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Burghardt King a Gand - Troppe terribili cadute sul Kemmel

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È sempre bello celebrare la prima vittoria da professionista di un ragazzo, se poi quella vittoria viene dopo una gran bell'azione, per nulla scontata, e in una classica importante come la Gand-Wevelgem, proprio nel mezzo della "settimana santa" (come sono soprannominati in Belgio gli otto giorni di Fiandre, Gand e Roubaix), è ancora meglio. Così Marcus Burghardt, giovanottone poderoso della T-Mobile, oggi s'è andato a prendere, con una condotta di gara accorta, intelligente ed anche un tantino attendista (qualcuno forse azzarderebbe "da succhiaruote", ma vedremo poi perché non è così) una corsa voluta e meritata, anche alla luce delle precedenti prestazioni di questo inizio di stagione nelle corse col pavè, seppur minori, con il GP Harelbeke in primo piano, quando andò appresso a Boonen e si guadagnò la terza piazza dietro lo stesso belga e Cancellara.
Con un pizzico di cattiveria e di sarcasmo, si può anche dire che si nota, da questa Gand-Wevelgem, che il team tedesco in maglia magenta abbia cambiato dirigenza e parecchi dei direttori sportivi in macchina: e così oltre alla vittoria di Burghardt, si ritrovano con Hammond in seconda posizione; abilissimo il britannico ad inserirsi nella fuga del mattino (con Mengin, che poi sarà quinto, e Brard, che invece si staccherà per mancanza di energie quando mancheranno una dozzina di km al traguardo) e poi brillante nel marcare gli avversari più pericolosi del quintetto di testa, e cioè Freire e Ventoso.
Strano in effetti vedere due spagnoli davanti in una corsa belga, ma in questo (Van der) Flecha ha fatto un po' da esempio e da spartiacque: lo stesso Freire ha già vinto in Belgio alla Freccia del Brabante, Ventoso è da sempre indicato da Andrea Tafi come un ciclista più che promettente sul pavè, la Quick Step si è andata a prendere Carlos Barredo che tra Fiandre e GP Cerami, nel 2005, si fece notare con ottime prestazioni. Però guardare un'azione di due ruote veloci (veri e propri "velocisti" non lo sono) alla Gand-Wevelgem, dopo il secondo scollinamento dal Kemmelberg, fa sempre effetto, soprattutto quando pensiamo al fatto che il velocista da tutti indicato come il più forte negli ultimi cinque anni, e cioè Alessandro Petacchi, ha necessariamente bisogno di una squadra in forma e schierata negli ultimi km per provare a giocarsi la corsa. C'è rammarico, perché anche Cipollini nel 2002, qui dimostrò che le vittorie le si può anche andare a conquistare, invece che aspettare che si presentino davanti alle ruote con l'inchino ed il lasciapassare. Poi oggi Petacchi non è giudicabile, se è vero che le cadute di Velo e Sacchi gli han fatto rompere la bici per evitarli e l'hanno costretto a fare marcia indietro verso l'albergo. Altro buco nell'acqua per Ale in Belgio, dopo il Fiandre dell'anno scorso che lo rigettò e il 3° posto ottenuto proprio a Wevelgem dietro ad Hushovd e Kopp: praticamente una mezza sconfitta.

 

