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Signori, un Mostro - Fiandre da copione: SuperBoonen

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Boonen primo, Alberto II. I due Re del Belgio erano fianco a fianco a Meerbeke, l'uno a premiare l'altro sul podio del Giro delle Fiandre. E non ci sono dubbi su chi sia il più amato tra i due, al momento.
Una delle patrie storiche del ciclismo ha completamente perso la testa per un ragazzo bello di una sua bellezza acerba e biondo senza averne l'aria, che da un anno è diventato il centro di gravità permanente dell'intero movimento, che calamita sguardi di ammirazione e invidia, che pedala come un semidio, che tira le fila del gruppo come più gli piace e conviene, che è talmente conscio della sua forza da lasciarsi andare a dichiarazioni schiette e dirette come di rado capita di sentire in quest'ambiente: "Petacchi? No, non è un mio rivale in questa corsa"; "Attaccare? No, aspetto che lo faccia qualcun altro, tanto se non avviene batto tutti in volata".
A uno così, cosa vuoi dire? Cosa ti vuoi inventare per descrivere questa nuova perla, questa ennesima dimostrazione di grandezza? Si ha pure un po' di timore a usare troppi aggettivi, perché conviene risparmiarne qualcuno per i successi che verranno in futuro, e saranno tanti, e i dizionari hanno un numero limitato di parole, e a meno di non iniziare a coniare neologismi dobbiamo pensare a quello che diremo mercoledì (Gand-Wevelgem), o domenica prossima (Parigi-Roubaix).
Si ha l'impressione che Boonen, se lo volesse, oggi come oggi potrebbe fare qualsiasi cosa nella sua patria. Ma l'avete visto il Grammont? Gente completamente in trance al suo passaggio, completamente fusa, completamente incapace di controllare emozioni e palpitazioni (Hoste, "sono belga anch'io, e che diamine!", quanto si sarà sentito brutto anatroccolo?); e parliamo di migliaia e migliaia di persone, una dimostrazione di amore che nemmeno Museeuw, da queste parti, aveva sollevato, e che (scusate l'azzardo) ci ricorda solo il rapporto immenso che c'era in Italia tra Pantani e i suoi tifosi.
Ma c'è una differenza: il Pirata era il campione di uno sport minore (ahinoi), mentre Tom è l'idolo della religione nazionale, ciò che è il ciclismo in Belgio. Nelle Fiandre (ma anche in Vallonia, ne siamo certi) non c'è madre che non lo vorrebbe come figlio, non c'è padre che non lo vorrebbe come compagno di bevute al pub, non c'è figlia che non vorrebbe fare l'amore con lui.
E lui, guascone come sempre, continua a vincere e a macinare avversari e corse monumentali. Oggi al Giro delle Fiandre doveva succedere un qualche sconvolgimento epocale per impedirgli di alzare le braccia al traguardo; sapevamo tutti che Boonen avrebbe vinto andando in carrozza, eppure i nostri occhi non sono ancora sazi, e si riempiono con piacere delle imprese del Campione del Mondo. Sul Molenberg, il primo muro di giornata, mancavano ancora 113 chilometri al traguardo, un oceano di strada ancora da fare, eppure Boonen era lì, in testa al gruppo, a tirare e a iniziare l'opera di lavoro ai fianchi di tutti i rivali.
E lo faceva con naturalezza, come se fosse normale che il faro della corsa stesse in quella posizione già tanto presto, "Perché, dove volevate che fossi?", e ha ragione, il numero uno deve stare davanti a tutti. Anche perché sapeva di avere le spalle, oltre che larghe, anche ben coperte, perché la Quick Step non è una squadra, è una galleria d'arte, ed espongono nelle sue fila fior di campioni.
Come Pozzato, che quando i muri si sono sommati ai muri, in rapidissima sequenza, si è messo in testa a tirare come un umile gregario, e dire che due settimane fa vinceva la Sanremo; come Bettini, che ha fatto lo stopper per 30 chilometri, lui che questa corsa ce l'ha nell'elenco delle cose da fare ("Vincere il Fiandre prima di ritirarmi").
Il Koppenberg resterà l'immagine incontrovertibile e impietosa del Fiandre di oggi: su un muro al 22%, Boonen ha forzato, ha dato gas e si è ritrovato di nuovo in testa al gruppo, e poi davanti, e via sempre più solo, mentre alle sue spalle si contavano a decine i corridori costretti a mettere il piede a terra, a scendere dalla bici e a correre a piedi su quell'incredibile pendenza. E non parliamo dei brocchi, ma di conclamati campioni del presente e del futuro, quelli che dovevano lottare contro Tom per il successo oggi. Da Zabel (poi undicesimo al traguardo) a Ballan, la processione della fatica era impressionante.
