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Petacchi in ginocchio - Ale si fa male, Schumacher Show | Cicloweb

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Petacchi in ginocchio - Ale si fa male, Schumacher Show

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Mentre secchiate d'acqua continuavano a piovere dal cielo del Belgio sui malcapitati girini, Stefan Schumacher andava incontro alla sua consacrazione. Un quarto d'ora più indietro, Alessandro Petacchi portava a compimento in maniera dolente e professionale la tappa che l'aveva visto cadere, battere il ginocchio, soffrire e ricevere il supporto di mezza squadra, con lui fino al traguardo, ai limiti del tempo massimo.
Tutto questo mentre gli uomini di classifica si sfilacciavano sulla salitella finale che porta a Namur, il tutto a vantaggio di un Savoldelli sempre più convinto di incarnare il ruolo della lepre. Questa, in estrema sintesi, la terza tappa del Giro 2006, da Perwez a Namur, 202 chilometri nati e finiti sotto una pioggia battente, in una di quelle giornate che riesci a sopportare solo perché sai che l'estate ce l'hai ancora davanti, ma che se capitano in novembre ti piombano in una depressione senza fondo. Tutto grigio, sfuocato, indistinto, anche le maglie dei corridori nascoste da mantelline tutte uguali. C'est le Belgique, bellezza, e tu non puoi farci niente. Solo pedalare e sperare di non cadere.
L'asfalto viscido infatti, una volta assodato che la fuga in atto (Illiano, Aldape, Irizar, Moinard) non dà fastidio a nessuno, non può essere, in queste condizioni, scenario di colpi di classe e fantasia: troppo grosso il pericolo di uno scivolone, la classifica è tutta da scrivere, e perdere qualche pezzo grosso al terzo giorno di gara sarebbe davvero una disdetta.
Purtroppo la legge della strada è crudele, e non ci si può permettere di distrarsi nemmeno mezzo attimo. Quando succede, al km 157 di gara, 45 al traguardo, si verifica la temuta caduta. A finire al suolo è Alessandro Petacchi, e, con lui, Dario Cioni. L'anglotoscano si riprende bene, riparte, rientra, alla fine sarà anche tra i primi a Namur (14esimo); Petacchi no, la botta al ginocchio sinistro è forte. Uno dopo l'altro si fermano ad aspettarlo tutti i suoi gregari, lo coccolano, lo spingono, ma lui no, lasciatemi pedalare solo, non vuole darla vinta al dolore. Rientrano in gruppo, un gruppo che nell'occasione, con molto fair-play, non ha forzato in attesa del rientro dei Milram (buon per i 4 fuggitivi, che hanno così vinto 10 chilometri di fuga - e conseguente esposizione televisiva - in più).
Ma Petacchi, fortissimo quanto ipocondriaco, non è convinto. Il dolore c'è, non se lo può nascondere. Il ginocchio fa male, e allora anziché restare attaccati coi denti al plotone, meglio fermarsi e farsi medicare. Così fa AleJet, si ferma, si tiene come guardia d'onore Rigotto, Lorenzetto e Ongarato, e solo dopo che il dottore del Giro, il professor Tredici, lo ha curato e accudito, il ragazzone di La Spezia riparte, ma senza più velleità: gli importa solo arrivare al traguardo, e ci arriva, a 14'38" dai primi.
Non fa in tempo a dire che domani vuol ripartire, che lo portano in ospedale per una radiografia: e l'esito è di quelli impietosi, che spezzano il fiato e le speranze: rotula fratturata. Niente da fare, il Giro se ne va, il povero Ale non vedrà nemmeno l'Italia in bici. Che disdetta, altro che ipocondria. 45 chilometri con un ginocchio rotto, questa è la verità.
Peccato, perché la quarta tappa, da Wanze a Hotton, è un'altra frazione per velocisti, e Petacchi avrebbe avuto immediatamente l'occasione di vendicarsi dell'affronto subìto ieri a Charleroi. E invece lo spezzino non farà festa, né domani né nei giorni successivi. McEwen vincerà quasi certamente, ma avrà molto meno gusto a farlo.
