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Un brindisi a Vinokourov - Le nostre pagelle della Vuelta

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Alexandre Vinokourov - 10
Noi tapini gli avevamo pronosticato un inizio difficile, vista l'ubicazione di tre tappe di montagna nelle prime nove frazioni di questa Vuelta 2006. E l'Alto de Covatilla ci aveva dato questa mezza certezza, dato il distacco patito (21esimo a 2'32" da Di Luca). Poi è iniziato settembre (toh, sembra il titolo di un film), e Vino si è ritrovato all'attacco verso l'Alto de el Morredero, e vincente prima a Lugo e poi, successo ben più importante, sull'Alto de Cobertoria. Serviva fantasia per spodestare Valverde dal trono, però, e Vino se n'è accorto un giorno prima dell'impresa di Granada, sulla strada per Calar Alto. In salita il murciano lo teneva bene, serviva attaccarlo da lontano, serviva una fantasia ed una tattica mirata. Spregiudicato, coraggioso, matto quanto basta, generoso coi collaboratori (Danielson a Granada, il delfino Kashechkin a Sierra de la Pandera), ha rischiato addirittura di insidiare seriamente la maglia blu a punti al vikingo Thor. Cin cin, Vino.

Alejandro Valverde - 8,5
A 26 anni il fuoriclasse murciano aveva conseguito nelle grandi corse a tappe "appena" un 3° ed un 4° posto alla Vuelta, la corsa di casa, più una tappa di montagna al Tour de France. Un po' poco per uno con la sua classe. Al Tour gli avevano fatto fuori mezza concorrenza, ma Joly gli mise fuori causa una clavicola; alla Vuelta è stato bene, benone, fino a Calar Alto, ma lì ha sbagliato tremendamente la tattica attendista nei confronti di Vinokourov. Lo guardava in viso, dava la sensazione di potergli dare qualche secondo di distacco (non necessario per la classifica, pressoché fondamentale per il morale), e non solo grazie agli abbuoni. Verso Granada s'è fatto mettere (ed Echavarri ed Unzue con lui) in mezzo dagli uomini Astana, poi ha perso completamente la testa (casacchina aperta, esortazioni a due concorrenti per la classifica generale, panico totale) durante l'inseguimento a Vinokourov, conclusosi con lo spodestamento del reuccio. Altre batoste, seppur contenute, sull'ultima salita ed a cronometro. Strano che uno con le sue doti vinca una sola tappa (in maniera stupenda, tra l'altro). Ha fatto comunque un passo avanti, ma è ancora da calibrare.

Andrey Kashechkin - 9
Ce lo aspettavamo forte, per carità, perché Germania e San Sebastián ci avevano detto che era in forma, ma non così forte. Non solo il 3° posto - e primo podio in un GT - finale davanti a Sastre e Gómez Marchante, ma l'importanza tattica nelle tappe decisive di questa Vuelta che parla con un accento tremendamente kazako. Verso Granada si avvantaggia sull'Alto de Monachil e poi "lancia" Vinokourov all'attacco in discesa; a Sierra de la Pandera rompe gli indugi dopo il buon lavoro dei Caisse d'Epargne (e il non-scatto di Valverde) e favorisce la sparata del proprio capitano. Come se nulla fosse, si incolla alla ruota di Gómez Marchante e lo stacca per andare a riprendere Vino e vincere la tappa. Curiosità singolare: pare, difatti, che abbia qualche grado ufficiale (tenente?) nell'esercito kazako.

Carlos Sastre - 7,5
E sì che fa quasi tenerezza, a vederlo lì davanti, dopo aver visto la stessa scena in maggio (al Giro) e in luglio (al Tour). E se al Giro d'Italia pilotava un certo Ivan Basso (1° il varesino, 43esimo lo spagnolo), al Tour s'è dovuto (re)inventare capitano in quattro-e-quattro-otto, strappando un ottimo 3° posto (dapprima era 4°, e c'è ancora una causa in corso). E poi la Vuelta, dove è partito bene ed ha terminato un po' in calando, come prevedibile tra l'altro, ma mostrando una tenacia ed una resistenza non comuni. 43esimo, 3° e 4° nei tre GT 2006; Lejarreta si scansi, deve far spazio a Sastre.