Superato il Koppenberg (mancavano 73 km alla fine), c'è stato il riepilogo della situazione: intorno a Boonen si è coagulato il gruppetto che sarebbe andato a giocarsi il secondo posto a Meerbeke, tutti i principali avversari sono rientrati in pochi chilometri dopo il durissimo muro. Bettini, Van Petegem, Cancellara, Hincapie, Hoste, Pozzato, Flecha, Zabel, Hushovd, Klier, Ballan c'erano tutti. Anche un immenso Petito ha preso il treno giusto, ritagliandosi ancora una volta un ruolo di primo piano in questa magnifica corsa.
A questo punto, alla festa Boonen aveva i convitati che voleva: Pozzato e Bettini (e anche Baguet) a difenderlo in caso di necessità; tutti gli altri, da battere per avere più gusto nella vittoria. Si trattava solo di capire quando sarebbe nata l'azione decisiva, e chi l'avrebbe innescata. Fedele alla promessa di non attaccare (quello sul Koppenberg era stato un colpo per indirizzare la corsa, non per vincerla), Tom ha aspettato. E Hoste è stato il topolino caduto preda del gattone, il bravo Hoste che in settimana aveva fatto cose buone e giuste alla Tre Giorni di La Panne.
Leif, con la benedizione di Hincapie (che gli avrà prestato gli occhiali con la montatura bianca, forse per mescolare un po' le carte), è partito secco sul Valkenberg, non il più duro dei muri (ma in questa corsa ogni metro può fare selezione). Boonen gli si è subito messo alle costole; Bettini non ci è riuscito (accidenti accidentaccio, fossero stati in due i Quick Step, si poteva sperare che il classico gioco di squadra - scatto io, poi scatti tu - favorisse l'italiano) e alla fine avrà avuto la sensazione di un'occasione sprecata.
Infatti una volta persi all'orizzonte Boonen e Hoste, non restava, a quelli in gruppo, che fare gli stopper: Paolino in favore di Tom, Hincapie in favore di Hoste. E sì che ce ne hanno messo di tempo prima di prendere il largo i due fiamminghi: Cancellara ha fatto una sparata notevole, subito dopo il muro, è arrivato a sentire l'odore del grasso delle catene delle due bici dei battistrada, quanti metri, 5?, 10?, eppure gli saranno sembrati chilometri, perché quando stava per mettersi in scia, quel maledetto diavolo con la maglia iridata è andato a fare un'altra trenata paurosa, portando via il vagoncino dei sogni, stavolta irrimediabilmente. Supplizio di Tantalo, luce spenta, ciao Fabian.
Eppure, chissà perché (ma sì che lo sappiamo, in realtà), anche quando il gruppetto inseguitore era ancora lì a poche pedalate di distanza (con Klier a tirare più di tutti), non avevamo dubbi sul fatto che Boonen e Hoste sarebbero stati irraggiungibili. Tra l'altro hanno trovato l'accordo, perché Leif è stato intelligente, ha scelto di giocarsi quell'unica chance su mille perché sapeva che se non avesse collaborato, o Boonen lo avrebbe attaccato su qualche muro, o sarebbero forse stati ripresi, e per lui non ci sarebbero stati appelli (mentre per Tom c'era sempre la carta vincente della volata a ranghi ristretti). Meglio secondo dietro all'Imbattibile che anonimamente chiuso in un gruppetto.
Anche Petito ha provato un inseguimento solitario alla coppia battente bandiera fiamminga, e anche Ballan. Ma sono state innocenti evasioni, più per dimostrare di esserci che per reale convinzione di riprendere i fuggitivi. Se per il laziale si tratta comunque di una prestazione memorabile a fine carriera (e sì che fino a pochi mesi fa era disoccupato), per il veneto possiamo parlare di un altro tassello di esperienza che va ad aggiungersi al bagaglio di un futuro vincitore della Ronde.
L'ultimo chilometro, poi, che goduria: Boonen e Hoste a guardarsi, quasi da fermo, "sei scemo?, io non parto!", e sempre Tom a fare la parte del despota, del felino, di quello che si approfitta delle altrui debolezze. Niente alternative, anche stavolta, per Hoste: poteva stare in surplace quanto voleva, ma alla fine toccava a lui lanciare la volata. E l'ha piazzato, uno scattino, ma era uno scattino di uno che non ci crede nemmeno troppo, "telefonato" si dice in questi casi (Hoste e telecomunicazioni?), nemmeno il tempo di mettere un metro di luce tra sé e il tiranno, che quello aveva già la bocca spalancata e stava per fare un solo boccone dello sventurato collega.
E sotto lo striscione, nel totale tripudio generale, Tommy can you hear me?, mi sentite?, mi vedete?, è iridata questa maglia, se la indica, se la coccola, la mostra a tutti, dice "sì è vero, sono io, sono puntuale all'appuntamento", prima doppietta consecutiva al Fiandre dopo 33 anni (Leman '72 e '73), prima vittoria in una classica monumento da Campione del Mondo dopo Camenzind al Lombardia '98, primo mattone possente di un'altra annata memorabile nella carriera memorabile di questo Campione memorabile.

