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Freire chiude il ValiumTour - Ora i Pirenei dopo 10 giorni di noia

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Freire appone la sua firma per la seconda volta in calce al libro del Tour 2006. Lo fa nella nona tappa, a Dax, ultima frazione ultrapiatta prima dei Pirenei: annullata nel finale (come da copione) la fuga di Augé, Bénéteau e Knees, i velocisti si sono buttati in uno sprint equilibratissimo. Lasciato troppo presto al vento, Hushovd si è piantato; stesso destino è toccato al nostro Bennati. Oscarito se ne è stato invece ben coperto, alle spalle di Boonen e Zabel.
Sono stati proprio questi due a battagliare aspramente nei 100 metri finali, ma il Campione del Mondo (che ancora non si ritrova, che succede Tom?) ha chiuso in calando, superato dal tedesco e soprattutto dallo stesso Freire. Il quale ha avuto anche buon gioco a respingere il solito prepotente ritorno di McEwen, che aveva scelto un'altra linea per la sua volata ed è stato piegato al fotofinish dallo spagnolo. Miglior italiano, Moreni quinto.
Si chiude così il primo, lunghissimo, sfiancante capitolo di Tour de France. Se questa è una corsa equilibrata, con 11 giorni senza una salita, significa che davvero si è perso il senso della misura. La seconda parte della Grande Boucle non può non essere più interessante della prima, che è stato un vero e proprio controspot per il ciclismo. L'Uci, retta da personaggi che paiono caduti sulla terra da qualche pianeta lontano, farà bene a intervenire pesantemente nei confronti dei potentissimi organizzatori francesi.
Si dice che il Tour ha nel suo essere evento la sua forza. Ma qualsiasi evento, se svuotato di contenuti, alla lunga stanca coloro i quali lo dovrebbero seguire con passione. A questo evento sono stati sottratti i personaggi principali, e questo fatto è stato esiziale in assenza anche di un protagonista della statura mediatica di Lance Armstrong. Nessuno come lui è in grado di dividere e accendere gli animi, sia dei tifosi che di chi gli è stato avverso; ci voleva un gruppo di uomini di rilievo per raccogliere una simile eredità: e quel gruppo c'era, peccato che gli uomini che lo componevano siano stati tutti spazzati via tra la vigilia e i primi giorni. Quello che resta è un desolante elenco di figure di rincalzo, che faticheranno a colpire l'immaginario popolare.
Il tutto, spalmato su uno scenario di una modestia imbarazzante: due crono e poi sette tappe praticamente uguali, con svolgimento identico (non fosse stato per la trovata di Kessler e la tenacia di Calzati, avremmo potuto prendere un articolo standard e pubblicarlo ogni giorno uguale, cambiando solo i nomi: la fuga da lontano, il recupero, l'aggancio, la volata, preceduta magari da qualche caduta). Ma è così che si crea interesse, è così che si avvincono nuovi mercati? Mandando al macello i propri protagonisti e apparecchiando una tavola lisa con acqua e gallette?
L'unica salvezza di questo disgraziato Tour potrebbe essere la prepotente ascesa di un giovane, di un nome nuovo, a sorpresa, capace di far saltare il banco. Si vede all'orizzonte un corridore che corrisponda a questo identikit? Macché. Oddio, la sua natura di sorpresa ce lo potrebbe star tenendo celato, ma l'aria che si respira non è un granché. Siamo veramente nella condizione di rischiare che il Tour venga vinto da un Landis qualsiasi. Orrore.
E se anche la spuntasse Savoldelli, pur nella gioia per un'affermazione (comunque difficile) di un italiano, dovremmo ammettere che si tratterebbe di una vittoria che non aggiungerebbe nulla al ciclismo, il successo di un ultratrentenne che in teoria ha alle spalle le stagioni migliori.
In ogni caso, domani si cambia scenario, finalmente. E con l'aria di montagna, il gusto ci guadagna: non è - intendiamoci - la tappa dei sogni: Cambo les Bains-Pau, 190 km con Soudet al km 101 e Marie-Blanque al 148. I 42 km dall'ultima vetta a quel maledetto traguardo di Pau (quasi ogni anno dobbiamo pagarci pegno, al termine di una solitamente inutile tappa pseudopirenaica) bagneranno le polveri di molti attaccanti, ma almeno si inizia a salire, e qualche rivolgimento avverrà necessariamente: Honchar, maglia gialla, se la giocherà in scioltezza, oppure qualcuno proverà a iniziare a pungerlo? Stiamo a guardare, e che il dispettoso spiritello che regge le sorti del ciclismo ce la mandi buona.

Marco Grassi



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