José Angel Gómez Marchante - 6,5
Per essere coraggioso lo è, e questo per uno che di mestiere fa lo scalatore è buona prerogativa; però difetta un pochino di tempistica, scegliendo male i tempi degli attacchi oppure scegliendo bene i tempi, ma sbagliando ciglio della strada (per poi mandare a quel paese i motociclisti; scherziamo, ovviamente, a Sierra de la Pandera la colpa è stata tutta dei commissari-operatori tv-fotografi in moto). Migliora l'ottavo posto di due anni fa con una bella 5a piazza finale, condita da qualche timido tentativo di sortita in salita ed una giornata di appannamento (semi)totale (se non l'ha ancora fatto, che ringrazi Piepoli!) nella tappa di Calar Alto, dopo il secondo giorno di riposo.

Samuel Sánchez González - 8
Che bello vederlo pedalare. Stile impeccabile, riesce quasi a creare con ogni pedalata una piccola opera d'arte. E l'opera gli riesce meglio se lo si fa disegnare in discesa o in curva. Vince la tappa di Cuenca contrattaccando all'allungo effettuato da Valverde e Bettini sull'ultimo Gpm, addirittura sorseggiando dalla borraccia nell'ultimo chilometro, col gruppo in preoccupante rimonta (distacco finale: 0"). Prova anche qualcosina in salita, ma le lunghe ascese non sono propriamente il terreno dell'asturiano (è l'unico non-basco dell'Euskaltel), e allora le tante curve veloci da affrontare nell'ultima - breve - cronometro gli fanno sfiorare il bis di tappa nella prova contro il tempo. Il 7° posto finale suggella la sua grande prestazione.

Denis Menchov - 3
Annata da dimenticare, a parte la tappa pirenaica vinta al Tour e il bell'attacco (con Mayo e Sastre) a San Sebastián. Si capisce subito che non è in grado di lottare, né di reggere il ritmo dei primi, e la prima salita coincide in pratica col canto del cigno russo. Non parte all'undicesima tappa, mestamente, col numero 1 sulla schiena ereditato dalla squalifica postuma di Heras dal gradino più alto del podio spagnolo di un anno fa. Assolutamente da rivedere.

Thor Hushovd - 8
Il gigante norvegese se l'è dovuta sudare la maglia blu (a pois gialli) della classifica a punti: eh sì, perché se il buon Thor non si fosse inventato una decina di sprint intermedi vittoriosi (quando, all'epoca, pochi o nessuno si spiegavano il perché, visto che il 2° - di solito Ventoso - era anni luce dietro allo scandinavo) e qualche fuga architettata ad hoc proprio per lo stesso motivo, forse Madrid avrebbe visto premiare Vinokourov anche in questa particolare graduatoria. E dire che Thor s'è nuovamente dimostrato un po' impacciato con gli sprint troppo numerosi; impossibile, difatti, che l'uomo più veloce del gruppo (con l'assenza di Petacchi, Boonen e il ritiro poi di McEwen) lasci tappe ai vari Ventoso e Förster, ed addirittura vinca al fotofinish contro Greipel, illustre sconosciuto o quasi. Non è un caso difatti, che tra Tour e Vuelta (al Giro non è ancora mai venuto) sia riuscito a levare le braccia al cielo solamente in occasioni di sprint con pochi avversari (parliamo di quantità, non di qualità).

Francisco Ventoso, Robert Förster - 7
Lo spagnolo ed il tedesco riescono a calare un bel jolly per uno, e in una corsa zeppa di ruote veloci come questa non era affatto facile riuscire a mettere il muso fuori. Per lo spagnolo si tratta del primo successo veramente prestigioso, mentre per l'uomo Gerolsteiner si tratta di una bella conferma, visto che come prestigio il traguardo finale di Milano al Giro è ben altra cosa rispetto ad Almussafes e la sua Factoría Ford. Il primo inscena durante i primi giorni anche una bella lotta con Hushovd per la maglia blu, ed addirittura (come Thor) ci prova con una fuga, ahilui senza successo.

Erik Zabel - 9
Due tappe nello stesso GT non le vinceva dal 2003, "Herr Sanremo", e proprio dalla Vuelta a España. A distanza di tre anni il buon Erik torna a servire il bis, e lo fa con due tappe che sono innanzitutto due capolavori di esperienza (e di forza, ci mancherebbe). In entrambe le volate, si appiccica alle transenne di destra della sede stradale e scavalca Velo soltanto a poche centinaia di metri (poco meno di 200) dal traguardo. A Cáceres vince senza storia, beffando tutti per scelta di "corsia" e tempistica; a Madrid deve contenere il ritorno rabbioso di Hushovd, e ce la fa per mezza ruota. Tre anni fa, dopo le due tappe alla Vuelta, vinse la Parigi-Tours; ma in Francia vinse anche lo scorso anno, e senza vittorie alla Vuelta (4 secondi posti, però). Insomma, occhio a Salisburgo.