Con Petacchi fuori dai giochi, tramontavano anche le ipotesi di vedere un velocista resistere sullo strappo di Namur (perché se non resisteva AleJet, chi allora?); sotto la pioggia sempre battente la Quick Step aveva lavorato tutto il giorno, e una volta ripresi i fuggitivi, a 20 km dalla fine, la responsabilità della corsa passava a Bettini, iperpronosticato alla vigilia. Gruppo molto allungato (anche a causa di qualche scivolone nel finale), e non tutti quelli che lo volevano sono riusciti a prendere nelle prime posizioni l'imbocco della salita conclusiva, a 2 km dal traguardo. Ciò ha comportato che lungo le rampe verso la cittadella di Namur si provocassero dei piccoli frazionamenti nel gruppo, tramutatisi in qualche secondo di differenza tra vari drappelli.
Rubiera, uomo di fiducia di Savoldelli, è partito a un chilometro e mezzo dalla conclusione; ad andargli dietro, dopo qualche attimo di controllo tra i big, è stato non Bettini, non Di Luca, non Cunego, e nemmeno Rebellin; ma Stefan Schumacher, che di quest'ultimo è compagno di squadra. Schumacher ha guadagnato la ruota di Rubiera, e poi l'ha superato con appariscente naturalezza, per allungare definitivamente negli ultimi 500 metri. Un margine, tra lui e lo spagnolo, di pochi metri, ma che è bastato al quasi 25enne tedesco per godersi il successo.
E non solo il successo, se è vero che, grazie all'ottima minicrono di sabato, Schumacher ha potuto anche vestire la maglia rosa. In testa al Giro, chi l'avrebbe pensato un anno fa, quando Stefan era appiedato, sospeso dalla sua ex squadra (la Shimano) in seguito ad un poco chiaro caso di doping: lo stimolante trovato nel suo test antidoping al Giro della Renania era effettivamente contenuto in un medicinale contro l'allergia? E perché era vietato (parliamo della catina), se poi l'equivalente norpseudoefedrina non lo è? In effetti la federciclo tedesca ha scagionato Schumacher, che ha potuto così approdare in Gerolsteiner (e quindi nel Pro Tour) e può oggi fregiarsi di una maglia rosa su cui pochi avrebbero scommesso.
Schumacher toglie la maglia a Savoldelli, ma figurarsi se il Falco piange: tanto per cominciare, domani la sua Discovery si rilasserà senza dover controllare la corsa (tanto poi nella cronosquadre Paolo si riprende il primato); e poi c'è di bello per il bergamasco che la sua freschezza lo ha portato a chiudere la tappa nel gruppetto a ridosso di Schumacher e Rubiera, con 3" sul plotoncino di Cioni e Honchar, 7" su quello di Cunego, Basso e Di Luca, e ben 23" su quello di Simoni (e Scarponi). Se stamattina avessero detto a Savoldelli che avrebbe guadagnato quasi mezzo minuto su Simoni in una tappa come quella di Namur, il Falco ci avrebbe messo due firme.
Si conferma la tendenza di inizio Giro: abbiamo una lepre, sempre più lepre, e che lo sarà ancora di più giovedì sera, dopo la cronosquadre. Gli altri, tutti più forti di Savoldelli in montagna, dovranno poi attaccarlo; sì, avranno tante salite su cui provarci. Ma per ora qualche scaglia d'inquietudine sta iniziando a insinuarsi nei loro pensieri.
Lo sconfitto di giornata è Bettini. Ha detto di essere stato frenato da una moto dell'organizzazione sul più bello, mentre stava per scattare verso Namur. Nessuno può dubitarne, ma la realtà è che un Bettini al meglio avrebbe fatto un sol boccone della moto e di Schumacher. Dalle immagini si vede che la moto in effetti un po' lo intralcia (il morbo-Poggio-di-Sanremo si propaga, accidenti!). Ma Paolino avrebbe tutto il tempo di riprendere il ritmo, e di (quantomeno) seguire Schumacher quando il tedesco parte in caccia di Rubiera.
Il Grillo non attraversa un gran momento: fisicamente gli manca evidentemente qualcosa; e moralmente patisce una situazione in squadra (Quick Step) in cui si è visto scalzato, nei cuori dei manager, dal rampante Boonen. E si sa quanto la fiducia del team possa valere per un corridore. Ci pensi, Lefevere, c'è ancora mezza stagione davanti, e Bettini può vincere ancora tante corse.


Marco Grassi

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