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Ricordate El Bufalo? - La parola al secondo del Giro 2006

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Il sorriso gli si toglie dal viso difficilmente a José Enrique Gutiérrez, se è vero che il suo ritorno, pur essendo uguale a quello di Ivan Basso e (forse?) Jan Ullrich, è passato in silenzio, quasi in sordina, ed ora lui è a Sant'Anastasia che ride e scherza coi suoi nuovi compagni. L'esclusione dalla Phonak, insieme a Botero, prima del Critérium del Delfinato, dopo il Giro d'Italia chiuso al 2° posto che lo ha fatto conoscere al pubblico italiano, seppur già nel 2000 avesse vestito la maglia rosa per qualche giorno. Il licenziamento, lo scioglimento del team di Lelangue, l'accordo con Boifava e con la nuova Lpr, e ora il 2007, con il realismo, purtroppo amaro, di chi vive nel ciclismo e di ciclismo.
Sei mesi tra il purgatorio e l'inferno, dopo il paradiso di maggio, non devono essere stati facili da affrontare. Ora il ritorno, seppur nel limbo degli "adocchiati". Come affronti il 2007?
«Il periodo tra giugno e il nuovo contratto non è stato facile, assolutamente. Si passa dal picco al baratro in un momento, quando accadono cose simili. Ho atteso che le cose si sistemassero, ho sperato di poter trovare qualcuno che avesse voglia di darmi fiducia, ed ho trovato il Team Lpr che mi ha permesso di guardare avanti. In fondo guardarsi dietro non serve a granché, se non a perdere tempo. Tanto il passato mica si può cambiare. Il 2007 lo affronto con la voglia che ha un corridore di ripagare la fiducia che lo sponsor e il team manager hanno riposto in lui».
Riscatto che, probabilmente, non potrai avere al Giro d'Italia visto che sulle prime il Team Lpr non è stato invitato dagli organizzatori.
«Sono disilluso, l'invito non è arrivato e non penso che le grandi squadre si facciano scappare la partecipazione ai Grandi Giri. Io volevo sapere se sono in grado di riconfermarmi sui livelli del 2006 con una squadra a disposizione e con tutta la fiducia riposta nei miei mezzi, cosa che d'altro canto non è avvenuta neanche lo scorso anno, visto che il ruolo di leader alla Phonak me lo dividevo con Victor Hugo Peña».
Trovi giusto escludere la squadra del 2° classificato dell'anno precedente?
«No, penso non sia affatto giusta, anche se in Italia la lotta tra le Professional è molto difficile, visto che l'Acqua&Sapone e la Tinkoff, tanto per dire due team, sono squadre molto forti e ben attrezzate. Però io ci speravo, non lo nego, anche perché l'anno scorso ero sul podio di Milano, e poi il Team Lpr ha anche corridori come Ferrara e Nardello, mica solo il sottoscritto».
Il pubblico italiano è rimasto sorpreso dalle tue prestazioni al Giro d'Italia. Cosa comprensibile, visto che mai ti si era visto in un Grande Giro a così alti livelli. Come mai prima del Giro 2006 non eri mai riuscito a far classifica al Giro, al Tour o alla Vuelta?
«Il pubblico è rimasto sorpreso dal mio risultato del Giro, è vero, ma se si guarda alla totalità della mia carriera da corridore professionista si noterà che dei risultati buoni, anche in salita, alla Vuelta e al Critérium del Delfinato, ad esempio, erano già arrivati. Il 2007 sarà il mio decimo anno da pro', e il Giro 2006 è stata la prima corsa in cui ho avuto il mio spazio; neanche da capitano, ma da "libero". In passato ho sempre dovuto lavorare per i miei capitani, come Escartin, Sevilla, Aitor González, Hamilton, Landis, ed anche quando ho ottenuto i risultati migliori ero comunque un gregario».
Sai che, te compreso, il 95% dei corridori che hai nominato, è stato coinvolto in storie poco chiare, o in alcuni casi chiarissime, di doping? Pensi che le lotte di potere tra l'Uci e gli organizzatori svantaggino in particolar modo i corridori che si trovano davanti nei GT?
