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«Giro, ci siamo anche noi!» - I nomi nuovi: Ghisalberti e Bellotti | Cicloweb

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«Giro, ci siamo anche noi!» - I nomi nuovi: Ghisalberti e Bellotti

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Ghisalberti, bergamasco della Milram, arriva al Giro con la bella prestazione del Giro di Romandia e le qualità in salita che tutti hanno potuto notare. Qualità che gli frutteranno parecchio in un'edizione della corsa rosa disegnata col naso all'insù. L'anno scorso fece già intravedere ottime cose finendo in 3a posizione il Giro del Trentino; quest'anno tra Settimana Internazionale Coppi&Bartali e Svizzera Romanda si è definitivamente ritagliato un ruolo importante nelle corse a tappe, finora brevi. Corre con la squadra di Petacchi, col treno di Petacchi, e pur non avendo né le caratteristiche né l'esperienza del Cioni versione Fassa-2004 ecco che "il russo" (soprannome inventato dal compagno Cadamuro per descrivere la sua proverbiale assenza di loquela - caratteristica che si evince anche nell'intervista...) potrebbe essere considerato, all'interno del team di Stanga, il battitore libero, l'uomo di classifica, l'unico esentato dal lavoro per Petacchi nelle frazioni piatte.
Bellotti, veronese della Crédit Agricole, arriva al Giro senza Pietro Caucchioli (dirottato in Francia al posto del ceduto Moreau) e con prestazioni più altalenanti rispetto all'altro: ottimo ad inizio stagione nella calda Malesia, maluccio al rientro in Europa, e poi un classico percorso di avvicinamento con Paesi Baschi e Ardenne, un po' alla Di Luca per intenderci. E alla Liegi è pure rimasto coi migliori per lunghi tratti per poi sfilarsi inesorabilmente al vero sguainarsi delle spade più lucenti. Ha un compagno esperto come Botcharov che gli potrà essere molto utile in gruppo e che potrà anche suggerirgli l'eventuale passo da tenere nel momento in cui i migliori innesteranno, inevitabilmente, il turbo.
Anziché inseguire i soliti nomi che tutti conoscono a memoria e che caratterizzeranno certamente la corsa rosa, ci piace presentare alla vigilia del via da Seraing due ragazzi forse poco noti al grande pubblico: due giovanotti del '79 (compiranno 27 anni rispettivamente in dicembre ed in agosto) che potranno destare, magari solo per un attimo, le attenzioni di pubblico, tifosi ed addetti ai lavori durante le 21 tappe del Giro d'Italia.

M.C.




Ghisalberti: «Che emozione, il primo Giro»


Fra i giovani di buone speranze che si stanno affacciando sulla scena ciclistica mondiale c'è Sergio Ghisalberti, ventiseienne di Poscante, storica e affascinante frazione di Zogno, in Val Brembana. Professionista dal 2005, al Giro di Romandia ha dato ottimi segnali: quinto nella terza tappa, decimo nella quarta, ha terminato nono in classifica generale. La Milram lo schiererà al Giro d'Italia, dove "il Ghisa" potrebbe avere qualche ambizione di classifica.
Ormai mancano solo tre giorni dall'inizio del Giro: come ti senti?
«Sarà il mio primo Giro d'Italia, quindi sono abbastanza emozionato».
Hai già preso parte ad una corsa a tappe di tre settimane?
«Nel 2005 ho partecipato alla Vuelta, portata a termine soltanto da tre corridori della Domina Vacanze: Cortinovis, Nuridtinov e io. Certo, in alcune tappe ho fatto fatica, ma complessivamente ho provato buone sensazioni, che mi fanno ben sperare per l'imminente Giro. C'è però da sottolineare una differenza importante: là ho corso solo per fare esperienza e per aiutare i miei compagni, al Giro invece vado per fare classifica».
Puoi spiegarci nei dettagli quale ruolo rivestirai durante il Giro, all'interno della Milram?
«Dovrò aiutare Petacchi nelle tappe a lui adatte, ma senza spremermi troppo: conserverò le energie per la montagna, perché in salita avrò il mio spazio».
Sarai l'unica punta per la montagna?
«Anche Vanotti parte con obiettivi simili. Tappa dopo tappa vedremo chi sta meglio e decideremo il da farsi».
Ma quali sono le tue caratteristiche? Te la cavi solo in salita?
«Io sono un passista scalatore, che si difende anche a cronometro».
Quest'inverno già avevi previsto i risultati che stai ottenendo, vedi il Romandia?
«Devo ammettere di essere partito già con l'idea di fare bene: ad inizio stagione sono sempre in forma, e quest'anno poi mi sono preparato per il Giro, tuttavia non mi aspettavo dei piazzamenti così rilevanti ad una corsa come il Romandia».
Hai individuato la tappa più dura delle tre settimane?
«Credo sia quella del Plan de Corones, ma in generale tutta l'ultima settimana risulterà molto impegnativa».
Come si sta in squadra in compagnia di Zabel e di Petacchi?
«C'è un clima bellissimo all'interno della Milram. I due campioni sono bravissimi ragazzi, da loro c'è sempre qualcosa da imparare, e quando ne hai bisogno ti dispensano consigli e ti danno una mano».
Ci racconti come hai iniziato a correre in bicicletta?
«Sono salito in sella da esordiente: mio fratello già correva e io ho provato ad imitarlo. Mi è piaciuto, è arrivata qualche vittoria, il morale è cresciuto e ho deciso di proseguire».
Come hai vissuto il passaggio al professionismo, l'anno scorso?
«Mi aspettavo di fare fatica in quella fase e in effetti le prime corse nella nuova categoria sono state molto dure per me, ho avvertito soprattutto la differenza nel chilometraggio e nel modo di correre rispetto al pianeta dei dilettanti, ma mi sono abituato presto al nuovo mondo».
Ami allenarti in compagnia o da solo?
«Di solito pedalo in compagnia del mio lettore mp3. Esco da solo perché mi capita di svolgere allenamenti particolari, mirati, e poi perché nelle nostre zone c'è molto traffico, andare in bici è sempre un pericolo, che aumenta se si è in più di uno».
E quali sono i tuoi itinerari?
«Vado spesso verso il Lago d'Iseo, verso Clusone, la Val del Riso e ovviamente in Val Brembana dove abito».
La tua salita di riferimento?
«È il Selvino, scalato partendo da Nembro. Lì faccio i miei test, è una salita che conosco benissimo e che percorro molto spesso».
Chi è il tuo modello come ciclista?
«Armstrong».
Quali sono i tuoi interessi al di fuori del ciclismo?
«Amo ascoltare musica, le moto, e il computer (navigo in internet)».
Chi è in lizza per la vittoria del Giro secondo te?
«Si daranno battaglia Cunego, Simoni, Basso e Savoldelli».
Quando parti per la nuova avventura?
«Domani sera (mercoledì, ndr) prendiamo l'aereo da Orio attorno alle ventuno (direzione Belgio), e mi pare che sia lo stesso volo che prenderà Savoldelli».