Dicevamo della fuga del mattino, e parliamo dunque del tempo speso dal gruppo per organizzarsi in qualcosa che somigliasse ad una rincorsa verso i battistrada: nessuno è sembrato così determinato per portare a termine l'inseguimento. In parte la Csc di O'Grady, la Predictor di McEwen, la Quick Step di Boonen e la Liquigas di Paolini han provato qualcosa, ma troppo timidamente per impensierire le gambe in condizione dei tre davanti. Poi il Kemmelberg ha chiarito un po' di idee: e cioè che Ventoso era assolutamente in palla, oggi, e soltanto una scriteriata tattica di gara, e forse un pochino di inesperienza in finali così convulsi come quelli in Belgio, non gli hanno permesso di ottenere un risultato migliore del quarto posto conquistato alla fine dei 207 km odierni.
E poi Marcus Burghardt, che per ben due volte ha curato la ruota dello spagnolo e che alla fine è riuscito, complice la situazione tattica favorevole (Freire e Ventoso hanno dovuto inseguire i battistrada, tra cui Hammond, e il tedescone ha potuto non tirare in maniera "giustificabile"), a portarsi a casa la corsa.
Oltre la salita del Kemmelberg, però, oggi c'era anche la discesa del Kemmelberg: tutti sanno che è pericolosa, e difatti oggi tutti si sono affrettati nel ringraziare il cielo per il bel tempo. Con la pioggia, difatti, quella discesa può essere infernale. Però, per un infimo scherzo del destino, oggi cotanta discesa ha fatto più feriti di ogni altra edizione: ha iniziato Casper, in maniera tanto terribile quanto scioccante, a finire con la faccia (e il naso, e i denti, e il labbro superiore) sui sampietrini; poi Haussler, ancora Corioni, Roberts, Cretskens, Farrar, De Vocht, per poi passare – durante il secondo passaggio – con i già citati Velo e Sacchi, con Hayman, Vanlandschoot, Vierhouten, e chissà quanti altri, finiti gambe all'aria lungo quelle poche centinaia di metri.





Nota sicuramente negativa per l'Organizzazione. Lo spettacolo è bello, fa divertire, ma l'epoca dei gladiatori e dei pollici versi negli anfiteatri è terminato da un pezzo; se un tratto è pericoloso, lo si elimina, lo si migliora, al massimo si inverte la rotta (fare il tratto di discesa in salita e il tratto di salita, molto più regolare, in discesa non sarebbe stato un dramma, magari solo fino a un miglioramento dello stato del lastricato).
E tra feriti più o meno gravi Ventoso e Burghardt, dapprima, provano ad andarsene; però il tedescone, come già detto, ha Hammond davanti e non aiuta lo spagnolo. Ventoso, dopo aver inveito contro il collega, capisce che è meglio aspettare tempi (e compagni) migliori.
Tutti dietro, ma stavolta a provarci è Oscar Freire. Nientepopòdimenoché. A Ventoso non sembra vero, e riparte tutto convinto alle ruote del connazionale; neanche a Burghardt sembra vero, e si riappiccica come una mignatta alle ruote dell'uomo Saunier Duval. Da parte sua a Ventoso non sembra vero due volte, e non gli sembrerebbe vero di avere una carabina giust'appunto nascosta tra la barretta energetica e la borraccia di sali minerali. E difatti non ce l'ha, e si deve accontentare di imprecare in dodici lingue per la nuova presenza del lungagnone di Aldag.
Freire e Ventoso vanno d'accordo, se arrivano davanti possono giocarsela in volata, e Burghardt è più che d'accordo con loro: se lo portano davanti, difatti, ha un compagno che può favorirlo tatticamente. Raggiungono i tre davanti, che sono anche comprensibilmente stanchi. I due spagnoli hanno tutto l'interesse che la fuga arrivi all'arrivo e quindi passano avanti senza indugi. Hammond rifiata, Mengin pure, Brard prova a collaborare, ma poi pagherà la stanchezza. Dietro sono solo Quick Step e Predictor, con un uomo a testa, a tirare, e la fuga guadagna sempre più secondi con sempre meno km da percorrere per arrivare nell'abitato di Wevelgem.





Poi un ragazzo che di cognome fa Cancellara passa a dare il cambio: in 700 metri i 50 e passa secondi di vantaggio dei cinque fuggitivi scendono a 37". Incredibile lo svizzero. Un fantasma alla Tirreno (ma aveva l'influenza, secondo le fonti ufficiali), devastante sin da Harelbeke nei tratti di pianura qui al Nord. Però paradossalmente questa grande potenza gli si ritorce contro, se è vero che il gruppo, che nel frattempo si era letteralmente sfilato dalla ruota dello svizzero, ha dovuto fare molta fatica in più per cucire lo strappo con l'uomo Csc e quindi non ha potuto continuare il lavoro regolare per andare a riprendere i cinque davanti, che infatti – una volta ripreso Fabian – hanno continuato a guadagnare, nonostante Predictor (sopra tutte) e Quick Step.
Quando manca 1 km dalla fine parte, seppur molto timidamente, Hammond, sulla destra: Freire, che prima s'era parlato con Ventoso, gli si incolla alla ruota. Ventoso rimane davanti a Burghardt. È chiaro quello che si son detti; ne marcheranno uno a testa, tanto Mengin sarà sicuramente stanco e neanche ci proverà. Ventoso riporta sotto il tedescone, che infatti, appena presa la scia di Freire, parte con una rasoiata, questa sì decisa, ancora sulla destra. Freire non reagisce, aspetta Ventoso, che però è sorpreso e ci mette un po' a trovare il varco sulla sinistra. L'attimo in più, fatale, permette a Burghardt di guadagnare 50 metri di vantaggio; Freire, immaginiamo un po' spazientito, decide di provare in prima persona, ma un formidabile Hammond gli si incolla alla ruota, gli fa da peso psicologico, e poi lo batte anche nella volata per la seconda posizione.

