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Sölden, López vince da big - Il leader Voigt stacca tutti gli altri

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Che in salita andasse bene lo si era capito già dalla Parigi-Nizza dello scorso marzo, ma che avesse il piglio da leader e la capacità di fare il vuoto su una salita arcigna come quella che porta ai ghiacciai di Sölden, ancora era tutto da stabilire.
Fatto sta che questo ragazzo spagnolo classe 1981 (la stessa dei Pozzato, dei Cancellara, dei Cunego) s'è trovato, dopo la tappa di ieri corsa all'attacco con Cunego e Rebellin, ad essere il capitano di una Caisse d'Epargne che aveva tra le sue fila anche un corridore d'esperienza come Lastras (che fu 10° lo scorso anno) ed altri due giovanotti interessanti come Luis Leon Sánchez Gil e Vladimir Efimkin, che in corse ProTour avevano dimostrato già più cose rispetto a David.
Già ad inizio tappa, però, s'era capito che qualcosa era nell'aria: difatti, nel gruppetto di attaccanti del mattino, oltre a vari comprimari come Mondory, Mugerli, Pérez, Minard, Da Cruz e Menschenmoser, c'era anche un certo Vladimir Efimkin, che partiva dalla 14esima posizione in classifica generale ed a cui il gruppo non poteva assolutamente lasciare troppi secondi di vantaggio ai piedi della salita, pena un rimescolamento troppo brusco delle posizioni di testa.
E così la Csc, orfana (da ieri) di Cancellara e Schleck junior, s'è trovata a fare di necessità virtù, mettendo Julich&Co. a tirare per far sì che il russo, già leader del Tour de Suisse prima della cronometro conclusiva, non scavasse troppo margine tra sé e la Maglia gialla di Jens Voigt.
Anche se, in verità, non è che la Csc si sia spremuta più di tanto. Sì, certo, ha portato lo svantaggio da maggiori di 4'00" a poco più di 2'00" in una trentina di chilometri di pianura, ma da quel momento in poi, e cioè quando all'arrivo mancavano ancora 30 km, sono state la Lampre di Damiano Cunego e la Discovery Channel di Levi Leipheimer a ritmare le danze in testa al gruppo. Anche in maniera piuttosto ovvia, visto le qualità di Voigt a cronometro (nella penultima tappa ci saranno 33,1 km contro il tic-tac) e vista la non grande propensione (almeno fino ad oggi) di Jens sulle lunghe salite che svettano a più di 2000 metri d'altitudine sul livello del mare. Oggi, insomma, era un'occasione d'oro per scavare secondi rispetto a Voigt, o almeno così pensavano Caisse d'Epargne, Lampre e Discovery Channel.
E così le tre squadre continuavano nel loro percorso d'avvicinamento alla salita finale, con Efimkin ancora in testa (insieme al solo Pérez, avendo nel frattempo allungato sugli altri) e i gregari del veronese e dello stanuitense a scandire il passo che permetteva al gruppone di staccare i primi velocisti e di riprendere parte del drappello dei battistrada del mattino.
I chilometri di salita sono una quindicina, e se davanti Efimkin non perde tempo a farsi seguire da Pérez, e lo lascia sul posto all'attacco delle prime rampe dure dell'erta finale, da dietro è la Rabobank a prendere in mano l'iniziativa, con un coriaceo Ardila Cano a scandire il passo in favore di Gesink, ragazzotto olandese che tra Freccia Vallone, Giro di Romandia e Clasica San Sebastián ha già fatto vedere ottime cose e che, evidentemente, vuol sfruttare questa corsa in cui la Rabobank non presenta nessuna delle sue principali frecce da competizione per le brevi corse a tappe.
Il passo di Ardila Cano non è male, e permette al gruppo dei "migliori" di liberarsi della compagnia di altri uomini. Inizia la classica selezione da dietro, insomma, con qualche nome illustre, tipo Carrara e Danielson, che già patiscono il ritmo imposto dal colombiano.
E quando Ardila Cano si sposta ed arriva Sørensen, un po' per tenere il ritmo costante per Voigt, un po' per riprendere Vladimir Efimkin, e un po' per verificare veramente quali possano essere le velleità dei principali avversari del proprio capitano, la selezione diviene ancora più marcata. Davanti rimangono pochi corridori, anche se il ritmo non sembra eccessivamente sostenuto; ma la salita è dura, le pendenze salgono, e i muscoli di tanti s'imballano.