Enula Bassanelli




Bellotti: «Il mio sogno è sulle Alpi»


Classe '79, di Bussolengo, nel veronese, terra che tra il podio di Caucchioli e la vittoria di Cunego vanta dei trascorsi recentissimi piuttosto incoraggianti...
«Infatti sono io che abbasso la media... (ride)»
Quali sono le aspirazioni di Bellotti per il Giro che sta per nascere?
«Per la prima volta ho l'opportunità di fare la mia corsa. L'anno scorso, all'esordio al Giro, ho ovviamente aiutato per quanto mi è stato possibile Caucchioli, mentre quest'anno toccherà al sottoscritto curare la classifica generale. La condizione sta salendo, anche se prevedere la mia posizione finale in questo momento mi riesce francamente complicato; spererei di arrivare nei primi 20 e di poter essere tra i migliori in qualche tappa, e magari giocarmi una vittoria parziale».
Obiettivo: classifica generale, in poche parole.
«Sicuramente un occhio sarà fisso sulla classifica, ed anche se dovessi perdere un paio di minuti nella prima settimana a vantaggio dei migliori non mi abbatterei perché quello stesso ritardo mi potrebbe permettere di utilizzare una fuga importante per rientrare in classifica».
E del percorso del Giro che ne pensi?
«È un Giro durissimo, forse anche troppo. Ho guardato durante gli ultimi giorni le altimetrie ed i profili di parecchie tappe e veramente è un grandissimo Giro. L'assenza di giorni di riposo dopo l'11a tappa è un altro elemento che renderà questo percorso davvero impegnativo. Le tappe sono comunque veramente durissime, ed io penso francamente che sia anche troppo duro».
È stato il 16° posto del Tour de Suisse 2005 che ti ha spinto a provare a curare la classifica generale in una grande corsa a tappe?
«Nel Giro di Svizzera ho dimostrato che in quel determinato tipo di corse a tappe posso essere uno tra i primi in salita, quindi è da lì che è partita la speranza di migliorare ancora col tempo che passa ed arrivare a giocarmi un piazzamento tra i dieci in una corsa a tappe. E poi questo è il primo anno che mi capita di preparare un appuntamento in maniera mirata e dedicata; durante i primi anni di professionismo si vivono le corse come delle continue occasioni per mettersi in mostra, invece col passare del tempo ci si rende conto che se si vuole ottenere qualcosa bisogna pensare una preparazione invernale già incentrata sul grande appuntamento stagionale. Ovvio che anche per me è una novità e sono curioso di vedere come reagirò a tutto questo».
Anche perché per un ragazzo passato professionista nel 2003 con la Mercatone Uno-Scanavino di un certo Marco Pantani il "sogno maximo" non può non essere il Giro d'Italia.
«Eh beh, sicuramente... Quando si inizia a pedalare il sogno che si ha in testa è quello di emulare i grandi campioni nelle tappe più belle, quelle che tutti ci ricordiamo. La passione parte tutta da lì, da campioni come Pantani».
Quest'anno sei partito forte con il 2° posto del Tour de Langkawi. Di contro, da quella corsa ti si è poi rivisto soltanto tra Amstel e Liegi. Come hai improntato l'avvicinamento al Giro?
«Al Langkawi ho ottenuto un piazzamento parzialmente inaspettato, visto che ho passato un inverno relativamente tranquillo, lavorando sì, ma non a tal punto da poter pensare di star davanti sin dalle prime corse. Tornato in Italia, ho avuto qualche problema nel riadattamento al clima, passando dal sole della Malesia alla neve di Chiasso, Lugano e della Tirreno-Adriatico: lì sono andato in difficoltà più per questa escursione termica che per una cattiva gamba. Poi ho disputato un Giro dei Paesi Baschi in maniera regolare, senza particolari picchi, ma stando continuamente coi migliori 20-30 della corsa in salita. Infine, durante le Ardenne ho avuto sensazioni positive. Sicuramente per preparare una corsa come il Giro devi subire grossi carichi di lavoro in allenamento che poi nelle corse di avvicinamento paghi non poco in termini di fatica, si toglie un po' di brillantezza e non è facile fare risultati in determinate condizioni».