In Spagna, invece, il gruppo, con Saunier Duval ed Euskaltel in testa, si permette il lusso di sottovalutare una fuga che al suo interno annoverava corridori come Ángel Vicioso, Patxi Vila, "Chechu" Rubiera e Jens Voigt (tra gli altri). All'ex Liberty Seguros non pareva vero di poter contare su un "bonus" di 2'40" da salvaguardare fino a fine corsa; e dire che Vicioso, nonostante OP che l'aveva appiedato dalla scorsa estate, era tornato con un 2° posto ottenuto alla Vuelta a Murcia dietro Valverde, e quindi le sue qualità erano intatte. Probabilmente la Saunier ha voluto sgravare il giovane Cobo Acebo dalla leadership, anche per poter permettere alle proprie tre frecce (lo stesso Cobo, il vincitore uscente Gómez Marchante e l'altro capitano Gil), anche quattro se aggiungiamo Camaño, in fuga oggi, di essere le variabili impazzite di questo Giro dei Paesi Baschi.
Una corsa a tappe fin qui durissima, con pochissima pianura, che rischia – se affrontata in una cera maniera – di mandare anche fuori giri qualcuno in vista delle Ardenne: e tutto questo ci porta a parlare di Valverde, che nella tappa di ieri ha perso qualche secondo nei confronti di corridori come Samuel Sánchez, Cunego, Rebellin, lo stesso Gil; tutti corridori che tra Amstel, Freccia e Liegi, soprattutto in Belgio, possono dargli del filo da torcere, e pagare oggi dei secondi non è un gran bel segno per il murciano, che potrà comunque contare su un Rodríguez Oliver assolutamente in palla e che già l'anno scorso gli consegnò praticamente la vittoria nella Doyenne.
Da domani la Relax (forte comunque di corridori come Mancebo, Sevilla, Santi Pérez, Elias, Sánchez Pimienta) dovrà avere mille occhi, anche perché la conformazione altimetrica delle tappe non lascerà respiro a nessuno; Vicioso ha dimostrato di essere in palla, ma non basterà. Servirà concentrazione e spirito di squadra, perché la Saunier, ma anche l'Euskaltel, e, perché no?, la Gerolsteiner di Rebellin e la Lampre di Cunego (Di Luca invece ci sembra un po' più in difficoltà), le proveranno tutte per scalzare l'attuale leader dal trono di questa corsa.

E per finire in bellezza, salutiamo anche il ritorno al successo di Paride Grillo al Circuit de la Sarthe, dove ieri ha vinto Furlan e dove, in entrambe le tappe, il battuto è stato il tedesco Förster (già vincitore nella tappa di Milano al Giro 2006). Un successo che era necessario a Grillo per buttarsi alle spalle alcune brutte vicissitudini di questo inizio di stagione, il ritorno difficoltoso alla Tirreno, una Sanremo sottotono, e soprattutto tanti giovani velocisti che si stanno mettendo in mostra. La vittoria della semitappa di oggi (l'altra, a cronometro, è andata al tedesco Klöden, un altro che sulle Ardenne potrà dire la sua) è importante soprattutto per il morale. Ed anche perché, con un Petacchi così sottotono ad un mese dal Giro, l'Italia-veloce ha bisogno di altre cartucce da poter sparare, ed affiancare al nome di Napolitano quello di Paride Grillo è e sarà sicuramente un bene.

Mario Casaldi    

 

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