coperta. Poi ci si mette pure l'Australia a dare un po' di trenate decisive, e allora la fuga, a 90 km dal traguardo, finisce.

La fuga, non certo lo spirito d'iniziativa dell'Italia. Perché, malgrado un problema alla catena che metterà fuori causa il preziosissimo Bruseghin, i nostri sono padroni della situazione. Tonti ricomincia a tirare sull'Herdweg, poi salgno in cattedra sul Birkenkopf (la seconda salita del circuito, più dolce della prima ma più lunga) Tosatto, Cunego e Bertolini. Quest'ultimo è semplicemente mostruoso, sempre davanti, sempre col vento in faccia a rendere grazia a Ballerini della scelta di portarlo in nazionale, e magari ad alimentare qualche rimpianto in chi poteva pensare che potesse essere, lui, il più vincente dell'ultimo periodo, una sorprendente arma segreta.
I tentativi di evasione si moltiplicano, ma i nostri presidiano la scena: ci prova Kroon? Ballan e Cunego ci sono; ci prova Efimkin? Bertolini c'è; ci prova l'altro Efimkin con Elmiger? Ancora Cunego (presentissimo, complimenti per lo spirito di corpo!), con Rebellin.
Bertolini continua a tirare come un mulo, tiene tutti in fila, l'idea di corsa dura che tutti si aspettavano dalla nostra squadra ha un nome e un volto, e sono quelli di questo 37enne trentino all'esordio in un Mondiale. Ballan spara i suoi ultimi colpi sulla salita che porta al traguardo, al terz'ultimo giro, ma Barredo e Turpin sono tanto lesti ad accodarsi quanto lenti a collaborare. Si resta ancora tutti lì, con Bertolini che forza in testa a un gruppo sempre più assottigliato (non più di 80 unità all'inizio del penultimo giro, a 38 km dal traguardo), e con la sensazione che si avvicini il momento della resa dei conti.
E la resa dei conti, esattamente come un anno fa a Salisburgo, si chiama Davide Rebellin. È lui a proporre il forcing che sarà decisivo, sulla salita di Birkenkopf, a poco più di 30 km dal traguardo. Il gruppo si seleziona, e solo il russo Kolobnev risponde ai fendenti del veneto. Sulle prime da dietro inseguono, ma poi c'è un momento di assestamento, si guardano, e allora via Davide, vento in poppa e 35" guadagnati in men che non si dica, con la collaborazione onestissima e preziosa del ragazzo Kolobnev, che non risparmia un cambio, e dà una mano a far prendere consistenza al tentativo a due. In fondo il russo è giovane, ha già vinto qualcosina, ma questo palcoscenico è tutt'altra cosa, e a 30 km dal traguardo di un Mondiale conviene darsi da fare.
Davanti un italiano e neanche uno spagnolo: ciò significa una sola cosa, e cioè che la squadra più temuta è costretta per la prima volta a tirarsi su le maniche e a mettersi a correre seriamente. E infatti gli iberici inseguono, in gran squadriglia, con Barredo e Rodríguez, con Sastre e Beltrán, addirittura con Valverde! Ciò significa che, con Freire, il capitano è Samuel Sánchez, che resta coperto.
La spinta degli uomini di Antequera si fa sentire: Rebellin e Kolobnev sono praticamente risucchiati, il gruppo ulteriormente scremato (ne son rimasti 50), ma i nostri (a parte Bruseghin, Tosatto e Tonti che si sono ritirati) sono tutti lì, anche Cunego che è stato sempre in fuga, anche quel Bertolini incredibile che continua a tenere in scioltezza le prime posizioni.
Si attacca l'Herdweg, il momento è topico. Rebellin e Kolobnev sono nel mirino, ma qui sullo scacchiere si muovono i pezzi grossi. Bettini marca Freire, ed è marcato a sua volta da Schumacher, uomo pregiato della Germania; e allora la squadra tedesca lancia il suo alfierino, Wegmann, che porta via un assalto con Boogerd (Olanda), Leukemans (Belgio) ed Elmiger (Svizzera). Riprendono Rebellin e Kolobnev, ma la situazione è quantomai fluida: sul falsopiano che segue l'Herdweg si muove anche Frank Schleck (Lussemburgo), con Sánchez a ruota; e si muovono i nostri: Bettini e Pozzato, i due capitani. Già, i capitani: anche quello australiano (Evans), anche quelli olandesi (Dekker e Kroon), anche quello belga (Gilbert), anche quello tedesco (Schumacher). Ne manca solo uno: Freire!