«La guerra tra Uci e organizzatori fa male a tutti i corridori, non solo a quelli da grandi corse a tappe. Il mestiere è lo stesso, siamo tutti ciclisti. In fondo anche un corridore da classiche può incrementare la sua fortuna e popolarità in un grande giro, vincendo tappe e maglie speciali. I GT sono i riferimenti per tutti, a partire dalla stessa stampa. L'opinione pubblica ha un'attenzione maggiore durante le grandi corse a tappe e se succede qualcosa, sia in positivo sia in negativo, viene amplificata».
Cosa pensavi mentre scalavi il Mortirolo? Immaginiamo che per un ciclista possente come te non deve essere stata una passeggiata, giusto?
«In realtà non ho pensato molto. "È dura", mi dicevo, ma sapevo di avere Simoni davanti che poteva insidiare la mia seconda posizione, anche se ritenevo di avere un margine di sicurezza abbastanza ampio da poter gestire. Una cosa che ho pensato è stata sicuramente: "Non posso perdere tutto quello che di buono ho fatto finora all'ultima salita", e così ho stretto i denti e sono andato su col mio passo, che poi è stata la mia arma in tutto il Giro».
Qual è il tuo rapporto con le classiche?
«Non ho mai puntato con decisione alle classiche, al massimo ho fatto un 3° posto alla Classica delle Alpi, in Francia, dietro a Pereiro e Mayo qualche anno fa. Una corsa montagnosa che si disputava prima del Delfinato».
Te ne piace qualcuna in particolare?
«Quando sono al 100% i percorsi duri si addicono alle mie caratteristiche, quindi penso che classiche come la Liegi e il Lombardia potrei correrle davanti con obiettivi importanti».
Hai trovato delle differenze particolari, rispetto alle tue precedenti esperienze, approdando in una squadra più piccola come la Lpr?
«La cultura spagnola e quella italiana non sono tanto differenti. Siamo simili, siamo entrambi latini, mi trovo molto bene in Italia. Nella nuova squadra ho trovato un grande ambiente: c'è entusiasmo, allegria. Un po' diverso era invece l'ambiente alla Phonak: in Svizzera c'è un po' più di rigidità, di rigore, anche da parte dello staff. Certo, quando vieni da una grande squadra, con un budget maggiore, si notano delle differenze, ma non è detto che siano tutte negative: qui alla Lpr ho trovato un gruppo unito. E credo sia la cosa più importante. Sono qui da una settimana o poco più, ma già ho un ottimo rapporto con tutti i compagni, compreso mio fratello (ride)» [Il fratello Ignacio è stato tesserato anch'egli dalla Lpr, ndr].
Che ne pensi dei co-capitani Ferrara e Nardello?
«Lello Ferrara mi fa ridere tantissimo (e Ferrara, che gli è seduto di fronte ad ascoltare l'intervista, gli sorride) ed è una persona splendida sia per scherzare sia per parlare. Nardello l'ho affrontato tante volte da avversario. Un corridore importante, con tanto carisma, che sto apprezzando sempre di più, conoscendolo, anche perché ha tanta voglia di insegnare ai giovani grazie alla sua esperienza».
Com'è nato "El Bufalo"?
«Il soprannome è nato da un massaggiatore della Kelme, Texeira, che diceva che avevo la forza di un bufalo. E poi anche perché prima avevo un piccolo tic: sbuffavo col naso, come i bufali. È iniziato per scherzo, per prendermi in giro, poi alla fine è rimasto e c'è ancora».
Proviamo ad identificare l'obiettivo principale del 2007.
«L'obiettivo principale, facendo parte di una squadra affiliata in Svizzera ed ipotizzando un invito al Giro di Romandia, potrebbe essere la corsa elvetica che si corre in primavera. Una corsa che mi piace parecchio».
E giù dalla bici?
«Giù dalla bici io sono tranquillo. Il resto fa parte del passato. È dimenticato, non mi tange più».



Mario Casaldi

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