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«Darò tutto per Cunego» - I progetti di Tiralongo per il 2006 | Cicloweb

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«Darò tutto per Cunego» - I progetti di Tiralongo per il 2006

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Mondiale di Verona, 1999, mentre Cunego mostrava al mondo la sua classe trionfando tra gli juniores, un giovane Paolo Tiralongo disputava una prova davvero eccellente tra gli under 23, chiusa con un decimo posto finale.
Due strade parallele che, dopo qualche anno, sono tornate ad incrociarsi.
Quali differenze hai trovato tra l'esperienza in Panaria e quella che hai appena iniziato a vivere qui in Lampre?
«La più grande differenza è che qui bisogna fare sempre tutto al massimo: dalla cura del mezzo, dell'abbigliamento, insomma di tutti i particolari che poi fanno la differenza ai massimi livelli. Per esempio stiamo già provando la bici per la cronosquadre del Giro, con molto anticipo rispetto a quanto si usava fare in Panaria».
Il tuo trascorso professionistico si è consumato in due grandi squadre e soprattutto con due grandi direttori sportivi come Ferretti e Riverberi. Cosa ti è rimasto di ognuno di loro?
«Di Ferretti sicuramente il modo in cui riusciva a caricarti prima di una corsa, mentre Reverberi sapeva tirare fuori il meglio di te facendo leva sulla tranquillità. Due atteggiamenti apparentemente opposti ma che portavano entrambi ad un medesimo risultato, evidentemente positivo».
Quindi è proprio questo il segreto di una Panaria che, nonostante non faccia parte del Pro Tour, ha ottenuto decine di vittorie ed ancor più piazzamenti?
«Credo proprio di sì. I Reverberi puntano la loro gestione del team proprio su di un ambiente abbastanza estraneo all'ansia di un risultato da ottenere e tutti i costi: "Se viene, bene, sennò sarà per la prossima volta". Ed è proprio così che nascono invece risultati eccezionali».
Sembra subito che sia nato un feeling particolare con Cunego, viste anche le strutture fisiche similari. La cosa ti fa piacere?
«La cosa mi inorgoglisce molto; era quello che volevo, anche perché Damiano è molto giovane e deve quindi imparare ancora tante cose, ed io sono ben felice di dare tutto me stesso per consigliarlo nel modo migliore».
Questo rapporto è circoscritto alla professione o va anche oltre il mondo del ciclismo?
«La nostra è sicuramente un'amicizia che va oltre l'ambito professionale; per esempio nel miniritiro fatto in Sicilia siamo stati insieme con le rispettive famiglie, e penso proprio che la cosa si ripeterà spesso in futuro».
La tua dimensione quest'anno sarà finalizzata unicamente al lavoro per Cunego o credi di riuscire a ritagliarti un tuo spazio nelle corse a te più adatte?
«Il mio principale obiettivo sarà soprattutto quello di stare il più possibile accanto a Damiano, poi certo se si verificheranno le condizioni di poter esser protagonista in prima persona di sicuro non mi tirerò indietro».
Ed a proposito di ambizioni personali, oltre al Giro parteciperai anche alla Vuelta, nonostante la corsa spagnola non sia nel programma di Cunego?
«Sì, la Vuelta è nei miei programmi, ma solo in seguito valuteremo con la squadra le tattiche ed i compiti da svolgere per la corsa spagnola. È comunque una gara che mi piace molto e se ne avrò la possibilità cercherò sicuramente di riuscire a ritagliarmi il mio spazio».
Nel momento in cui hai firmato per la Lampre eri consapevole che sarebbe stata soprattutto questa la tua dimensione?
«A me è sempre piaciuto poter esser d'aiuto ai giovani dalle grandi potenzialità e nello specifico il bel rapporto che ho con Damiano è datato ben prima del mio passaggio in Lampre; in corsa ci cercavamo spesso ed io sono stato sempre ben felice di dargli qualche piccolo consiglio. Diciamo quindi che la mia è stata una scelta sicuramente ben ponderata».
È stato utile il miniritiro fatto al caldo della Sicilia nella prima metà di gennaio?
«È stato utilissimo, prima di tutto perché abbiamo lavorato molto bene per dieci giorni, con un temperatura ideale, ed io penso che il fondo fatto in quegli allenamenti, su percorsi molto impegnativi, senza un metro di pianura, valga bene il lavoro che puoi fare in tutto il mese di gennaio al freddo del nord Italia».
Anche in Panaria tra i tuoi compiti c'era quello di fare da "chioccia" ad un altro fulgido talento del panorama italiano, Emanuele Sella?
«Sia che io che Mazzanti su tutti, abbiamo cercato spesso di dargli i giusti consigli, ma Emanule è caratterialmente quello che si vede in corsa: un testardo, che ascolta tutti ma alla fine fa ciò che pensa, nel bene e nel male. Credo che la tappa di Livigno dell'ultimo Giro sia un esempio molto significativo al riguardo. Gli auguro comunque di crescere molto, ma di testa ancor prima che di gambe».
Quali sono le possibilità che offre la Sicilia per il ciclismo agonistico giovanile?
«Purtroppo la situazione è ancora molto approssimativa: ti capita spesso di fare corse con gli amatori, ed è anche per questo che la maggior parte dei corridori professionisti della mia regione sono costretti a trasferirsi al nord ancora giovanissimi. Io stesso sono partito da casa appena quindicenne, e pochi mesi dopo infatti, durante una gara nel bergamasco, fui notato dalla Vellutex, che mi offrì la possibilità di correre con loro».
La Vellutex era già allora diretta da Locatelli?
«Non ancora, o almeno non direttamente, cosa che avvenne invece per i quattro anni successivi».
Il tecnico bergamasco è così rigido come spesso viene descritto?
«Sicuramente è un tecnico molto esigente ma devo dire che mi ha fatto crescere davvero molto. Conosce il ciclismo come nessun altro, ricordo che spesso era capace di farti l'ordine d'arrivo della corsa ancor prima del via. Ed anche le poche volte che, finita la corsa, ti faceva allenare ulteriormente, di solito con la cronoscalata della Roncola, era per fare dei test fisici su ciascun atleta, non certo per degli atteggiamenti controproducenti alla crescita di ogni corridore. C'è una frase che mi porterò sempre con me: "Cerca di apprendere al meglio i miei insegnamenti perché quando uscirai da qua, se non sarai un corridore già formato, non ci sarà nessuno disposto a farti crescere ancora"».
Nonostante molti piazzamenti non hai ancora mai vinto tra i professionisti. Se potessi scegliere, in quale corsa preferiresti farlo?
«Premesso che una vittoria è sempre una vittoria, e che quindi sarei ben felice di ottenerla in qualsiasi gara, se devo dire un nome secco dico San Sebastian: è una corsa che mi piace molto, anche se la molta pianura tra lo Jaizkibel e l'arrivo rende ancora più difficile questo sogno».

Giuseppe Matranga



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