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Questo duello ci entusiasma - Bennati-Petacchi: Daniele fa 3-2

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Iniziamo dal dato statistico, perché è di rilevanza assoluta e Daniele Bennati lo deve sapere: nella storia del ciclismo, solo tre uomini prima di lui erano riusciti nella piccola impresa di vincere l'ultima tappa in due grandi giri nel corso della stessa stagione. E siccome la compagnia è abbastanza importante (parliamo di Fiorenzo Magni a Giro e Tour 1953; di Bernard Hinault a Giro e Tour 1982; di Alessandro Petacchi a Giro e Vuelta 2005), l'aretino ci si ritroverà dentro con un giusto orgoglio.
Vincere l'ultima tappa nei grandi giri: praticamente mai si tratta di una frazione di montagna (quale, a parte lo Stelvio 1975?), e non troppo spesso si tratta di una cronometro; quindi ciò tira fuori dal novero gli uomini di classifica (va bene, Hinault vinceva pure le volate, ma Hinault era Hinault!), lasciando spazio, ormai praticamente per tradizione, alle ruote veloci. E per uno sprinter arrivare in fondo a un grande giro è impresa abbastanza difficoltosa; figurarsi arrivare in fondo a due corse di tre settimane nell'arco di una stagione. Significa avere capacità, forza, resistenza, grinta, e soprattutto voglia di soffrire.
Ma vincere, in fondo a due grandi giri, significa che a tutte queste doti ne va aggiunta qualche altra. Per esempio la lucidità; o la capacità di crescere di condizione strada facendo, e di chiudere con le freccette del carburante all'insù. Anche perché, se è vero che qualche avversario di grosso calibro a un certo punto si fa da parte, resta sempre qualcuno che non è mai d'accordo con le vittorie altrui, e che prova in tutti i modi a impedirle, o comunque a renderle più complicate.
E quel qualcuno oggi era Alessandro Petacchi. Il quale, se riandiamo alla statistica citata in cima, aveva addirittura l'occasione di essere il primo e unico al mondo a bissare la doppia vittoria finale, visto che quest'anno al Giro è stato proprio lui ad aggiudicarsi l'ultima frazione. Comunque fosse andata la sfida tra i due (perché altri pretendenti non erano da prendere in esame), quella classifica sarebbe stata aggiornata. E considerando che non più tardi di dieci giorni fa proprio AleJet aveva battuto Bennati in un entusiasmante duello mozzafiato a Hellín, il risultato non era per niente scontato, anche se l'aretino aveva dimostrato quattro giorni fa una marcia in più.
Sicuramente gli stimoli venuti a Bennati dalla mancata convocazione in nazionale sono un additivo che dà alle sue gambe quel qualcosa in più che lo pone, al momento, un gradino sopra tutti gli altri. Ma a Talavera de la Reina, mercoledì, Daniele aveva battuto Petacchi con un colpo di genio tattico, anticipandolo e tenendolo chiuso (regolarmente) tra Zabel che gli stava davanti, e la transenna: Petacchi, partito così in ritardo, non aveva avuto più il tempo per portare a compimento la sua rimonta.
Nel faccia a faccia (o spalla a spalla, che dir si voglia), invece, la rivincita non si era consumata: negli occhi rimaneva il Petacchi di Hellín, che si era tenuto dietro il rivale per 150 metri, non facendosi sorpassare in un duello di pura e cristallina potenza. Due vittorie a testa, e lo scettro di velocista dell'anno, quindi, ancora da assegnare (Peta ha fatto il Giro e non il Tour, viceversa il Benna): essendo stati entrambi protagonisti nei GT disputati, ed essendo quasi in parità (con lo spezzino un tantino davanti, proprio per grazia di quel duello di dieci giorni fa) qui alla Vuelta, tutto era rinviato a questa volata.
E nel giorno della passerella di Menchov in maglia oro, dei giusti meriti riconosciuti agli altri uomini che hanno lottato per la classifica (Sastre secondo, Sánchez terzo, Evans quarto, e via via tutti gli altri), e dei 180 tentativi di attacco dell'instancabile Vanotti (già in fuga un giorno sì e uno no), l'epilogo non poteva essere meno che spettacolare.
Il treno Milram ha lavorato ancora una volta in maniera eccellente, ma Bennati aveva tutta la voglia di strappare il proscenio agli uomini di Stanga, e allora si è infilato negli ingranaggi della squadra italotedesca. Più precisamente, si è messo tra Zabel e Petacchi, anticipando il rivale alla ruota del suo fedele apripista, e facendo così capire che non sarebbe stata una passeggiata di salute per Alessandro Dinamite.
E il messaggio, Petacchi, l'ha capito proprio bene, visto che ai 200 metri non ci ha visto più e si è lanciato allo sprint senza attendere che Zabel si spostasse e lasciasse al vento Bennati. Con un copione simile, Petacchi aveva vinto la sfida di Hellín. Ma la storia non si può sempre ripetere identica a se stessa. Stavolta Daniele è stato forse più sveglio, non ha perso neanche un nanosecondo per scartare Zabel e partire con Petacchi, e lì abbiamo vissuto altri 200 metri di pathos totale, di fiato sospeso, di urlo strozzato in gola e pronto a venire fuori, chiunque avesse vinto.
Due motori di geometrica potenza che si sono affiancati, fronteggiati, misurati, e che hanno sancito nel miglior modo possibile la fine della Vuelta 2007: uma controcopertina coi fiocchi sul libro della corsa spagnola, con Bennati che alla fine solo dopo il traguardo ha potuto alzare le braccia al cielo, dopo aver anticipato col suo occhio da sprinter il verdetto del fotofinish. Ha vinto di un niente, l'aretino, ma è quel classico niente in cui passa tutta la differenza del mondo.
Ora Bennati potrà godersi qualche giorno di pausa (a voler vedere il bicchiere mezzo pieno, perché se guarda il mezzo vuoto non potrà continuare a rimpiangere di non essere stato chiamato da Ballerini nel momento migliore della sua carriera), e puntare gli occhi sul prossimo obiettivo, quella Parigi-Tours che a questo punto non può non rientrare in pieno nelle sue ambizioni. Lì ritroverà probabilmente Petacchi, e non ci costa niente sognare un nuovo entusiasmante duello tra questi due ragazzi: in fondo si tratta di aspettare solo due settimane, senza mettere le lancette della sveglia troppo in là (per esempio al Giro 2008), perché in questi anni ci hanno insegnato a non attendere troppo i protagonisti probabili del ciclismo, visto che da un momento all'altro può arrivare la mazzata, in forma di stop di varia natura. Viviamo alla giornata, insomma. Altro non si può fare.

Marco Grassi

 

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