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Sì, sa gioire ancora! - Petacchi riassapora la vittoria | Cicloweb

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Sì, sa gioire ancora! - Petacchi riassapora la vittoria

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Sarà la terza volta, quest'anno, che salutiamo la rinascita di Petacchi. E se siamo sempre contenti di ravvisare i segnali di un ritorno in auge del velocista spezzino, ovvero un uomo con cui abbiamo esultato più o meno un centinaio di volte negli ultimi cinque anni, e del quale abbiamo accompagnato con innegabili soddisfazioni la crescita sportiva e umana, attraverso le sue vittorie ottenute in tutte le gare possibili e immaginabili, non possiamo non rilevare che, se in un anno ci sono tre rinascite, evidentemente qualche problema di troppo c'è stato.
E di conseguenza, alla terza dobbiamo solo fare complimenti al ragazzo, perché evidentemente il carattere lo sorregge, al contrario di quanto troppo spesso alcuni siano portati a pensare. Certo, se ogni volta bisogna specificare questo particolare, significa che a livello di immagine Petacchi sbaglia qualcosa. Il problema è che la sua aria da musone ipocondriaco non svanirà certo ora che ha quasi 34 anni.
Detto ciò, possiamo passare a festeggiare come si conviene la prima affermazione di AleJet post-Ventolin. In questa Vuelta, che il ligure sta correndo con l'idea di farne un parziale risarcimento per il Tour a cui gli è stato impedito di partecipare, Petacchi aveva fin qui un po' deluso. È vero che aveva sbattuto ripetutamente su un Freire in formato superchic, e in alternativa su un Bennati che sta attraversando la fase migliore della carriera, o ancora nella consueta fame (finalmente appagata dal successo) del grande Bettini.
Ma che qualcosa non funzionasse era abbastanza chiaro, visto il crescente spazio trovato da Zabel, che, approfittando anche del marasma nel finale di tappa a Saragozza, ha portato a casa anche un successo. Forse proprio lì è nata la vittoria di oggi di Petacchi. Infatti, sgravato a livello mentale dell'idea di dover reggere lui le sorti della squadra, può essere che lo spezzino si sia rilassato, vivendo con la dovuta tranquillità le tre tappe-monstre di sabato, domenica e lunedì, e riposandosi nel migliore dei modi ieri.
E così oggi, nel giorno in cui Alessandro sapeva di non dover per forza mettere la sua ruota davanti a tutti, perché Zabel in alternativa offriva le più ampie garanzie di poter salvare il bilancio del team, l'affermazione è arrivata. Ed è stata di quelle piene, quelle a cui negli anni il ragazzo ci ha abituati.
Arrivata al termine di una frazione che rischia di diventare il paradigma della Vuelta che sarà da qui alla fine, povera di contenuti e ricca di situazioni banalotte (pur mantenendo sempre il massimo rispetto per chi si danna e fatica - oggi per esempio López Gil e García de Mateos, in fuga dal km 2 - non possiamo non considerare che un grande giro così disegnato, di grande non ha poi tantissimo, visto che il 90% di quello che doveva dire l'ha già detto nei primi 10 giorni), la volata era stata preparata molto bene dalla Milram, che aveva dapprima tirato (con la Lampre di Bennati) per ridurre il gap dai fuggitivi, e poi si era riorganizzata per ereditare dalla T-Mobile il controllo serrato in testa al gruppo negli ultimissimi chilometri.
Il meccanismo ferroviario degli uomini di Stanga è entrato in funzione nei 2500 metri finali, e sono stati Velo e Zabel, perfetti, a lanciare Alessandro Dinamite (sì, oggi possiamo tornare a chiamarlo così). Il tedesco, addirittura, è sembrato sprintare in prima persona, facendosi da parte solo quando, a meno di 150 metri dalla striscia, ha sentito Petacchi prorompere dalla sua ruota, e ha capito che era giorno di raccolta per quello che è pur sempre il suo capitano.
Spostatosi Zabel, allo spezzino non è rimasto altro da fare che esplodere la sua celebre e celebrata potenza, tenendo tutto il resto della compagnia a distanza di sicurezza: non Bettini ha saputo colmare la distanza (secondo posto per lui), non Greipel o Davis o Bennati o Clerc, tutti variamente piazzati dal quarto posto in giù. Zabel, chiudendo il suo sprint in calando, ha comunque centrato il terzo posto, dando la vaga impressione che, se avesse voluto, giusto lui avrebbe potuto contendere ad AleJet il successo di giornata. Ma da uno corretto come il vecchio Erik non potresti mai aspettarti un simile tradimento; al contrario, da lui solo complimenti e felicitazioni, subito dopo il traguardo, per il compagno di squadra. E del resto, dopo quello che ha passato, in questo momento dev'essere stato abbastanza facile farsi venire la voglia, in squadra, di coccolare un po' Petacchi.

Marco Grassi

 

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