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Red carpet for Karpets - Il russo vince un Suisse banale | Cicloweb

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Red carpet for Karpets - Il russo vince un Suisse banale

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Che cosa ci ha detto, dunque, questo 71esimo Giro di Svizzera? Alcune cose, sì. Non necessariamente quelle che ci aspettavamo. Se si cercava di capire qualcosa sul prossimo Tour de France, abbiamo bussato all'indirizzo sbagliato, perché non è che tra i cantoni elvetici si sia visto emergere qualche nome su cui punteresti più di un paio di euro come vincitore della Grande Boucle.
Il punto è però un altro: di questi tempi, con la spaventosa crisi tecnica che attanaglia il settore delle corse a tappe, può veramente succedere che il Tour lo vinca uno di questi ragazzi poco accreditati. La transizione è in atto, l'equilibrio è tanto (livellato verso il basso), i dominatori abbiamo pure scordato come sono fatti, e in queste condizioni qualsiasi nome può essere quello buono.
Tantopiù che, fuori l'unico possibile faro (Basso), anche qualche altro protagonista da giri rischia di passare dei brutti quarti d'ora, visto il lavorio che si agita sotto il livello del mare. Correnti gelide, men in black, nomi che vengono sussurrati e che saranno spiattellati nel giro di qualche giorno. Lo asseriamo con la sicumera di chi conosce l'Uci e troppe ne ha viste per non sapere come vanno queste cose. Quando un nome inizia a circolare in un certo modo, abbiamo imparato a capire che 9 su 10 siamo di fronte a un dead man walking (ci si passi la macabra metafora). E quindi, fossimo in Vinokourov, inizieremmo a valutare la messa in atto di un piano B per luglio: il mare, per esempio può essere una valida alternativa. Ecco, oggi come oggi quei due euro li punteremmo sull'ipotesi che a Vino non facciano correre la Grande Boucle. E così avremmo anche lo scandaletto pre-Tour, dopo aver avuto quello pre-Giro, in una ciclica e infinita rincorsa all'abisso.
Ma di queste (triste) vicende avremo modo di riparlare.
Torniamo in Svizzera (anzi, rimaniamoci, visto che parlavamo di Aigle, sede dell'Uci). Alla fine il TDS l'ha vinto il più regolare dei regolaristi. Quel Karpets che è sì un valido corridore, ma spettacolare come un corteo della Cisl, mai uno slancio, mai un colpo, mai una trovata estemporanea. Bene così, per lui, che ha certe caratteristiche e quelle deve mettere a frutto.
Lo svolgimento del Giro di Svizzera, poi, è stato quanto di più karpetsiano potesse esserci, con arrivi in salita neutralizzati dall'attendismo, e interi tapponi resi inutili dall'ignavia dei contendenti (speriamo di non rivedere più un qualcosa di simile alla frazione del Grimselpass). Complimenti a Gusev e a Uran (bellissimi giovani, specie il secondo) che hanno portato a casa due vittorie di giornata, ma pollice verso per tutti gli altri, incapaci di attaccare (chi doveva attaccare) e di difendersi (chi doveva difendersi).
E così la crono finale, vinta dal solito Cancellara (davanti a Klöden e Schumacher), ha visto Vladi Efimkin, fin lì primo in classifica, colare a picco (38esimo a 3'22" da Fabian), e lasciare strada al suo compagno Karpets, che è stato sesto di tappa e ha preceduto tutti i possibili contendenti per la vittoria finale. In classifica Kirchen si prende il secondo posto, mentre Devolder è terzo per pochi centesimi su Carrara: anche se giù dal podio, Matteo ha dimostrato di meritare la massima attenzione, e di valere molto più di quanto la sua vecchia squadra giudicasse. Se poi si pensa che in classifica precede proprio quel Cunego di cui fu gregario, si può capire la soddisfazione del bergamasco.
Di Damiano, che col quinto posto conclusivo ha conquistato l'ennesimo risultato inutile di una stagione fin qui inutile, che dire: buone ferie, ci rivediamo più in là. Simoni ha battagliato ma ha chiuso fuori dai primi dieci in classifica.
Ora i campionati nazionali, poi il Tour. I presupposti sono quelli che sono. Restiamo in ascolto e speriamo che qualcosa attutisca la mazzata.

Marco Grassi    

 

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