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Sull'Izoard rinasce Mayo - A Briançon gran vittoria di Turpin | Cicloweb

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Sull'Izoard rinasce Mayo - A Briançon gran vittoria di Turpin

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Con tutta evidenza il Mont Ventoux non era stato teatro di soluzioni estemporanee. Al contrario, aveva invece indicato delle linee tendenziali, che oggi l'Izoard ha grossomodo confermato.
Levi Leipheimer e Denis Menchov stanno veramente bene: senza peraltro dare l'impressione di essersi strapazzati, sono rimasti in gioco nel momento dell'attacco di Piepoli, Mazzoleni, il solito Moreau e un Mayo che ci ha regalato momenti di vera gioia. Vedere il ritorno di questo ragazzo a livelli buoni, dopo due anni di tribolazioni, riconcilia col ciclismo. La sua impresa sull'Alpe d'Huez nel Tour 2003 resta tra le più belle degli anni 2000, e ci aveva fatto pregustare la crescita di un campione vero, capace di domare le salite e di fare la differenza sulle ascese più importanti.
Invece, dopo che nel 2004 proprio al Delfinato Mayo aveva espresso i suoi ultimi lampi di splendore, battendo Armstrong in maniera netta e spettacolare, era venuta una vigliacca mononucleosi a tarpare le ali al passerotto basco. Staccatissimo su tutte le salite del Tour, aveva fatto dubitare tanti delle sue doti (se non fisiche, quantomeno di tenuta mentale). Poi si seppe della malattia, la stessa di Cunego: e da lì a ieri è stata tutta una lunga rincorsa di Iban a se stesso, a quel Mayo scintillante che aveva fatto sognare migliaia di appassionati.
Oggi, finalmente, forse il corpo di Mayo ha raggiunto lo spirito, e le due entità sono ridiventate un tutt'uno, che si sostanzia in un corridore rinato. Evviva, il ciclismo è più ricco.
L'azione di Mayo, Moreau e i due italiani (bravo Piepoli, ha tenuto uno spicchio di condizione da Giro; bravo Mazzoleni, sta crescendo bene in vista del Tour) non ha fatto troppo male a Leipheimer e Menchov, come detto. Del resto i due già al Mont Ventoux avevano dimostrato di stare bene. E infatti sono rientrati nel giro di pochi chilometri sugli attaccanti, ricompattando un gruppetto che era all'inseguimento di Ludovic Turpin, 31enne che finalmente, dopo anni di oscura carriera, ha saputo ritagliarsi un giorno di vera gloria: potrà dire che lui una volta vinse a Briançon, traguardo da campionissimi, dopo aver scalato e domato, tutto solo, l'Izoard, un monte il cui solo nome fa tremare le ginocchia.
Turpin era in fuga da una vita, all'inizio con quattro colleghi, poi, staccatisi presto Voeckler (ci prova sempre) e Gustov, rimasto coi soli Pineau e Hushovd: il norvegese, in particolare, proprio come Napolitano ieri, ha voluto testarsi in un'azione importante, visto che di volate in questo Delfinato proprio non se ne parla.
L'Izoard, si pensava, rimetterà le cose al proprio posto, ricacciando indietro i tre coraggiosi e facendo emergere i veri big della corsa. L'assunto è stato valido solo parzialmente, con Pineau e Hushovd che in effetti hanno mollato; ma Turpin non era d'accordo: "Mi sono sciroppato tutti questi chilometri in fuga, manca poco al traguardo, io me la voglio giocare fino in fondo". E così il bravo Ludovic ha tenuto duro fino allo spasimo, è riuscito a salvare allo scollinamento la miseria di 40", ma poi la discesa è stata un volo verso il sogno, da raggiungere in qualsiasi modo, mettendosi in posizione a uovo, o abbarbicato comunque nelle maniere più bislacche alla bicicletta, qualsiasi cosa pur di avere anche un minimo vantaggio aerodinamico (o almeno l'illusione di tale vantaggio, che comunque a livello psicologico è già molto influente).
Alle spalle di Turpin, si consumavano interessanti episodi: esattamente come ieri, Vinokourov è stato tra i primi ad alzare bandiera bianca. Il kazako ha un'era geologica di ritardo dai migliori, e questa debacle si spiega veramente a fatica. Qualche tifoso che non si arrende vorrà pensare che si tratti in parte anche di pretattica. Dubitiamo.
Così come dubitiamo che Landis possa trasformarsi in un razzo missile da qui a un mese: il suo futuro al Tour pare costellato di ritardi e sofferenze. Il che non vuol dire che poi alla fine non possa strappare un piazzamento degno, ma da qui a lottare per vincere ce ne passa.
Così così Azevedo, che forse ha pagato uno sforzo eccessivo sul Mont Ventoux, ma resta nelle zone alte della classifica. Tutto da decifrare invece Valverde, che continua il suo percorso di ambiguità. Oggi ha messo la squadra a tirare sull'Izoard, segno che qualcosa voleva tentare. Invece quando la corsa si è infiammata, lui si è squagliato. Non è andato alla deriva, questo no. Ma inanella il secondo giorno negativo (non totalmente negativo: ma negativo, sì) in fila, e a questo punto iniziano a subentrare anche questioni di ordine psicologico: il Delfinato è considerato un Tour in miniatura, e Alejandro potrebbe iniziare a pensare di poter avere qualche problema simile anche alla Grande Boucle. Certezze non ce ne sono, ma partire da basi positive aiuta senz'altro il lavoro.
In ogni caso, saremmo dei pazzi se ci sbilanciassimo su un corridore come Valverde, uno che resta a riposo per due mesi e poi va a fare secondo al Mondiale, uno che la domenica lo prenderesti a schiaffi per un'Amstel corsa da cani, e poi invece il mercoledì e la domenica successiva ti ribalta l'intero gruppo tra Freccia e Liegi; se c'è un ciclista imprevedibile al giorno d'oggi, quel ciclista è Alejandro Valverde. Per cui piedi di piombo, e restiamo in ascolto per capire come si evolvono le cose.
Fuori Vino, Landis e Valverde, il gruppetto dei migliori si è ricompattato intorno a Leipheimer e Menchov, con gli uomini già citati, col sorprendente Kohl, con il tenace Chavanel, e con quel Paco Mancebo che continua a correre ad ottimi livelli. Si capisce bene che il capitano della AG2R abbia dei margini, da qui a un mese ha la possibilità di crescere parecchio: e al Tour si presenterà con le credenziali di uomo da podio.
Ma è in generale la AG2R a sorprendere in positivo: un uomo in fuga, Turpin, e capace di vincere in solitaria; Moreau scatenato e molto efficace in questi giorni; Mancebo che cresce e che in ogni caso non perde colpi; oggi hanno piazzato anche Dessel tra i primi. In definitiva, l'ultima arrivata nel Pro Tour rischia di rivelarsi come la più convincente delle squadre francesi (anche se ha un organico che le permette un tale rendimento solo per un arco limitato di tempo. Il Tour e dintorni, per essere espliciti.
Oltre alle buone prestazioni di Piepoli e Mazzoleni, poi, noi abbiamo da compiacerci della conferma di Caucchioli, che anche oggi è arrivato coi migliori e che è entrato nella top ten in classifica. Ci avremmo scommesso, è incredibile la regolarità di Caucchioli, un uomo affidabilissimo, e non a caso una squadra francese l'ha scelto come capitano per il Tour: senza dubbio l'ottimo Pietro dimostra di valere tutta la fiducia che viene riposta in lui.

Marco Grassi



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