I principali protagonisti del Giro d'Italia sono parsi già in ottima forma. Dando per scontato che sono grossi corridori e possono vincere anche non al 100%, può essere un rischio essere già ad un buona percentuale di forma con un'ultima settimana di Giro così impegnativa?
«Non so come gli altri abbiano preparato il loro Giro, davvero non posso saperlo. So come l'ho preparato io e come già ho detto non sono affatto sicuro della bontà di ciò che ho fatto proprio perché è la prima volta che attuo una preparazione finalizzata ad un appuntamento particolare. L'impressione che ho io è che quasi tutti abbiano utilizzato il tempo tra Liegi e Seraing per riprendersi un po' dalla fatica e fare qualche richiamino per mantenere una buona condizione che poi dovrà salire. Certo, vedere Basso e Cunego che vincono già da un paio di mesi mi lascia un attimo perplesso; ma io non posso neanche permettermi di paragonarmi a due corridori così e quindi penso sia normale che, se tutti e tre siamo all'80%, Basso e Cunego vadano più forte di me».
Hai anche la fortuna di essere in una squadra francese che ha buoni corridori a sufficienza da mandare qualche nome di rilievo anche al Giro, per esempio Botcharov o Halgand.
«Vero. Anche se Caucchioli ed Hushovd, i due corridori più rappresentativi del team, correranno il Tour de France perché siamo una squadra francese, al Giro ci sarà comunque una squadra buona. I vari Botcharov, Halgand, ma anche Vogondy, potranno darmi un grosso aiuto in salita: un appuntamento come il Giro d'Italia non va mai snobbato. Quantomeno si dovrà essere combattivi».
Il Giro d'Italia ha perso però un possibile outsider, un giovane americano che corre proprio nella Crédit Agricole, e che si è gravemente infortunato al Circuit de la Sarthe: il suo nome è Saul Raisin.
«Saul è un bravissimo corridore, uno scalatore, che purtroppo è entrato in coma dopo una caduta patita al Circuit de la Sarthe quasi tre settimane fa. Ora ha avuto dei miglioramenti, so che sta per essere trasportato in un ospedale americano vicino alla residenza dei genitori e questo non può che farmi piacere, perché è sintomo quantomeno di una gravità meno allarmante. Non gli ho ancora parlato perché dal team mi hanno fatto sapere che è ancora abbastanza confuso e che ha qualche difficoltà nell'esprimersi, ma fisicamente è tornato a camminare ed anche il mio sorriso torna».
Avevate mai parlato del Giro d'Italia 2006?
«Molte volte, perché in pratica abbiamo seguito la stessa preparazione e lo stesso programma di avvicinamento al Giro d'Italia fino al La Sarthe. Sin dal Malesia, dove Saul vinse la tappa in salita, eravamo in squadra insieme e lo saremmo stati anche qui al Giro. Sicuramente la sua vicenda fa pensare molto, perché vedi in lui ciò che potrebbe essere ogni ciclista in ogni momento della carriera. Le cose capitano così, anche quando meno ce le si aspetta, e questo è tanto inquietante quanto vero».
C'è un corridore a cui ti ispiri sia nell'allenamento che nella tattica in corsa?
«Si può dire che io "convivo" con Caucchioli, e per forza di cosa è lui che mi sta insegnando tutti i "trucchi del mestiere", soprattutto nelle tante volte che si divide la camera durante le corse ed i ritiri».
Scegli una tappa che ti piacerebbe vincere. Magari da dedicare a Raisin.
«Per uno che non ha mai vinto da professionista fare centro al Giro d'Italia sarebbe un sogno stupendo. Se poi venisse in una tappa alpina, una qualsiasi, allora sarebbe veramente il massimo».

Mario Casaldi    



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