Marco Grassi




Le pagelle del Fiandre


Boonen - 10
È in maglia iridata, e lo vedresti anche in fondo all'ultimo gruppo degli staccati. È in forma strepitosa, e capita di vederlo tirare il gruppo sin dal Molenberg, primo dei 17 Muri in programma, a più di 140 km dall'arrivo. È stato altezzoso nelle dichiarazioni pre-gara ed in una corsa a rischio imprevisto altissimo come il Giro delle Fiandre è un azzardo non da poco: ma il belga non fora mai (non per tirargliela, per carità, ma è un dato di fatto), sul Koppenberg preso - e ti pareva - davanti fa una selezione impensabile che determinerà le prime 15 posizioni finali. Costringe 2/3 dei ciclisti a salire a piedi, costringe gli avversari a numeri incredibili, e se ad Harelbeke è stato Ballan il suo trampolino, verso Meerbeke è stato Hoste. Tranquillo a 1000 metri dall'arrivo, tranquillissimo all'ultima svolta a destra ai 600 metri. Ha vinto la volata con una gamba, ha vinto la corsa con due reattori al posto delle cosce, vincerà molto ancora perché è furbo, intelligente, e fortissimo. Harelbeke, Gand e due tappe al Tour nel 2004; Harelbeke, Fiandre, Roubaix, due tappe al Tour e Campionato del mondo nel 2005; e il 2006 è iniziato così. Grazie Tom.

