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Ivan devasta, Leo incassa - Furore Basso, poi il volo di Piepoli

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Piove, governo ladro. Piove e fa freddo, ma proprio un freddo boia, un freddo di montagna. Si gela e si sale; è il destino di chi fa parte di una carovana, ieri si scendeva al caldo quasi estivo, in faccia al mare; e oggi si gela e si sale. E piove, sui nostri sogni e le nostre paure, piove sui ricchi e sui poveri, sui forti e sui deboli, sui capitani e sui gregari. Piove sul San Carlo, e la strada, dannatamente, sale.
Devastator non se ne cura. Devastator ha un obiettivo preciso e stampato nella mente e negli occhi, e non può permettere che siano 4 gocce o 4mila a farlo tentennare; Devastator soffriva il freddo, forse lo soffre ancora, ma non se lo dice, se lo tiene nascosto, non fa male, non fa male, Devastator si concentra solo sulla strada, sulla salita, sull'orizzonte che è breve, non dà respiro, l'orizzonte è bitume bagnato, viscido, chilometri e chilometri di asfalto che si inerpica su pendenze durissime.
Devastator non si dà pena. Li ha visti, alla sua ruota, quelli che lo vogliono spogliare, delle sue ambizioni e di quella maglia rosa che, anche oggi che è intrisa d'acqua, conserva sempre il profumo del primato. Lo devono attaccare, perché la cronometro di Pontedera gli ha lasciato in eredità un vantaggio considerevole da gestire. Lo devono attaccare e sono tanti, tanti contro uno, perché è così, lui è solo con la sua squadra, visto che è presto per le alleanze, la classifica è ancora fluida, non si può fare corsa parallela con nessuno.
Lo devono attaccare e fanno la corsa dura, sin dall'inizio della giornata, sin da quando, alla partenza da Alessandria, il tempo non è così infame, non c'è freddo, non c'è pioggia. 53 km/h nella prima ora, la Lampre di Cunego sa il fatto suo, e la Selle Italia di Rujano collabora. Sta a vedere che qualcosa succede davvero. Poco prima di metà tappa, e parte la fuga. Sono in 6, e dentro ci sono Bruseghin (Lampre) e Serpa (Selle Italia). Sì, fanno proprio sul serio. Vogliono mandare gli ispettori a indagare sull'aria che tira in avanscoperta, nell'attesa che siano i capitani a raggiungerli sulla salita finale.
Devastator controlla, è sereno, lui sa sempre il fatto suo. Lascia che la fuga prenda un margine di 6', di più non possiamo fare, e che sia qualcun altro a muoversi. Si muovono, come a Passo Lanciano, sono la Saunier Duval di Simoni e la Liquigas di Di Luca a tirare per 30 chilometri, prima del San Carlo. Riportano il gruppo a un passo dai fuggitivi, Devastator ringrazia, troppo gentili, magari volevano solo alzare il ritmo, va benissimo, vediamo chi festeggerà per questo.
Si svolta a sinistra, e si inizia a soffrire, sempre di più, sempre peggio. Devastator aspetta che qualcuno parta, si era rimasti d'accordo che mi avreste attaccato, vero? Parte Rujano, lo scricciolo, ma lo chiamiamo Scricchiolo, perché cigola, non volteggia come un anno fa, il suo attacco non è davvero un granché, non fa il vuoto, si riporta su Serpa, che è rimasto solo in testa (anche Bruseghin ha mollato), ma in due non sono in grado di architettare alcunché, e il ritmo di Cuesta, compagno di Devastator, riporta sotto il gruppo.
Non solo lo riporta sotto. Lo screma, lo sfoltisce, lo stira e lo allunga, ed ecco i primi boccheggi, il respiro si fa corto, affannoso, la vista si appanna, è il secondo chilometro di salita, ne mancano ancora 8 alla vetta e 17 al traguardo, e Paolo Savoldelli molla la presa. Si stacca, perde contatto e fiducia, capisce che anche oggi non è giornata. Sembra incredibile, ma questa tappa è la fotocopia di Passo Lanciano: Bruseghin inutilmente in fuga, poi Saunier e Liquigas inutilmente a tirare, poi il Falco è il primo a cui si spegne la luce, mentre la Csc tiene un ritmo forsennato in testa al gruppetto.
