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MagicEwen, solito show - Hushovd protesta ma torna giallo

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Non sarebbe Tour se non ci fosse almeno una zampata di MagicEwen. Così ribattezzato in ossequio alle sue doti equilibristiche in sella, alla sua quasi miracolosa capacità di sparire nel gruppo e riapparire proprio al momento giusto, al suo innato senso dello sprint che lo porta a scegliere sempre la ruota giusta da tenere, curare, seguire, pedinare, per poi scartare di lato e volare sul traguardo, per vincere e fare incavolare (molto spesso) chi viene battuto.
E sì, perché, d'altro canto, non sarebbe MagicEwen (o Robbie McEwen, per i puristi e per quelli che non amano i nomignoli) se alle sue spalle non ci fosse qualcuno che impreca, che leva le braccia al cielo invocando strali divini sulla capoccia dell'australiano impertinente, che gli urla dietro i più irriferibili complimenti, che se la prende per una qualsiasi manovra azzardata, di quelle che nel repertorio di MagicEwen non mancano mai.
Oggi in Lussemburgo (all'arrivo di Esch-sur-Alzette, nel primo arrivo estero del Tour 2006) è toccato a Thor Hushovd fare la parte dell'arrabbiato. Già maglia gialla nel prologo di Strasburgo, frenato e ferito a un braccio da uno spettatore nella volata di ieri (e quindi detronizzato), il norvegese era fermamente intenzionato a rifiorire, vincendo la tappa o perlomeno riprendendosi il simbolo del primato.
Per il secondo obiettivo, Hushovd ha già messo fieno in cascina strada facendo, conquistando 2" di abbuono ad uno sprint intermedio e superando così George Hincapie, caduco detentore della maglia gialla (è durato solo un giorno, ma chissà che non ritorni). Per il primo, la vittoria, ha dovuto aspettare l'arrivo di Esch, il superamento indenne dei mille strappetti di giornata, la conclusione di una lunga fuga a due (Aitor Hernández e David De La Fuente, al comando dal km 1 al km 200), il naturale evaporare degli ultimi tentativi di contropiede (Wegmann, Kessler), e anche una brutta caduta a metà gruppo che ai 2 km ha spezzettato in mille parti il plotone (mentre qualche chilometro prima era finito per terra il promettente Gómez Marchante, ripartito; non partito in mattinata invece Danilo Di Luca, azzerato da febbre e prostatite).
In ogni caso, sul rettilineo finale di Esch i velocisti c'erano tutti (a parte Casper, primo ieri). Bennati ha fatto coi suoi un gran lavoro, ma è meno sprinter di altri, e allora ha potuto solo guardare Boonen partire benino, McEwen lanciarsi ancora meglio e, con un minimo scarto, tagliare appena la strada a Hushovd. Al quale, nel frangente, si è staccato il piede dal pedale, costringendolo a fare gli ultimi metri con una gamba sola: nonostante ciò Thor, urlando il suo disappunto a McEwen (la cui manovra è stata giudicata lecita dalla giuria), ha chiuso al terzo posto, dietro a Robbie e a Boonen, e si consola con la maglia gialla.
La difenderà domani nella terza tappa, da Esch a Valkenburg (Olanda), 216 km con finale mosso e con il Cauberg (il muro che decide l'Amstel Gold Race) a 2 km dal traguardo.
Fronte doping, o lotta al doping, o caccia alle streghe (che dir si voglia): Ivan Basso fa sapere di essere disposto a sottoporsi al test per confrontare il suo dna con quello del sangue congelato che in teoria gli apparterrebbe, e che era depositato presso lo studio dell'ematologo Merino in attesa di un'autoemotrasfusione (pratica proibita).
La strada che porta alla verità sarà ancora lunga, purtroppo (tanto per dire, siamo sempre in attesa di conoscere i nomi degli altri 150 sportivi coinvolti nella Operación Puerto, visto che per ora sono venuti fuori - chissà perché - solo i ciclisti); per il momento, l'unica certezza è una incredibile mancanza di garanzie e diritti nei confronti di atleti che scontano la loro pena prima ancora di essere condannati.

Marco Grassi



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