Hoste - 9,5
Bravo Leif, uscito ottimamente - con due tappe vinte sulle quattro disponibili - dalla Tre Giorni di La Panne e al secondo 2° posto in tre anni alla Ronde (nel 2004 arrivò dietro Wesemann). Stabilisce che può essere il Valkenberg, ad una trentina di km dall'arrivo, a decidere la corsa, ma suo malgrado gli si attacca al carro posteriore un certo Boonen. E vabbè. Secondo dietro a Boonen è un ottimo risultato. E poi a La Panne sconfisse in una volata ristretta Eisel, uno che fa gli sprint di gruppo. Ci avrà sperato per un po'. Ci ha anche provato. È stato respinto, ma lo rivedremo alla Roubaix.

Petito - 9
Un attimino di attenzione, signori: va benissimo Pozzato, Bettini e Ballan. Ma Roberto Petito da Civitavecchia nel 2006 aveva ed ha avuto una sola occasione importante, importantissima: e l'ha centrata in pieno. In Italia una squadra del genere non ha trovato spazio né alla Tirreno né alla Sanremo: ma ha trovato posto nella Ronde fiamminga, grazie a Petito e Baldato. E il laziale si è piazzato - dopo il 5° posto dell'anno scorso - al 10° posto anche quest'anno. Stando sempre lì, provando con determinazione a riprendere Boonen ed Hoste sorpassando l'impasse del gruppo che inseguiva. 35 anni e una voglia di correre che fa impallidire molti. Massimo rispetto.

Hincapie e Bettini - 8,5
Stavano bene, erano in forma, ma - ahiloro - avevano due compagni che gli erano superiori. Almeno per motivazioni. Un americano ed un italiano compagni di squadra di due belgi in formissima. Sarebbero anche stati in grado di seguirli, ma era troppo alto il rischio di portarsi dietro corridori come Van Petegem e Klier. Hincapie ci ha provato maggiormente (Hoste era sfavorito nella volata a due) ed il 3° posto finale è il suo miglior risultato di sempre.

Ballan - 8
Il miglior italiano, ed era pronosticabile. Pensavamo francamente un po' di più, magari ce lo immaginavamo sul podio accanto a Boonen (per forza) ed un altro. Obiettivamente, però, un corridore al terzo anno di professionismo, al terzo Fiandre, che riesce ogni anno a migliorarsi (82° nel 2004, 6° nel 2005 e 5° nel 2006) è un'ottima cosa per il ciclismo italiano. Bravo Alessandro. Noi ci contiamo.

Pozzato - 7,5
Boonen, l'iridato, che lavora da stopper per Pippo alla Sanremo; Pozzato, vincitore in Via Roma, che tira per 40 km per Tom in Belgio. Siamo a quota due classiche del Pro Tour, a quota due classiche monumento ed a quota due classiche per la Quick Step. Pozzato in Italia, Boonen nelle Fiandre. Merito ai ds e a Lefevere, senza dubbio, ma tanto, tantissimo merito anche a questi ragazzi, sempre pronti ad aiutare un compagno di squadra, ed un amico, anche mettendo da parte i propri sogni. Atteggiamenti che, alla lunga, ripagano.

Van Petegem - 7
Gli anni passano, sui Muri non riesce più né a fare la differenza né a seguire il passo dei migliori. Però è sempre lì. 4° anche quest'anno, se l'è un po' presa all'arrivo con Ballan, ma è rimasto chiuso solo per colpa sua. Forse la Roubaix, a 36 anni, può sorridergli maggiormente. Anche perché lì ha qualche credito da riscuotere con la fortuna.

Zabel e Flecha - 6,5
Ma avete visto che belli? Non sappiamo se qualcosa li legasse anche prima di questa corsa, ma la fatica dello stare a "bagnomaria" tra i primi inseguitori ed il resto della corsa, lo sforzo profuso, la stanchezza, e la contentezza - in ogni caso - di esserci riusciti, li ha portati a tagliare il traguardo in 11° e 12° posizione mano per mano, come due bimbi consapevoli che la gioia di esserci, certe volte, è più grande della voglia di vincere. Riuscissero a dividersi la Roubaix (la diamo al grande Erik, per anzianità) e la Gand (in virtù dello scandalo del 2005 l'assegniamo allo spagnolo) sarebbe una coincidenza astrale bellissima. Forse anche troppo per essere vera.

