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Menchov fa il vocione - Il russo vince di forza ad Andorra | Cicloweb

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Menchov fa il vocione - Il russo vince di forza ad Andorra

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Piepoli inizia a crederci, titolavamo ieri. Con la coda tra le gambe appena 24 ore dopo ci spingiamo a dire che Piepoli, di crederci, ha già smesso. Non è che è lui troppo volubile, è che il percorso di questa Vuelta è un po' quello che è, e siamo oggi, a metà gara, con le tappe più importanti e (sulla carta) belle già alle spalle, e con davanti a noi una settimana e mezza di gara che rischia di non dire quasi niente.
Intanto si comincia da un bel giorno di riposo, domani, e bisogna dire che ci voleva proprio, dopo quest'infilata di tappe decisive e sfiancanti, a partire dalla crono di Saragozza, proseguendo coi due significativi arrivi in quota di Cerler e - oggi - Andorra. Al ritorno in gara le cose saranno completamente diverse: i corridori sono attesi da tre tappe decisamente facili e una appena mossa, prima delle salite andaluse di domenica prossima. Insomma, una seconda settimana parecchio interlocutoria, che rilancerà le sfide degli sprinter e lascerà a bagnomaria quelli che, fino a questo pomeriggio, hanno battagliato per un posto al sole.
E veniamo appunto a questi personaggi. Partiamo da Piepoli, perché era il più atteso, non solo dai suoi connazionali, ma anche da chi non vedeva in gruppo altri uomini in grado di fare la differenza sull'arrivo in quota. Un assunto che è vero a metà: nel senso che sì, nessun altro è stato capace di assestare un colpo secco e arrivare da solo in cima; e nel senso che no, nemmeno Piepoli ci è riuscito. Il pugliese è sempre stato coi migliori, e non si può dire che non abbia provato a forzare, ma un po' le sue gambe non erano quelle del giorno prima, un po' le pendenze non erano quelle che avrebbero permesso a uno scalatore pure come lui di marcare dei segni evidenti tra sé e il resto della truppa: e così abbiamo potuto serenamente abdicare all'idea che il ragazzo (ragazzo?) potesse dare la scalata al podio: non avendo scavato niente oggi nei confronti di quelli che lo precedono, di fatto Piepoli (che pure è risalito fino al nono posto) ha perso la possibilità di coltivare l'idea di rimontare fino ad almeno la terza posizione: troppo facili le altre tappe di montagna per pensare che il pugliese possa fare miracoli.
In tema di miracoli, qualcuno aveva sperato che riuscisse quello di vedere una fuga corposa e interessante andare al traguardo di Arcalis: certo, perché noi eravamo rappresentati nel gruppo di 17 da uomini come Bettini, Vanotti (secondo attacco in due giorni), Guerini, Marzano e soprattutto Pellizotti (tra gli iniziatori dell'azione) e Cunego. Damiano ha anche potuto contare a lungo sull'aiuto proprio di Marzano, che si è sacrificato per il capitano prima dell'ascesa finale, ma ugualmente non ha saputo rispondere in prima persona quando la situazione si è infiammata. Poco male, preferiamo essere ottimisti e pensare che tentare (e centrare) la fuga sia già stata una bella risposta da parte del veronese.
Tra gli attaccanti c'era anche Gómez Marchante, che ci ha riprovato e ha ancora una volta aperto la strada all'azione (sperata) del suo capitano Piepoli. E in effetti proprio Leonardo è stato tra i primi a muoversi, intorno ai 10 km dalla vetta. In quel momento, dei 17 battistrada, erano rimasti solo in due, Turpin e Van Goolen; la Rabobank (che aveva lavorato tutto il giorno per limitare un gap che a tratti aveva superato i 5') aveva ceduto le prime posizioni alla Csc, che con Gustov e Vandevelde (ex fuggitivo) ha tirato un bel pezzo per lanciare l'offensiva di Sastre. Il problema è che quell'offensiva non è mai giunta, e sebbene Carlos - così come Piepoli - sia rimasto in agguato per un paio di chilometri nelle posizioni d'avanguardia, a rompere gli indugi è stato Beltrán, che ai 7 km ha preso ed è andato via, riprendendo gli ultimi attaccanti e rimanendo da solo per un paio di chilometri.
Ai 6 km, dopo uno scatto di Luis Pérez Rodríguez (che poi pagherà tanta verve e arriverà staccato dai migliori), finalmente Piepoli ha preso la sua attesa iniziativa. All'allungo dell'italiano, di nota la reazione pronta ed efficace di Zaugg e Mosquera, con quest'ultimo che ha addirittura tentato un contropiede, prontamente frustrato da Menchov. Il capoclassifica, in effetti, non ha dato prova di temere nessuno, nemmeno per un istante. Del resto, per uno come lui, non nuovo a frequentare le zone alte dei grandi giri, non sarà un turbamento così grande il ritrovarsi ad avere un buon margine su un gruppo di avversari non trascendentali, dovendo badare a controllarli su un percorso non entusiasmante.
Buon per Menchov, quindi, mal per noi, che nell'attesa di qualche quarto d'ora di noia nei prossimi giorni, abbiamo cercato di farci piacere gli allunghi telefonati di Piepoli, oggi: un altro ai 5 km, con annessa risposta di Sastre (e il solito Menchov a ruota a smorzare ogni slancio emotivo). Con l'avvicinarsi del traguardo, la strada un po' spianava, e lo si capiva dall'avvicinarsi di chi si era staccato poco prima. Nel gruppetto di Efimkin (ancora molto positivo) ed Evans, che è rientrato su Piepoli e soci, si è inserito anche Samuel Sánchez, di cui si erano perse le tracce da un paio di km. E addirittura, dopo qualche altra schermaglia intorno ai 2 km (tipo: nuovo tentativo flebile flebile di Sastre, e trenata di Evans per provare a staccare Efimkin che aveva dato qualche vago segno di cedimento), abbiamo visto un altro uomo rientrare a tutta forza da dietro, e scattare sullo slancio: Igor Antón, che ha provato così ad imbastire un interessante e giusto gioco a due col capitano Sánchez. Sull'uomo Euskaltel si è portato subito Piepoli, lasciando presagire un rilancio che non c'è stato.
E così all'ultimo chilometro ce li siamo ritrovati tutti insieme, impegnati in una volata in cui il Nostro non è stato competitivo, e in cui Menchov ha avuto buon gioco a piazzare lo scatto che gli ha regalato il suo primo successo in questa Vuelta. Una vittoria ottenuta col lungo rapporto, lungo rapporto che il russo spera di mantenere anche con la maglia oro, sempre più salda sulle sue spalle.

Marco Grassi

 

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