Qual era lo step successivo? Eccolo, Di Luca che cola a picco. E Di Luca, esattamente come in Abruzzo, cola a picco. Ne restano sempre meno, accanto a Devastator. Devastator, proprio lui, decide di prendere direttamente il comando delle operazioni. E va lui a tirare, ma no, non è un tirare normale, è un attacco in piena regola. Devastator non sa scattare, lui va di progressione, e va, certo che va, non si tiene più, la pioggia in testa nemmeno la sente, e non sente la fatica, e non sente la paura, e non sente nessuno di quelli che, si era rimasti d'accordo, mi attaccate.
Devastator devasta, lascia i suoi rivali incartati, affranti sulle loro bici, a raccogliere i cocci di se stessi. È uno sciupìo, uno sparpaglìo. Cunego chi? Cunego sì, era lui che doveva mettere in difficoltà Devastator, e invece è ancora troppo presto quando Damiano si scioglie nella pioggia, e resta attardato, ma questa non è solo questione di gambe, è anche la testa, forse il Piccolo Principe non è compiutamente attrezzato per reggere il confronto con il crescente carisma di Devastator.
È anche tenero, Cuneghìn, nella sua fatica frustrata, glielo leggi in faccia il senso di inadeguatezza, che diavolo ti sta succedendo biondino, dov'è finito quello scavezzacollo che ci fece innamorare? Lontano, lontano. Caruso, Scarponi, Gutiérrez, Pellizotti, un sorprendente Gadret, un bentornato Pérez Cuapio, gli sono davanti. Ancora più su, Simoni e Piepoli. Che personaggio, il pugliese. Scorta il suo capitano, finché Gibo non capisce che non è cosa, che è meglio provare a portare a casa qualcosa di concreto, finalmente. Leonardo sta bene, e allora va', Trullo, parti, inseguilo, riprendilo, mordigli le caviglie.
E Piepoli va, vede Devastator davanti a sé, lo riagguanta, non ha la forza per dargli un cambio, si accuccia alla sua ruota, tanto la discesa è dalla sua. Per l'appunto. Scollinano insieme, con 1'24" su Simoni raggiunto da Gutiérrez (chi l'avrebbe mai detto), 2'25" su Pellizotti e Belli, 2'35" su Caruso, 2'40" su Cunego, 3'10" su Savoldelli, 3'20" su Di Luca.
Devastator non contempla la discesa nella sua prospettiva. Per lui conta solo salire, sempre di più, sempre più in alto, la discesa è un concetto che proprio eticamente non gli appartiene, gli è estraneo. È fermo, in discesa, non ci prova nemmeno, la strada è bagnata, e Devastator non può cadere, scivolare via. Piepoli se ne va, allora, è la sua occasione, è la sua giornata, è la prima vittoria di tappa al Giro d'Italia che finalmente è a portata di mano. Allunga, metro dopo metro, tornante dopo tornante. Non lo vede più.
Anche da dietro guadagnano su Devastator. Se lui ne fa una questione etica, Paolo Savoldelli sa bene che forse l'unica cosa attraverso cui si può superare l'etica è l'estetica. Lui ne fa un fatto estetico, è vero. Scende ed è bellissimo, pennella, non è una bici, è un over-craft, scivola a pelo d'acqua (l'acqua che sommerge l'asfalto e lo rende infido, traditore), recupera secondi e secondi, se sconfitta dev'essere sconfitta sia, ma almeno che sia di proporzioni accettabili. Recuperano tutti, su Devastator. Ma è uno zuccherino, niente di più. È il fosforo che serve a tenere accesa una fiammella e, contemporaneamente, a ricordar loro che c'è ancora tanta strada fino a Milano, e tante montagne.
Perlomeno, questo recita il copione, e questo bisogna dire. Tutto può succedere, perché la vita è straordinaria per questo, ti sorprende, ti prende alla sprovvista, ti colpisce alle spalle, anche, a volte. Crederci o non crederci, a questo punto, non è forse nemmeno così importante. Bisogna lasciarsi vivere, the show must go on, andiamo avanti e vediamo. Devastator è il padrone. Del Giro. Dei loro destini. Se cadrà, a questo punto, sarà perché lui è caduto. Gli altri, gli altri. Agli altri resta il secondo posto. E un maledetto senso di impotenza.


Marco Grassi

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