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Manuele (da) Mori 2 - Capitoli successivi: «La vittoria»

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Insieme a Koldo Gil, Manuele Mori è una delle due punte di diamante della Saunier Duval per le corse di un giorno. Dopo un 2006 in cui è mancato il risultato di prestigio, ma che ne ha anche evidenziato una crescita importante, il ventiseienne empolese ci parla degli obiettivi 2007, con un pensiero alla maglia azzurra.
Iniziamo chiedendoti come sta il tuo braccio destro e se ci racconti cos'è successo...
«(ride) Ero alla fine delle ferie a Santo Domingo, stavo in un complesso che aveva cinque spiaggette collegate da un trenino. Tornavo a casa proprio dall'ultimo giorno sulla spiaggia e scendendo dal trenino, con i biglietti in mano, son caduto...».
Un "infortunio", chiamiamolo così, che comunque non ti sta condizionando a livello di preparazione.
«No, assolutamente. Sono stato dal dottor Costa, che non mi ha neppure operato e m'ha applicato un tutore, con il quale ho potuto iniziare a muovermi con naturalezza fin da subito».
Peraltro oggi abbiamo visto una gamba niente male: in salita hai staccato tutti e visti gli scalatori che ci sono in squadra... Si mira a partir forte?
«Sì, l'obiettivo è fare una buona Tirreno e arrivare alla Sanremo con la possibilità di giocare le mie carte. Poi quest'anno proverò - e sarà un'esperienza nuova - a fare il Giro delle Fiandre; poi Amstel, Freccia e Liegi, che sono le mie corse».
Aspirando ad un'affermazione importante...
«Nelle corse di un giorno inizio ad avere una certa esperienza: ho fatto terzo a Plouay, secondo nella tappa del Tour del Benelux identica alla Liegi, poi anche a Freccia e Amstel sono arrivato nei venti. Quando ti piazzi bene in questo tipo di gare vuol dire che sei lì e ti manca solo trovare il colpo di pedale o l'attimo giusto. Anche ad Amburgo l'anno scorso, dopo 250 chilometri mi sentivo ancora bene, ho attaccato sullo strappo a sei dall'arrivo e siamo andati via con Rebellin e altri: poi quando ci hanno ripresi ho comunque fatto decimo. A San Sebastián ho fatto undicesimo, quarto al Piemonte, quinto al Beghelli... Diciamo che nelle corse di un giorno me la cavo, ecco. Manca la vittoria, questo è certo».
Anche nelle corse a tappe non te la caveresti poi male, salvo ruzzoloni... Quanto ti è roso per quella tappa al Giro sfumata in discesa a un niente dall'arrivo, specie considerando che in volata sulla carta il pronostico era dalla tua parte?
«Tanto. Tanto, perchè, anche se alla fine si trattava comunque di una volata da giocarsi, a Sella interessava recuperare in classifica e tirava a tutta per quello e quindi all'arrivo sarei stato più fresco. Peraltro anche a Saltara, nella settima tappa, era andata male male, perchè non mi funzionava la radio, non sapendo i distacchi ho smesso di tirare e mi hanno ripreso a 500 metri dall'arrivo, con Verbrugghe che era già andato via e Gárate e Vila che mi avevano preso un po' in mezzo».
Un Giro dove comunque ti riproporrai quest'anno.
«In realtà decideremo solo dopo la Liegi se andrò al Giro o al Tour: la squadra vorrebbe farmi correre in Francia, ma a me non dispiacerebbe fare di nuovo il Giro, per quanto il Tour mi attiri molto. Vedremo dopo le classiche: fino ad allora non decido; se esco bene dalle classiche vado al Giro, altrimenti mi prenderò un po' di riposo e preparerò per bene il Tour de France. Sempre con l'obiettivo di far bene verso fine stagione ed entrare nella rosa per i Mondiali».
Ti è pesata, anche alla luce del risultato, l'esclusione dal team di Salisburgo?
«Mah, con Ballerini c'è un bel rapporto: sapevo di essere nei tredici, poi alla fine, senza nulla togliere agli altri, il ct ha voluto anche premiare le squadre più piccole. Io del resto non avevo vinto, anche se 28 punti Pro Tour nell'ultimo mese sono un bel bottino... Il punto è che reputo di poter essere utile alla causa: ho caratteristiche per cui posso tirare se c'è bisogno di tirare, oppure andare in fuga e mettere pressione sulle altre squadre. Quindi quest'anno speriamo di riuscire ad entrare nella lista per Stoccarda».

Stefano Rizzato    



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