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Io ci sono, e allora? - Simoni si presenta e pensa al Giro | Cicloweb

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Io ci sono, e allora? - Simoni si presenta e pensa al Giro

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La stella polare è sempre il Giro, il carattere è quello ruvido e schietto che tutti conoscono, la determinazione viene direttamente dai giorni migliori: Simoni si prepara a una nuova stagione, partendo dal caldo inverno della Spagna del sud.
Gilberto, innanzitutto sgombriamo un po' il campo a proposito delle partecipazioni a gare MTB di fine stagione 2006. Qualche tifoso avrà pensato: "Ecco, Simoni lascia il ciclismo su strada e si dedica alla mountain bike..."; a maggior ragione visti gli ottimi risultati, che dimostrano che non si tratta di un semplice passatempo.
«Ma no... se a qualcuno piace credere questo, che lo creda. Io di certo non ho mai pensato di lasciare il ciclismo su strada e finire in Mountain Bike».
È vero però che l'anno prossimo intendi tornare alla Roc D'Azur, gara in cui in ottobre ti sei piazzato quinto?
«La Roc d'Azur? Beh, ci sono moltissime corse che vengono prima...».
A questo proposito, ieri alla presentazione ti abbiamo visto già proiettato in ottica Giro 2007, un Giro che ripropone il mitico Zoncolan e ti riporta con la memoria al trionfo del 2003. Sappiamo che hai già fatto una ricognizione, dato che questa volta si sale da un altro versante. Impressioni?
«Ottime, la salita è durissima e mi dà grandi motivazioni. Il Giro è da sempre la corsa che mi dà più stimoli e ciò per cui la squadra crede maggiormente in me, non certo per la mountain bike...».
Che sensazione è avere un team che ti mette a disposizione dei grandissimi scalatori come Mayo e Piepoli?
«Alla fine campioni come Mayo e Piepoli, con la loro grande esperienza, mettono soggezione in gruppo e permettono di muoversi bene in corsa, il che è molto importante».
Già con il solo Piepoli l'anno passato è stato possibile un gioco di squadra molto efficace.
«Penso che Piepoli inizialmente si sentisse un po' sacrificato, invece ha avuto la fortuna e la forza di vincere due bellissime tappe e pur sacrificandosi ne è uscito valorizzato. Il gioco di squadra è la cosa a cui tengo di più e che valorizza un po' tutti: non ho iniziato in grandi team e nel tempo ho capito che a correre vicino a dei campioni c'è sempre da guadagnarci».
Continuiamo a parlare di Giro 2006. Senza scendere nel dettaglio, ché se n'è parlato abbondantemente, sulla tappa di Aprica: ti ha dato più fastidio quanto successo in corsa o tutto quello che ne è seguito a livello mediatico?
«Se ripenso a tutto il Giro, m'ha dato fastidio com'è andata nel complesso. È stata una presa in giro... davvero una presa in giro».
Ti ha lasciato molto amareggiato quindi...
«Sì. Al di là del mio risultato, è rimasta una grande presa in giro, per la gente, i tifosi, che ancora oggi non si rendono conto di cosa è successo realmente, di tutto quello che è successo».
Cosa ti sentiresti di dire a un tifoso, un appassionato di ciclismo che decida di non seguire più, "tanto sono tutti dopati"?
«Mah, non saprei proprio. Alla fine il ciclismo deve promozionarsi da solo, con i risultati, le prestazioni atletiche, con la sincerità del gesto sportivo, non con le chiacchiere insomma».
Un'ultima battuta sui nuovi materiali Scott: che ne pensi, da un primo approccio?
«Beh, l'anno scorso ci hanno abituati bene, avevamo materiali veramente ottimi. Quest'anno sembra si sia fatto un ulteriore passo in avanti e ora è da capire, perché queste bici sono vietate, non ci si può correre, anche se già le stanno vendendo, sono già sul mercato. Un'altro elemento di confusione che non serviva in questo ciclismo...».



Stefano Rizzato

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