Ebbene sì, l'imponderabile accade a 15 km dal traguardo: l'uomo più temuto del Mondiale rende l'onore delle armi e non sa opporre nulla all'armarsi delle flotte nemiche. Sánchez non sa che fare, aspettare o insistere? Decide: e insiste. Prende la testa del primo gruppo in discesa, i tedeschi gli danno il cambio, l'azione prende definitivamente il volo. Dietro la Spagna prova in qualche modo a inseguire, ma Cunego e Ballan rompono i cambi. Perfetto: abbiamo 3 italiani su 15 battistrada, e si tratta dei nostri migliori: ci avremmo messo la firma, vero?
Ma lunga è la strada che porta al traguardo. C'è un'altra salita da affrontare, e poi quella finale. Scalata di Birkenkopf: è il momento di dare un altro scrollone. Ci pensa proprio Bettini, dà una sgasata, saggia le forze in campo. Ma non è ancora il momento di fare il diavolo. Meglio lasciare che sia Rebellin, il solito impagabile Rebellin, a tenere un ritmo alto per qualche centinaio di metri. Si soffre. Boogerd, testa di ponte dei tre olandesi presenti nel primo gruppo, si mette lui a fare l'andatura, e forza; Bettini non ci sta più, va davanti e fa di testa sua, "il ritmo ora lo impongo io!".
Schumacher, a quel punto il più temuto degli avversari, vede le streghe: non tiene la ruota dello scatenato Grillo, ci si deve mettere Schleck per chiudere il buco. Il lussemburghese prova pure a evadere alla chetichella, ma Bettini è lì, non si lascerà certo sfuggire chicchessia a 9 km dal traguardo! Il gruppetto dei 15 è comunque frazionato. Pozzato si fa prendere dai crampi e saluta mestamente, Samuel Sánchez non regge e sente gelido l'alito della sconfitta spagnola sul collo: lui ha forzato, impedendo in qualche modo il lavoro di ricucitura dei suoi compagni: la graticola in patria è pronta per lui.
Bettini è per un attimo solo con Schumacher e Schleck: situazione ottima, Paolino dovrebbe riuscire a batterli allo sprint. Ma gli inseguitori incombono, e occorre un altro scossone: Bettini lo dà sul penultimo strappettino, 150 metri su cui il toscano rilancia l'andatura. Dietro sono alla canna del gas. Gli unici a conservare un minimo di lucidità sono Kolobnev (grandissima prestazione) ed Evans, che infatti riescono a rientrare a 7 dal traguardo. Gli olandesi, incredibile ma vero, erano 3 e si son fatti sfuggire ogni treno buono. Tirano, ma senza nerbo. Rebellin si isola con Gilbert e resta lì, a un passo dai primi, e davanti agli altri che ormai non hanno più speranze.