Robbie McEwen - 4,5
Puntava una vittoria, probabilmente senza scomodare i 15 successi di tappa fatti registrare da Alessandro Petacchi nel 2003 (6 al Giro, 4 al Tour, 5 alla Vuelta), ma semplicemente per vantarsi di aver vinto almeno una frazione, nello stesso anno, nei tre GT. Si presentava in Spagna con tutte le credenziali, MagicEwen, che nel carniere vantava due belle triplette, ovviamente ripartite tra Italia e Francia. Si fa lanciare da Fred Rodriguez in Spagna, Robbie, e se il 4° posto della 2a tappa ci aveva fatto pensare ad un cattivo "pilotaggio", ecco che il 5° posto della 3a ed il 9° della 4a tappa ci hanno fatto capire che la gamba non era proprio pronta a far meglio. E allora alla 5a tappa finisce fuori tempo massimo in salita, ottiene il nullaosta da Unipublic per le altre corse del calendario, e va in Belgio e Francia a vincere Parigi-Bruxelles e piazzarsi al Gp de Fourmies. Ma in Spagna il piatto ha pianto. Tanto.

Iban Mayo, Haimar Zubeldia - 3
Il primo ci ha provato a Sierra de la Pandera, ma s'è fatto staccare da Egoi Martínez e Luis Pérez (non certo due fulmini di guerra) su un Gpm di 2a categoria. Il secondo non è proprio pervenuto alle cronache, e sì che qualche appassionato lo cercava (i motivi ci sono tuttora sconosciuti, magari un regolamento di conti dopo una scommessa onerosa) anche solo per leggere il nome e sincerarsi che fosse Haimar, e non Joseba (il fratello "minore"), a correre la Vuelta. In realtà il secondo si è ben comportato al Tour, e chiedergli due belle prestazioni in due GT, in un anno, è forse sintomo di sopravvalutazione; sul primo, però, dateci la consapevolezza che anche voi, come noi, quando lo guardate (volare, o crollare) e lo leggete (se è davanti è spesso primo, altrimenti buio) non ci capite niente. E dire che quando è in condizione (soprattutto mentale) sale su quei pedali che è una meraviglia.

Oscar Pereiro Sio - 4
Ha un'umiltà da 8, perché al suo posto qualunque "atteggione", dopo la vittoria al Tour de France, si sarebbe eretto a primo della classe e si sarebbe rifiutato, anche con sdegno e, magari, sorpresa mal celata, di fare da gregario a qualsivoglia capitano, anche se giovane ed oggettivamente molto forte come Valverde. Però, francamente, il suo apporto è impalpabile. In salita lascia lavorare spesso (se non sempre) altri compagni (Arroyo, Rodríguez Oliver - seppur con la pesante tirata d'orecchie per il comportamento tenuto da quest'ultimo a Sierra de la Pandera, quando stava quasi per staccare il proprio capitano in temporanea difficoltà - e Karpets su tutti, ma anche Horrach e Zandio), nelle fughe da lontano non s'inserisce mai (avrà pensato che fare due 6 al SuperEnalotto a distanza di due mesi sarebbe stato impossibile?), non lotta neanche per un tappa, per poi farsi vedere a Lugo, davanti alla sua gente, e a Madrid, nel circuito finale. Due fughe per i fotografi, in pratica; ma magari a Valverde sarebbe servito un uomo importante da giocare tatticamente, soprattutto verso Granada. Spaesato.

Tom Danielson - 7,5
Un corridore che migliora la propria posizione, seppur di un solo posto, dopo un anno è già degno di lode. Se poi lo fa inscenando un bellissimo attacco in una delle tappe tatticamente più complicate della corsa come quella di Granada, riuscendo ad anticipare la bagarre dei big, staccando tutti i compagni di avventura, resistendo al sorpasso di Vinokourov negli ultimi km, riuscendo a collaborare col kazako per assicurarsi la vittoria di tappa, e poi vincendo la tappa, beh, a noi la cosa piace, ed anche abbastanza. Ci si aspettava forse qualcosina di più sulle salite secche e parecchio pendenti, ma ha saputo fare di necessità virtù ed ha anche lasciato il giusto spazio ai proprio compagni di squadra (Beltrán 9° e Devolder 11esimo - degli altri parliamo più sotto - lo testimoniano).

