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Piepoli e Noè: Gero d'Italia - Anziani alla ribalta; bene Di Luca

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Andrea Noè, 38 anni fatti e finiti; Leonardo Piepoli, 36 da compiere; Gilberto Simoni, idem. Aggiungiamoci che Danilo Di Luca va per i 32, e avremo un quadro completo di questo Gero d'Italia 2007. No, niente refusi, è proprio un Gero, in cui il primo arrivo in salita duro, al Santuario della Madonna della Guardia a Genova, viene vinto da Piepoli, che stacca tutti a 5 km dal traguardo e si invola verso il suo terzo successo di tappa in due anni; un Gero in cui la maglia rosa passa dalle spalle di Pinotti, staccatosi come da previsioni sull'ascesa finale, a quelle bibliche di Noè, il più vecchio in gara, compagno di squadra di Di Luca e maggior beneficiario, a questo punto, della fuga fiume di domenica.
Un Gero in cui i due principali pretendenti alla vittoria finale paiono essere Simoni e Di Luca, tantopiù dopo la buona prestazione di entrambi nella tappa di oggi. E i giovani? Guardano; si sacrificano, come ha fatto Riccò per il suo capitano Gibo (poteva e voleva scattare appresso a Di Luca ai 5 km, si è voltato dieci volte per incrociare nello sguardo di Simoni un cenno di assenso, ma quel cenno non è venuto, e Richie Rich è tornato composto al suo posto, al fianco del trentino, e, come aveva promesso, l'ha aiutato a risalire e a ricucire la situazione, cosa che non gli ha impedito di prendersi poi il quinto posto di giornata); si staccano, come hanno fatto Nibali e poi Pozzovivo; scattano in maniera veemente, come ha fatto Schleck (che ai 4 km è andato appresso a Piepoli, per poi essere ripreso da Di Luca e chiudere al terzo posto); oppure continuano a vivere in un limbo di incertezza: e questo è Damiano Cunego.
Qui si apre la pagina più sconcertante della giornata. Non tanto per il risultato in sé: settimo di tappa, perdendo davvero poco da Riccò e Savoldelli, appena di più da Simoni, non troppo da Di Luca, non è un risultato che dovrebbe indurre a mettersi le mani nei capelli. Il problema è quello che si conferma essere il completo sganciamento dalla realtà di Damiano, che a fine tappa dice "sono andato meglio di tanti altri", e certo, ci mancherebbe che fosse andato peggio dei velocisti o di quelli che sono al Giro per modo di dire; è andato peggio di tutti quelli che lotteranno per la maglia rosa, questa è l'unica verità che conta, e non accorgersene è grave. Così come è grave sostenere di non essere uno scattista, quando al Giro del 2004 proprio i suoi scatti avevano fatto innamorare migliaia di appassionati. Che cosa è cambiato da allora? Chi risponde alla domanda, lui in prima persona, il suo ds, il suo preparatore?
Partito per dominare il Giro, il veronese non ha ancora deciso se essere carne o pesce. Nel frattempo, fa lavorare molto la squadra per annullare la fuga del mattino (Parra, Hincapie, Baliani, Losada, Ardila e Dupont), ma sulla salita finale non fa neanche uno scattino. Patisce, è il primo ad aprirsi la casacca, soffre il caldo, boccheggia, è sgraziato in bici e non dimostra mai, nemmeno per un secondo, di poter fare la differenza. Si difende (ma da cosa, visto che deve recuperare su Di Luca?), limita i danni, e dà appuntamento a tutti alla terza settimana, quando finalmente uscirà allo scoperto. Il problema è che nell'ultima settimana c'è giusto lo Zoncolan, che però, per la sua esagerata durezza, paradossalmente non farà gravi sconquassi: tutti andranno piano, e ciò permetterà a molti di limitare i danni. Un Cunego in grandissima giornata, non potrà guadagnare più di un minuto sui principali rivali, ma già questo sarebbe un mezzo miracolo. Poi non rimane che la crono: è lì che Cunego farà la differenza? Brividi.
Il punto è che non è dato di ricordare un grande favorito di un Giro che perde terreno ad ogni occasione. Dopodomani si va sul Colle dell'Agnello, subito dopo c'è la cronoscalata di Oropa. Damiano non può cincischiare oltre. Non può permettersi di arrivare alle Tre Cime di Lavaredo, domenica, con altri ritardi accumulati nel frattempo. Certo, non favorisce il suo risveglio stare in una squadra il cui ds, con 6 uomini a tirare in quel momento, chiarisce serafico che "non tocca a noi fare la corsa oggi". Tutto molto bello.
Finisce così che, tra i favoriti, quello visto meglio è proprio Di Luca: aveva il fuoco dentro, se è vero che a 5 km dal traguardo ha già fatto un bello scatto, che l'ha portato a guadagnare una decina di secondi e a capire che era troppo presto per muoversi: rialzatosi e fattosi riassorbire da quelli dietro, Danilo (che comunque si sarebbe dovuto risparmiare questo passaggio a vuoto, che gli costa una piccola perdita di carisma) ci ha riprovato ai 3 km, e stavolta è andato via. Troppo tardi per riprendere Piepoli, ma sempre in tempo per scavare un altro fossetto tra sé e gli altri rivali, che ora in classifica inseguono a 1'31" (Cunego), 1'42" (Savoldelli), 2'08" (Riccò), 2'26" (Simoni).
Capitolo Gibo: non prontissimo a rispondere al primo attacco di Di Luca, ma poi è venuto fuori, eccome se è venuto fuori. Sul terreno preparatogli da Piepoli e Riccò, il capitano della Saunier ha allungato su Cunego e Savoldelli, guadagnando quei secondi che non gli faranno certo vincere il Giro, ma che gli daranno una buona serie di certezze in più, e mettendoli in cascina proprio sulle rampe più dure della scalata al Santuario. Riccò ha controllato, è rimasto per un po' con Popovych subito dietro al suo capitano (poi l'ucraino è andato a farsi un giro nell'ultimo chilometro), ha subìto il rientro di Savoldelli e Cunego ma poi li ha battuti in volata.
Il Falco, invece, sembrava predisporsi a una giornata di sofferenza, ma dopo un leggero impasse a inizio salita, si è ripreso e ha chiuso bene. Dopodomani ci saranno belle discese, tra Agnello e Izoard, e questo Savoldelli ha già vinto due Giri che non avevano padroni, quindi non conviene proprio a nessuno dimenticarsi che lui c'è ed è ben sveglio.
Gli altri: ottima tenuta di Noè e Bruseghin, che pur dovendo lavorare per i rispettivi capitani, hanno salvato il primo e il secondo posto nella generale. E buono anche Arroyo, che al momento è terzo in classifica e che a Genova ha perso solo 34" da Di Luca. Ce ne sono, di cagnacci in quelle prime posizioni: Vila quarto e Petrov quinto, per esempio. Meno scintillante Sella, che ha attaccato a 4 km dalla fine ma è subito rimbalzato indietro, confermando che la gestione delle proprie risorse non è la migliore delle sue caratteristiche. Comunque è lì, e nei dieci (in questo Giro) ci può stare comodo.
Due altre parole, poi, per Andy Schleck: il suo allungo è stato di pregevole fattura, ma alla lunga (lunga, poi: parliamo di soli 4 km) il lussemburghese ha pagato dazio, arrivando praticamente boccheggiante al traguardo. Ha dei bei numeri, il ragazzo, ma pare ancora acerbo per dire la sua in chiave di classifica finale. Se però ci regala qualche altro sprazzo come quello odierno, ne saremo solo contenti.

Marco Grassi    

 

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