In cinque davanti, Bettini Schumacher Evans Kolobnev Schleck. C'è accordo, in ballo c'è una vittoria mondiale, e nessuno si sente battuto in partenza: su quell'arrivo in leggera salita tutto potrebbe succedere, anche se tutti sanno che il favorito naturale è proprio il campione uscente. Schleck non si risparmia, nessuno lo fa, si arriva al traguardo.
Ai 2 km Kolobnev timidamente prova un allungo che non è nemmeno un allungo, muore sul nascere con Bettini a vigilare ringhioso. Un chilometro e 300, c'è Schleck in testa, la volata è quasi pronta per essere lanciata. 900 metri, Evans, il più lento del lotto, prova la sua sparata, ma Schumacher lo stoppa: si sente in palla, il ragazzo di casa, si tiene Bettini a ruota e finge di non temerlo. Si guardano, si controllano. La salita spacca le gambe, dopo 264 chilometri, ma non c'è più tempo per sentire dolore, c'è solo un traguardo da azzannare con tutta la ferocia possibile.
Kolobnev interpreta meglio di tutti la situazione, e ai 200 metri anticipa lo sprint: il russo parte fortissimo, ma sulla curva a destra che immette sul breve rettilineo finale lascia troppo spazio alla sua destra: Bettini ci si infila, mentre Schumacher resta a ruota dello stesso Kolobnev e non riesce mai a uscirne. Evans e Schleck sono ormai battuti.
Bettini emerge troppo bene: affianca il russo, sputa tutto quello che ha, Schumacher alle sue spalle è trasfigurato dallo sforzo, il giovane Kolobnev sente il traguardo della vita mai così vicino eppure già pronto a sfuggirgli, vorrebbe opporsi a questo destino avverso ma non sa più come fare: è già al 110%, eppure quel piccolo incredibile italiano ne ha di più!
Schumacher si arrende, e alla fine si arrende anche Kolobnev. Bettini no: Bettini non si arrende mai. Bettini taglia il traguardo prima di tutti, si inventa un'esultanza speciale, mima un'uccellagione, spara con un fucile immaginario verso l'aria, verso chi gli vuole male, verso chi l'ha attaccato ed ora si ritrova a fare i conti con l'immensa forza d'animo di questo ragazzo venuto dalla Toscana: spara e poi urla, liberato da giorni di oppressione, urla perché ha vinto, perché ha conquistato il suo secondo Campionato del Mondo, uno dietro l'altro, come Ronsse, come Van Steenbergen, come Van Looy, come Bugno: due consecutivi, roba che in pochi si son potuti permettere.
Ha vinto, Bettini, e può finalmente piangere, ricordando Sauro, suo fratello morto un anno fa subito dopo il primo iride, e ricordando le ferite fresche, quelle che bruciano ancora troppo per non essere immediatamente rivendicate. Ha vinto e può salire ancora sul podio, tra qualche infelice fischio del pubblico di casa, con un disco dell'Inno di Mameli mancante di un verso, con il presidente Uci McQuaid che gli fa vestire la maglia iridata bis e che Paolino non degna neanche di uno sguardo, per stringergli la mano sibilando una parola sola tra i denti, forse un sì, forse un più irriverente "shit", lo sapremo mai? Tutto sommato, chissenefrega: Bettini è Mondiale, si inchina davanti alla platea, "eccomi, io sono qui, sono questo, sono solo un corridore, e oggi ho solo fatto il mio dovere": una volta di più, in maniera magnifica.

Marco Grassi


RSS Facebook Twitter Youtube

30/Jul/2017 - 20:30
ESCLUSIVO: le immagini del folle che ha tagliato la strada al gruppo facendo cadere decine di corridori al Giro d'Italia

24/May/2016 - 21:06
All'An Post Rás giornata di gloria per James Gullen nella tappa "di montagna": Fankhauser diventa leader

24/May/2016 - 17:07
Giro, nel giorno della nuova delusione di Vincenzo Nibali vince Alejandro Valverde davanti a Kruijswijk e Zakarin

23/May/2016 - 22:12
An Post Rás, nella seconda tappa vince il padrone di casa Eoin Morton

23/May/2016 - 16:00
Giornata di rinnovi: André Greipel e Marcel Sieberg alla Lotto Soudal fino al 2018, Geraint Thomas prolunga con la Sky

23/May/2016 - 13:11
Benjamin Prades vince l'ultima tappa del Tour de Flores ma non basta, la generale va a Daniel Whitehouse

23/May/2016 - 12:39
Brutte notizie per il ciclismo elvetico: l'IAM Cycling comunica che cesserà l'attività a fine stagione

23/May/2016 - 11:22
Conclusi i Campionati Panamericani: l'ultimo oro è dell'ecuadoriano Jonathan Caicedo

22/May/2016 - 23:59
Il Tour of California si conclude con una imperiosa volata di Mark Cavendish. Classifica finale a Julian Alaphilippe

22/May/2016 - 23:39
Il Tour of Bihor si chiude nel segno dell'Androni Giocattoli-Sidermec: tappa a Marco Benfatto, generale a Egan Bernal

22/May/2016 - 23:20
Women's Tour of California: gioie finali per Kirsten Wild e Megan Guarnier. Le altre corse: ok Bertizzolo e Lepistö

22/May/2016 - 22:44
Velothon Wales, Thomas Stewart supera Rasmus Guldhammer e Ian Bibby

22/May/2016 - 22:24
Dilettanti, ulteriori vittorie per Nicola Bagioli e Riccardo Minali alla Due Giorni Marchigiana

22/May/2016 - 22:22
Scatta l'An Post Ras: la prima tappa va all'olandese Taco Van der Hoorn grazie ad un colpo di mano