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La Vuelta va, senza pretese - Sarà ancora un affare tra spagnoli

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Vuelta 2005: forse, siamo onesti, la guarderemmo con un occhio solo se sin da ora sapessimo che l'esito sarà come quello del 2004. Un campionato nazionale spagnolo a tappe, fu: 23 uomini di casa nei primi 25 della classifica generale, e guarda caso gli unici due a spezzare il dominio erano italiani, Garzelli undicesimo e Cunego - pur partito con buone aspettative - sedicesimo. Il veronese pagò mezz'ora a Heras, e meno male che fu quest'ultimo a vincere, perché si rischiò che primeggiasse Santi Pérez, assurto all'improvviso - dopo anni di anonimato - al rango di corridore fortissimo su tutti i percorsi, e poi scoprimmo il perché (autoemotrasfusione, come il suo compagno in Phonak Tyler Hamilton, pizzicato sempre alla Vuelta).
No, non fu una bella Vuelta: le salite erano tantissime, l'ultima settimana era impressionante, ma lo spettacolo che ne conseguì fu inferiore alle attese. Ecco, se sapessimo che avremmo davanti tre settimane come quelle, l'attenzione scemerebbe naturalmente. Ma il bello del ciclismo è che impone sempre novità, e che non è mai scontato.
E allora, Vuelta 2005. Vincerà per la quarta volta Heras? Oddio, se Armstrong (motorizzato Ferrari) ha vinto 7 Tour de France, perché Robertino da Bejar non dovrebbe issarsi in vetta alla classifica dei plurivincitori in Spagna? In fondo uno come Heras vestito da recordman sarebbe in linea con la storia della corsa iberica, che solo da pochi anni, da quando è stata spostata a settembre, ha assunto un'importanza che prima non aveva. L'ultimo non spagnolo a imporsi fu Ullrich nel '99, ma il vento continua a non essere troppo favorevole agli stranieri: guardando l'elenco dei partenti, si fatica a trovare favoriti venuti da fuori.
Forse Menchov, che pure è reduce da un Tour terribile, forse Landis, che però l'anno scorso (ed era un anno di grazia) ha dimostrato di non essere poi tutto questo caterpillar, ma lui il Tour l'ha fatto benino e l'ha chiuso al nono posto. Magari Ardila (colombiano), o al limite Azevedo (Portugal), ma sono poi questi nomi in grado di scaldare le platee?
Non diciamo, per carità di patria, degli italiani: la punta è Simoni, ma un mese fa Gibo è andato malissimo al Giro del Portogallo, e francamente saremmo stupiti se curasse in maniera seria la classifica generale. Scarponi è un corridore da ricostruire dopo la mononucleosi, farà il gregario per Heras; ci sorprenderà Caruso? Bertagnolli riscatterà l'ombroso Giro? Anche qui, come si vede, non si naviga nell'oro.
Gli spagnoli, invece, loro ci sarebbero tutti, se non fosse che: Valverde non si è ancora ripreso dalla tendinite al ginocchio che già gli è costata il ritiro al Tour, e fa male non averlo al via; Astarloa (e Arreitunandia) non si sono giovati di una wild card per la loro Barloworld; Contador ha già corso troppo e la Liberty lo lascia giustamente - così come Sánchez Gil - fuori dalla contesa; Gómez Marchante si è fratturato al Tour e non si è del tutto ripreso; Freire è alle prese con un problema di salute che sembrava facilmente risolvibile e invece gli ha dato più grattacapi del previsto.
Non ci dispiacerebbe se la serie di Heras venisse interrotta da Francisco Mancebo. Dovrà aver imparato ad attaccare, Paco, ma le doti ce le ha tutte, ed è un corridore di quelli veri, che, lungi dall'offrire clamorosi exploit e poi svanire dalla sera alla mattina, ha fatto un passo alla volta, salito gradino dopo gradino, in maniera progressiva, e all'ultimo Tour è rimasto ai piedi del podio nel suo miglior risultato in terra francese; oltre a ciò, Mancebo è un corridore che si sciroppa due grandi giri in un anno, Tour e Vuelta, e fa bene in entrambi, sesto e terzo l'anno scorso, per dire. A 29 anni sarebbe tempo (e sarebbe giusto) che questo piccolo Basso (storia sportiva per certi versi simile) centrasse un bersaglio grosso.
Di Heras sappiamo quel che c'è da sapere: anche quando non ha fatto niente per tutto l'anno, alla Vuelta è stato un rifiorire delle sue gambe e ambizioni, quindi aspettiamocelo competitivo. Molti dicono Aitor González, anche. Al Giro di Svizzera è stato superlativo o quasi, nel 2002 una Vuelta l'ha vinta, non saremmo certo qui a stupirci se riuscisse a bissare. Un gradino sotto Sastre, García Quesada, Pereiro, l'incognita Mayo (ma dov'è finito lo splendido Iban dell'Alpe d'Huez 2003?). Come si capisce, per noi non spagnoli guardare la Vuelta sarà un po' come sbirciare in casa d'altri.
Però occorre anche ricordare che non di sola classifica generale si vive. Abbiamo Petacchi in lancio premondiale, abbiamo qualche altro velocista non disprezzabile (Cadamuro, Furlan, forse Bonomi), e poi abbiamo Bettini che non va certo in Spagna a far vacanza. Il focus è sull'appuntamento iridato di Madrid: un appuntamento talmente sentito dai sudditi di re Juan Carlos che l'ultima settimana di Vuelta è stata in un certo senso neutralizzata: lunedì riposo, martedì tappa facile con al più un dentello che respingerà i velocisti sulla rampa d'arrivo, mercoledì tre scalate ma le prime due troppo presto e l'ultima comunque a più di 20 km dalla fine, giovedì e venerdì volate, sabato crono nemmeno troppo lunga, domenica volata.
Sembra la Vuelta Valenciana, e invece è il terzo grande giro del ciclismo professionistico. Ammettiamo che pure il Tour quest'anno ha offerto una terza settimana con più brividi (pochi, ma di più), il Giro ovviamente in questo è Hors Catégorie. Perdoniamo agli organizzatori di Unipublic in virtù della sincera abbuffata dell'anno scorso; e del fatto che comunque la seconda settimana (4 arrivi e mezzo in salita: lunedì, martedì, venerdì, sabato e domenica) è da gourmet, e che anche nella prima (giovedì 1 settembre) uno scrollone ci sarà con l'arrivo in quota di Aramón Valdelinares.
Quindi: pur se sottotono e con un parterre non proprio d'eccellenza, avremo due settimane di Vuelta vera. Poi chi avrà voglia di restare in gara potrà dedicarsi esclusivamente a preparare la gamba per Madrid, senza soverchi affanni. Petacchi resterà a combattere con Boonen, Zabel (suo futuro compagno), Casper, Van Heeswijk, Eisel? Secondo noi no, e sarà imitato da diversi altri. Ecco perché, maggiormente, ci urta quella terza settimana così concepita: perché probabilmente nemmeno quelli per cui è stata sterilizzata resteranno a godersela.

Marco Grassi



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