Danilo Di Luca - 6,5
Il 30 agosto lo abbiamo amato, con quella tappa vinta di forza e prepotenza e quella maglia amarillo indossata con gioia ed anche un po' di stupore, se vogliamo dirla tutta. Ci ha portato per mano sulle strade della Vuelta, Danilo, e lo ha fatto anche con chi si era affacciato un po' timidamente a questa terza grande corsa a tappe dell'anno. E se poi quel qualcuno è rimasto a guardare le lotte per le tappe, la battaglia tra Vino e Valverde, e tutto il resto, un po' di ringraziamenti li deve soprattutto all'abruzzese. Che fa le prime due settimane nei primi 10 della classifica generale e senza patire troppo i ritmi in salita di chi lottava per la vittoria, al contrario suo che aveva già dichiarato di essere lì per affinare la gamba verso Salisburgo. La tappa di Granada (s'è capito che è stata la tappa decisiva?) gli ha "consigliato" di uscire di classifica (da 7° passò a 18esimo della generale) per poi ritirarsi il giorno successivo, a quattro tappe dalla conclusione. Gli auguriamo le migliori fortune a Salisburgo, ci mancherebbe, anche perché in caso contrario il nasino ci si storcerebbe ancora un pochino di più, visto che facciamo fatica a non tacciarlo di mancanza di concretezza (perché mandare all'aria una top-10 alla Vuelta visto che non pareva così complicato raggiungerla?).

Rabobank - 3
Erano arrivati con la fanfara dei bersaglieri, dall'Olanda: Menchov vincitore uscente (seppur incoronato il giorno prima della partenza di quest'anno), Rasmussen scalatore rampante (e con soli 50 km di crono era uno spauracchio, sulla carta, per molti) e la sempre valida alternativa Ardila (nella top-10 lo scorso anno); Freire aveva invece preferito la Polonia, anche per scarsa forma, ed il ritiro dalla corsa dell'est del tricampeon mondiale è segno di coerenza. Menchov salta subito all'indietro (3'37" da Di Luca); Rasmussen prende 12'53" di distacco sulla prima salita; Ardila si ferma a 4'23". Poi Menchov si ritira, gli altri due provano delle fughe, ma non tengono il ritmo dei rispettivi compagni sulle salitelle, ed accettano un ruolo di secondo e terzo piano. Rasmussen neanche finisce la corsa, Ardila sì (ma non si nota; 67esimo a più di un'ora e quarantasette da Vinokourov), e il team olandese se ne torna a casa con 0 successi ed appena 1 (uno!) piazzamento nei 10 nelle varie tappe (l'8° posto di Horrillo ad Almendralejo, 3a tappa).

Astana Team - 9
Cinque tappe cinque. Tripletta di Vinokourov, sigillo di Paulinho e perla di Kashechkin in maglia di campione nazionale. E poi Redondo fortissimo verso Calar Alto, e poi ancora Paulinho e Kashechkin sull'Alto de Monachil, quando dapprima gli stessi corridori s'erano avvantaggiati (seppur il secondo solo per qualche km) con Yakovlev e Barredo sull'Alto de Albondón, primo gpm di giornata. E poi due corridori del Kazakistan sul podio, e poi lo stesso Paulinho nella top-20 della classifica generale. Parlando di sport, difficile trovare un neo alla Vuelta del neonato team kazako/svizzero.

David Millar - 7
545 centesimi di secondo davanti a Fabian Cancellara. Torna così alla vittoria David Millar, pietra dello "scandalo" ciclistico non più di un paio d'anni fa, con titolo mondiale a cronometro revocato insieme a qualche altro successo più o meno importante (tappe al Tour, etc.) dopo una "confessione pilotata" (era stato messo alle strette, ma ammise di non poterne più) riguardo alcune pratiche dopanti. Vince a cronometro, Millar, nell'esercizio che lo rivelò al ciclismo di primo piano e cerca anche qualche fuga, ovviamente alternando tappe di "riposo" a tappe di "combattimento". Nell'ultima crono paga evidentemente lo scarso recupero dalle fatiche di montagna, ed il suo messaggio post-vittoria ("Nel ciclismo è possibile vincere da puliti") è così talmente conciliante con questo sport che, per una volta, vogliamo anche credere alle dichiarazioni pubbliche di uno "dell'Ambiente".