Bruseghin, Cunego, Ten Dam, Voigt, Sørensen, Rebellin, Leipheimer, Monfort, Bertagnolli, Sánchez Gil, López García, Peter Velits, Jufre Pou, Van Huffel, Gesink e Pfannberger sono i diciassette uomini che compongono il gruppo di testa, e nel momento in cui è Bruseghin a scalzare Sørensen, al fine di aumentare l'andatura per favorire Cunego, è Van Huffel il primo a mollare.
Siamo a 6 km dall'arrivo, non c'è ancora alcuna brusca accelerata, anche se il volto di qualcuno inizia a dare i primi sintomi di sofferenza. Che l'andatura non sia sostenuta si intuisce anche dalla presenza, in testa, di uomini apparentemente inadatti alla tappa odierna, ma che, evidentemente, stanno bene e che, grazie ad un'andatura regolare, senza strappi né scatti, riescono a mantenere un passo costante ed a far bene.
Il primo allungo è di Damiano Cunego. Mancano 5 km all'arrivo, Bruseghin ha terminato il proprio lavoro, e la progressione del veronese permette al gruppo Maglia gialla di liberarsi della presenza di Velits, di Sánchez Gil, di Monfort, di Sørensen e di Davide Rebellin, che francamente ci aspettavamo più motivato, soprattutto in vista di un piazzamento in classifica generale volto a conquistare qualche punticino nel ranking ProTour, ma che avrà deciso strada facendo di non esporsi troppo a dei fuorigiri che potrebbero costargli gli appuntamenti cruciali di fine stagione, cosa che ovviamente non può essere - per un corridore come lui - il Giro di Germania.
Sono ancora Cunego e Leipheimer a dividersi i compiti di "traino" verso i 2671 metri d'altitudine dell'arrivo, con Ten Dam che sembra sempre sul punto di staccarsi e con Jufre Pou che, a 4 km dall'arrivo, si stacca davvero.
Ten Dam rinvigorisce, e tenta un allungo quasi alla chetichella, sfruttando un tornante cieco verso destra. Quasi non se ne accorge nessuno, a parte López García, che torna sull'olandese e lo passa a doppia velocità, seppur sempre in progressione, non con uno scatto secco.
Il più lesto a capire il pericolo è Cunego, che ieri ha visto pedalare lo spagnolo molto da vicino e che ha evidentemente colto buone impressioni sulla sua andatura e sulla sua condizione; ma il vincitore della tappa di ieri non riesce a chiudere il buco, nonostante una lontananza che non sembrava, sulle prime, incolmabile.
La progressione di López è decisa, e continua, e da dietro rimangono solamente in tre: Cunego, Gesink, e Jens Voigt, con Leipheimer, Bertagnolli e Pfannberger costretti ad aumentare un dente nel pignone posteriore e perdere così qualche metro dalla testa della corsa.
David López non fa una piega, magari il diesse neanche l'avvisa che dietro Voigt ha preso in mano la situazione e che sta mulinando dei rapporti impressionanti, tenendo una velocità che fa staccare Cunego prima e Gesink poi, seppur l'olandese, stringendo i denti, riesce a mantenere costanti quei 20-30 metri di distacco che gli permettono di mantenere il contatto visivo col capoclassifica.
López è imprendibile, Voigt ha sicuramente corso più su Leipheimer che sullo spagnolo, ma è scontato che voglia contenere il distacco, ché il capitano (deciso sul campo) della Caisse non è mica lontano da quello della Csc, ed anche se a cronometro non vale l'ex passistone veloce della Crédit Agricole, è sempre meglio tenerlo dietro, non si sa mai.
E Voigt riesce nell'impresa, tenendo lo spagnolo dietro di 33" in classifica generale, con Gesink, nota lietissima di questo Giro di Germania, a 1'14". Leipheimer, oggi veramente imbarazzante, ma comunque l'unico che potrebbe contendere a Voigt il successo finale, è a 1'31", con gli italiani non male (Bertagnolli 6° a 2'19", Cunego 8° a 2'48", Rebellin 9° a 3'27" e Tonti 12esimo a 4'33"), ma decisamente lontani dalle posizioni importanti.
Praticamente, Jens Voigt ha tre quarti di Giro di Germania in tasca.

Mario Casaldi



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