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Triste, Solitario y Final - Ullrich si ritira. Che brutto epilogo | Cicloweb

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Triste, Solitario y Final - Ullrich si ritira. Che brutto epilogo

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Jan, ma che ci combini? Hai esagerato in discoteca? Hai abbondato di vino in qualche ristorantino toscano?
Non avrai fatto una conferenza stampa per dirci che ti ritiri spero, non è da te, non è nel tuo stile.
Uno come te abituato a spingere rapporti impossibili in pianura non può chiamarsi fuori in un modo così banale, no, non è proprio da te.
Spiegami il motivo, perché vorresti abbandonare, te la fai sotto per via di Operación Puerto? Nessuno crede più in te? Non ti soddisfano gli ingaggi offerti?
Ma poi, voglio essere molto onesto, ti sembra di avere dato il meglio di te in questi tuoi dodici anni di carriera professionistica? Secondo me no, minimo altri due anni sulla breccia li avresti potuti fare, se non altro per levare la macchia che ti stai portando appresso dall'estate scorsa: nonostante tu continui a dire di non aver mai barato, la gente quello penserà di te, ovvero che sei un "dopatone", che appena beccato non ha trovato niente di meglio da fare che girare l'angolo e tagliare la corda.
È un vero peccato, pensare al motore che già dimostravi di avere nel '93, vincendo il mondiale dilettanti a Oslo, dove la stessa maglia arcobaleno veniva indossata nei professionisti da quello che sarebbe poi diventato, purtroppo per te, il tuo incubo peggiore.
Ti accontenti del Tour del '97, certo dall'ammiraglia ti dovrebbero restituire anche quello del '96, ma solo quello hai vinto, prima di cedere in salita con onore a Pantani prima e beccarle su tutti i terreni da Armstrong poi.
Uno come te, che nel suo secondo Tour a nemmeno 24 anni, si è permesso il lusso di spazzare via le velleità di vittoria di due scalatori del calibro di Virenque e Pantani.
Tra i tuoi difetti quello per la buona tavola era forse visto con simpatia da tanti appassionati, che vedevano in te il bravo ragazzo che mangia e beve in inverno e si prepara e lavora duro in primavera per arrivare pronto a luglio, ma nessuno ti ha mai detto che la stagione ciclistica vera inizia a marzo?
Nel '99 addirittura ti sei talmente strafogato di cibo che sei stato costretto a saltare il tuo obbiettivo stagionale; sadicamente direi per fortuna, considerando che nel finale di stagione hai centrato una bella Vuelta a España, raggiungendo un buon livello di forma che ti ha permesso di dare una grande dimostrazione di forza nel Campionato del Mondo a cronometro disputato a Treviso, dove chi scrive ha potuto vederti da vicino per la prima volta, rimanendo impressionato dal tuo viso scavato e determinato.
Purtroppo durante la tua carriera non hai sicuramente imparato le lezioni che la vita ti impartiva, infatti nel 2000 non fai nulla per salvaguardare la tua forma e ti fai prendere per la gola dalla forchetta.
Nonostante i tuoi vizi a tavola, riesci ad ottenere l'ennesimo secondo posto al Tour de France, dove inizi a scontrarti con quell'extraterrestre venuto dagli Usa, ben diverso da quello incrociato per le strade di Oslo nel lontano '93.
Croce e delizia di noi tuoi poveri ammiratori il 27 settembre del 2000, ci hai offerto una delle tue più belle imprese: la vittoria olimpica su strada nella prova in linea di Sydney. Che numero, che organizzazione, molti ancora oggi storcono il naso di fronte al gioco di club che ti permise di vincere, ma molti altri sono certi che avresti vinto lo stesso, perché un'azione del genere, con una tale potenza difficilmente era contrastabile.
Il tuo 2001 è per certi versi molto simile al 2000, ti inchini nuovamente allo strapotere di Armstrong al Tour, ma sfrutti la buona gamba ottenuta in terra francese per vincere almeno il Campionato del Mondo a cronometro di Lisbona.
L'anno seguente come se non bastassero i problemi di "linea" ci si mettono pure quelli fisici, un guaio al ginocchio cancella tutta la preparazione per il Tour e una vita notturna non propriamente da atleta ti costa la sospensione dall'attività e l'annullamento del contratto con la tua storica squadra, la Deutsche Telekom.
Il 2003 è probabilmente l'anno in cui più ti sei avvicinato al "ricciolo d'oro", naturalmente dopo la venuta in terra di Armstrong, infatti pur preparandoti nel solito, sciagurato modo riesci a insidiare fino all'ultima tappa un Lance molto in affanno durante la prima cronometro.
Con una prova contro il tempo da antologia, costantemente in rimonta gli strappi più di un minuto e mezzo e per soli 35" secondi ti devi accontentare della seconda piazza sugli Champs-Elisées.
Il 2004 è probabilmente l'anno del declino, pur vincendo il Giro di Svizzera non riesci a lasciare un segno forte al Tour, nonostante ti fossi preparato con la convinzione che Armstrong non fosse imbattibile. Provi a sfruttare la condizione lasciata dal Tour, ma deluderai alle Olimpiadi vinte da Bettini e ancor di più non cercando riscatto ai Mondiali veronesi.
Ogni anno ti ostinavi a seguire gli stessi, identici e unici obbiettivi dell'americano, dimenticandoti che alle tue spalle avevi un paese che ti identificava come il ciclista più forte di Germania (l'unico ad oggi in grado di vincere una Grande Boucle), dimenticandoti di tutti i semplici appassionati che tanto ti avrebbero voluto vedere anche su altre strade, a batterti per la vittoria in altre grandi classiche.
Infatti la "solita" preparazione contraddistingue anche l'inverno a cavallo tra il 2004 e il 2005 e la solita sfortuna che si accanisce nelle settimane precedenti alla corsa non manca, procurandoti una fastidiosa polmonite.
Nonostante questo riesci a limitare i danni e a centrare un discreto terzo posto finale: sarà la tua ultima volta sul podio di Parigi.
Ancora una volta dietro a Lance Armstrong e in questo caso anche ad Ivan Basso.
Il 2006 si apre con grandi proclami, l'addio al ciclismo pedalato del mattatore americano sembrava presagire un ritorno alla vittoria per te, si preannunciava una grande sfida con il nostro Basso.
Ma tu, Kaiser-Ciccio, nonostante la ghiotta opportunità non sembravi granché intenzionato a variare il tuo stile di allenamento; ma questa volta ti viene imposto di partecipare al Giro d'Italia per prepararti al meglio.
Alla partenza in Belgio sembri tutto tranne un ciclista professionista, faccione in carne, pancia gonfia, body minimo di una taglia in più, ma già a Pontedera sembri ingranare e vinci la cronometro per poi ritirarti ufficialmente per dei problemi fisici.
Ti ripresenti al Giro di Svizzera, più magro, più tirato, sembra veramente preparato a puntino, infatti nella breve corsa a tappe sei uno dei protagonisti, sempre nel vivo della corsa, vinci la cronometro finale e fai tua la gara elvetica.
Si preannuncia una grandissima sfida in terra francese, i due pretendenti alla vittoria finale sembrate essere tu e Basso, e tu non sei mai stato così pimpante già dalla partenza.