Igor Antón - 7
Non era certamente noto ai più, questo scalatore basco, ma senz'altro si è fatto apprezzare molto più dei tanto decantati Mayo e Zubeldia, tanto per dirne due non a caso. Trova una stella cometa sulla strada verso l'Osservatorio Astronomico di Calar Alto, e l'eccessivo marcamento tra Vinokourov e Valverde gli spiana la strada verso il successo. Attenzione, però, non pensate sia stato regalato quel successo: Anton è stato il primo a provarci nel gruppo dei migliori, ed è stato bravo a non mollare quando i due leader della corsa lo avevano recuperato. È stato primo e poi terzo per un paio di volte, finché non ha trovato l'attimo finalmente decisivo per prendere un po' di margine e festeggiare un bellissimo successo di tappa. Termina la Vuelta con una 15a posizione che, a 23 anni (e al secondo anno tra i pro'), non è assolutamente da trascurare.

Paolo Bettini, Luca Paolini - 7,5
Come poter scindere i giudizi? Una tappa per uno, rispettivamente in volata (e che volata!) il toscano, in fuga (e che contropiede!) il lombardo. Quando Paolini arriva 1°, Paolino arriva 3° (Guadalajara, 12a tappa); quando Bettini arriva 1°, arriva 3° Bettino - Luca ci perdonerà il gioco di parole - (Córdoba, 2a tappa). Paolini prova la sparata a Lugo, Bettini prova la fuga "pazza" verso l'Alto de la Cobertoria; entrambi più per testare la gamba che per provare a conseguire il risultato pieno. Che dire (senza costringervi a toccare ferro o altro)? I presupposti ci sono, e firmeremmo ora perché la strana coppia Paolino Bettini & Bettino Paolini possa regalarci un 1° e un 3° posto tra una settimanella, in uno Stato a noi confinante; e che l'ordine lo decida pure la strada (e piazzi anche qualche straniero che non sia Boogerd - lo diciamo per le coronarie dell'olandese - tra i due).

Egoi Martínez de Esteban - 7,5
La fuga verso la vittoria di tappa a Burgos ha avuto un qualcosa d'incredibile (fuga di gruppetto, poi azione solitaria, poi lo riprendono in due, poi li stacca di nuovo e vince da solo) che ha testimoniato quantomeno un'ottima condizione di forma. Purtroppo (per noi) quella vittoria di tappa ha regalato al basco emigrato in Discovery anche parecchi punti per la maglia rossa di leader dei gpm in dote, e il tutto è andato a discapito del veronese Caucchioli, che aveva individuato nella "camiseta roja" l'obiettivo principale della propria presenza in terra iberica. Da lì in poi è stata tutta una fuga, e tutta una volata su ogni colle di 3a, 2a o 1a categoria. Così facendo, s'è portato anche al 12° posto della classifica generale, e scusate se è poco.

Janez Brajkovic - 7
È del 1983, di dicembre. Ha 22 anni e mezzo, dunque, e si "permette" il lusso di indossare per due giorni la casacca amarillo di leader della corsa. Il tutto grazie alla maiuscola prestazione di La Covatilla, l'unico a resistere allo scatto poderoso di Danilo Di Luca. Il giovanotto, capito che qualcosa di buono poteva combinarla, s'è addirittura mosso in prima persona due giorni dopo, sull'Alto de el Morredero, per andare a riprendere Vinokourov. Non lo impensieriva di certo per la maglia, ma il fatto che si sia mosso (con inesperienza) ci ha fatto piacere. Vuol dire che una maglia di leader dà ancora emozioni che possono non farti sentire la radiolina. Chiude al 30esimo posto, poi, ma per essere il primo GT il bilancio è più che positivo.