Marichal e Schmitz - 6
Menzioniamo sempre i fuggitivi della prima ora, per ringraziarli in primis del pepe che danno alla corsa. E per fare loro i complimenti. A questi due, i più volitivi, aggiungiamo senz'altro anche Albasini, Auger, e poi Boucher e Reinerink. Try again!

Davitamon-Lotto - 6-
Trovare elementi da insufficienza in questo Fiandre è voler cercare il pelo nell'uovo, ce ne rendiamo conto. Un piccolissimo appunto lo facciamo alla squadra di Van Petegem, che ha comunque la sfortuna di perdere quasi immediatamente Van Bon per una foratura (si è ritirato dopo aver perso 5' ad aspettare il cambio ruote) e dall'avere un corridore come Steegmans, in forma sino a La Panne, claudicante per una botta alla clavicola patita proprio nella precedente corsa in terra belga. Questi due corridori, sfortuna a parte, sarebbero stati utilissimi per l'economia di gara di Van Petegem.

Erik Dekker - 5,5
Il secondo posto al Critérium International ci aveva tratto in inganno, così come i suoi trascorsi neanche troppo lontani in questa gara. Non si è mai visto ed ha lasciato Flecha solo al suo destino. Gli anni passano ed Erik ne risente.

Team Csc - 5
Un 6° ed un 8° posto con Cancellara e Kroon potevano essere forse sostituiti da un podio, con uno dei due, se solo ci avessero provato. Ma non essendo due corridori di primissimo piano, è comunque un buon risultato per il team di Riis.

Petacchi - 5
Sarebbe anche facile infierire, ma pur nella negatività della sua prestazione, è apprezzabile il fatto che ci abbia provato, che abbia voluto misurarsi in questo tipo di corse. Sui primi muri è stato addirittura nelle posizioni avanzate del gruppo, poi sul Koppenberg ha dovuto fare un tratto a piedi (come molti altri) e lì è finito il suo Fiandre.


Mario Casaldi




La chiave tattica


Abitualmente il Giro delle Fiandre è una corsa dove le squadre riescono a fare un lavoro molto buono per i loro capitani, ma quest'anno la Ronde si è corsa come fosse una Roubaix, coi capitani in avanscoperta - in prima persona - sin dalle prime battute di gara. La Quick Step è stata esemplare dopo il Koppenberg spianato da Boonen, essendo presente nella fuga decisiva con ben tre corridori (Baguet, Pozzato e Bettini) oltre il superfavorito della vigilia. Il lavoro preziosissimo di Pozzato e la presenza di Bettini nel secondo gruppetto che inseguiva Boonen ed Hoste hanno contribuito certamente al successo dell'ex-delfino di Museeuw. Fino al quinto dei diciassette Muri in programma era stata esemplare anche la Liquigas di Paolini, ma la foratura poco prima di imboccare il "malefico" Koppenberg ha tagliato fuori il comasco dalla lotta per la vittoria.
L'errore
Non sono errori individuali, perché mai come quest'anno la corsa è stata vinta dal più forte e combattuta dai più in forma del momento. Un piccolo appunto, però, come già detto, alla condotta di gara del Team Csc: nel gruppo inseguitore avevano Cancellara e Kroon, un passista validissimo (già 4° alla Roubaix) sul pavè ed un olandese molto avvezzo a questo tipo di gare (2° alla Freccia del Brabante e già 11° l'anno scorso a Meerbeke). È vero, c'erano anche Bettini, Hincapie e Van Petegem, ma i due corridori avrebbero dovuto dare maggiori impulsi all'inseguimento proprio perché erano in due e potevano sacrificare almeno un corridore (non importa chi) per un maggiore sforzo nell'inseguimento. Invece si sono accontentati del 6° e dell'8° posto finale.


M.C.



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