E poi, e poi... il 30 giugno accade ciò che ancora oggi ha dell'incredibile; finisce la favola (bella o brutta, ma sempre una favola di sport) e inizia la cronaca giudiziaria. Non ci sei più tu, Jan; ma c'è Ullrich, coinvolto nell'Operación Puerto, la maxi inchiesta antidoping che ha scosso la Spagna e in particolar modo il mondo del ciclismo, in quanto sono stati resi noti solo i nomi dei ciclisti presenti nei vari dossier.
È la fine, il ragazzone di Rostock smette di correre, immediatamente scaricato dalla sua squadra in base al famigerato codice etico, abbandonato anche dalla Federazione Svizzera a cui era affiliato, non gli rimane altro da fare che affidarsi ai suoi avvocati.
Non passa settimana senza un titolo sui giornali, "Tornerò vincitore", "Prima di finire la mia carriera vincerò un Giro e un altro Tour", poi si susseguono le indiscrezioni sulle varie squadre che lo ricercano, più o meno tutte, dalle Pro Tour alle Continental semplici passando per le Professional.
Jan stesso cambia tono nelle dichiarazioni "Tornerò, di certo non mi ritiro", alt! Fermi tutti, questa parola non la doveva pronunciare. Passano i giorni, le settimane, ricomincia la stagione 2007 e il tedescone è ancora uno dei pochi implicati in O.P. a non aver trovato squadra, ma come è possibile?
Nessuna federazione che lo appoggi?
L'inchiesta spagnola, ancora in corso, non ha aperto nessun procedimento nei confronti di nessun atleta e sulla base di non si sa ancora quali prove lui non può correre e quindi nemmeno firmare alcun contratto, come è possibile?
Proprio ora, l'ennesima volta in cui proclamava di voler vincere il Tour?
Ebbene sì. Il Kaiser non è più un ciclista professionista, praticamente dal 30 giugno 2006, ma ci sorge spontanea una domanda: nella sua carriera, in pratica, quanto lo è stato?
Per le grandissime doti fisiche che madre natura gli aveva dato la risposta è: pochissimo; poi se vogliamo mettere in conto anche la sfortuna che in alcuni momenti chiave della sua carriera gli si è accanita contro, il periodo da valutare cala ancor di più. Certo che lui stesso ci ha messo del suo, con una vita spesso sopra le righe. Da talento promesso verrà ricordato come un fenomeno incompleto.
Se un addetto ai lavori guardasse il palmarés di Kaiser Jan, senza conoscerne il titolare, potrebbe anche esclamare che è un campione, possiamo infatti ricordare le quasi 50 vittorie in carriera, un Tour de France, cinque volte secondo, una volta terzo, una volta quarto, 7 vittorie di tappa, una Vuelta a España con due vittorie di tappa, una tappa al Giro d'Italia, una Olimpiade su strada, due secondi e un terzo posto al Mondiale a cronometro, due volte campione tedesco su strada, un Giro di Svizzera, un Giro dell'Emilia, una Sabatini, una Agostoni e molti altri piazzamenti.
Ma se analizziamo ogni singola stagione del tedesco ci rammarichiamo del poco raccolto di fronte a quello che si sarebbe potuto seminare.
Ora sembra vada a ricoprire il ruolo di consigliere in una squadra tedesca di seconda fascia, avrebbe molte cose da insegnare ai suoi futuri corridori, per vincere, ma anche per evitare di commettere i suoi stessi, tanti errori.
Probabilmente la sua precoce esplosione gli ha fatto bruciare quelle tappe che l'avrebbero portato a sviluppare una maggiore intelligenza tattica e gestionale, magari anche nella scelta degli assistenti.
O forse, mai come in questo caso è appropriato il binomio "genio e sregolatezza".

Andrea Sacconi

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