Danilo Napolitano, Bernhard Eisel, Alessandro Petacchi - 5,5
L'esordiente che cerca riscontri, il mezzano che cerca condizione per il Mondiale in casa e l'esperto che cerca una nuova confidenza con gli sprint compatti in una grande corsa a tappe. Tornano tutti a casa con un pugno di mosche (in realtà lo spezzino il pugno lo ha utilizzato in maniera diversa, un po' più auto-lesionista), ma tutti con qualche timidissimo segnale per poter guardare con fiducia al futuro: il siciliano può sorridere per il primo podio di giornata in una tappa di un grande giro (col 3° posto di Almussafes, 15a tappa); l'austriaco ha provato la fuga nella tappa vinta da Paolini (la 12a), cercando quindi quelle sensazioni sugli strappi che affronterà nel circuito di Salisburgo; e lo spezzino ha ripreso confidenza con una corsa impegnativa, strappando anche un 4° posto di tappa in quel di León (6a tappa). Rimandati, con serenità.

Ruggero Marzoli, Davide Rebellin - 6
La Lampre era partita puntando forte sul ragusano Napolitano per gli sprint, e poi su Marzano e Petrov per la classifica. A sorpresa, dopo la prime due tappe di montagna il team di Saronni s'è ritrovato con l'abruzzese Ruggero Marzoli 7° nella graduatoria generale. Settimo a La Covatilla, 10° a El Morredero, 2° a Lugo e 7° a Cuenca, s'è dovuto ritirare (non è partito nella 15a tappa) per via di una colica renale. Troppo sfortunato per essere vero. Al momento del ritiro era 10° in classifica e ci scommettiamo che avrebbe lottato fino alla fine per la top-15 (e per una vittoria di tappa). Menzione anche per Davide Rebellin che con le varie fughe tentate e qualche altra bell'azione si è guadagnato nuovamente la fiducia del CT Ballerini per l'Italia di Salisburgo. Non ci era piaciuto molto a Lugo, quando si fece sfuggire Vinokourov, ma lì la squadra lo aiutò oggettivamente poco.

La disillusione - s.v.
Abbiamo giudicato la corsa Vuelta a España 2006 tralasciando volutamente alcuni fatti - preoccupanti- che si sono succeduti in terra iberica. Dapprima ha iniziato Paulinho a farci mettere le mani sugli occhi per evitare di leggere, ma - ahinoi - non siamo riusciti a coprirci: il vincitore portoghese della tappa di Santillana del Mar ha avuto il coraggio di dedicare il successo a Manolo Saiz. Sì, avete letto bene, proprio uno dei maggiori implicati nell'Operacíon Puerto che da fine maggio attanaglia il ciclismo (e non stiamo qui a ricordarvi il perché non abbia intaccato calcio e tennis, tanto per dire altri due sport non a caso, vi basterà tornare indietro di qualche articolo). Wow. E poi la stessa Astana che inizia a fare faville proprio quando, a Lugo, il premier kazako raggiunge la corsa e i "suoi" corridori (Astana è la capitale del Kazakistan e praticamente l'ex-Liberty Seguros è una semi-Nazionale di quel Paese). E poi ancora l'Astana diviene protagonista di un teatrino-burla riguardo l'anti-doping dell'Uci: i commissari, prima della tappa di Almussafes (la 15a), sono arrivati in ritardo, dunque i corridori dell'Astana e dell'Ag2r avrebbero potuto rifiutare i prelievi. Era nel loro diritto. Tutti i corridori, però, sono stati resi disponibili dai rispettivi team, tranne Vinokourov e Kashechkin. La stranezza c'è, ed il paradosso è che questa stranezza è legalmente inattaccabile, visto che il ritardo dei "vampiri" (in gruppo li chiamano così) è una colpa dell'Uci, non dei team. Insomma, niente controlli (per quello che valgono, ovvio) per due top-rider della Vuelta, che saranno poi controllati tre giorni dopo, prima - quindi - della 17a tappa (nel mezzo c'era anche il giorno di riposo). Insomma, noi qui vediamo solamente che la squadra di una Nazione del "terzo mondo del ciclismo" è stata trattata con i guanti; e quella stessa squadra otterrà licenza elvetica, dal 2007, con due elvetici al timone (Marc Biver e Tony Rominger; tra l'altro quest'ultimo è anche l'agente di qualche ciclista). E in Svizzera c'è l'Uci, e c'era anche la Phonak, di cui pare che l'ultimo team-manager John Lelangue diverrà uno dei direttori sportivi della Unibet.com, squadra belga Professional che dal 2007 dovrebbe prendere il posto proprio della Phonak Hearing Systems nel circuito ProTour. Insomma, dati tutti gli addendi, l'addizione ve la lasciamo fare da soli.

Mario Casaldi    

 

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