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Il giorno di Guerini - Lunga fuga, brinda BeppeTurbo

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Che bello che l'Italia si porti a casa un altro successo di tappa, e sono tre, come Usa, Spagna e Australia, uno in più del Belgio, due in più di Olanda, Danimarca, Kazakistan, Austria e Francia, che vince poco pur giocando in casa.
A festeggiare in questa terz'ultima tappa è Giuseppe Guerini, in fuga dal km 40 con Casar, con Pereiro, con Pellizotti, e capace di beffarli tutti e tre con una impressionante sparata a poco più di 1500 metri dal traguardo. Se aspettava un altro po', in volata avrebbe raccolto le briciole, BeppeTurbo, e invece ha avuto l'intuizione giusta e se ne è andato. Gli altri si sono guardati per un'eternità. Pereiro pensando che tanto a lui importava entrare nei 10 in classifica, e la missione era compiuta, tantopiù che una tappa ce l'ha già nel palmares, conquistata una settimana fa.
Pellizotti un po' stanco, visto che da due giorni ininterrottamente è in fuga; e Casar diffidente, ligio al comandamento di non fare la fatica di chiudere il buco per poi perdere lo stesso in volata. Buon per Guerini, che sull'Alpe d'Huez aveva colto qualche anno fa la vittoria della vita, ma si sa che quando si arriva a 35 anni - in particolare se non si è mai stati troppo vincenti - si pensa che sarà difficile ottenere qualche altra affermazione, quindi se questo presagio viene sfatato al Tour la soddisfazione è tripla.
Il bergamasco dedica il successo al figlio che verrà e al padre, si emoziona, quasi piange, si rammarica che Vinokourov lasci la squadra a fine anno, e si dice pronto ad aiutare ancora Ullrich, pur sapendo in cuor suo che se Jan non si aiuta per primo da sé, c'è poco da supportarlo e sostenerlo.
Ma il motivo del giorno, a poche ore dalla crono che sancirà Lance VII da Austin, è un'ennesima riflessione sul Tour de France, su quel che è e quel che rappresenta. Il Tour è una schifezza di corsa, diciamolo forte, come Fantozzi di fronte alla Corazzata Potëmkin (anche se lì il rag. Ugo aveva torto marcio). Una commissione di vecchietti mai interessati al ciclismo l'avrebbero saputo disegnare meglio, e invece fior di organizzatori ci mettono in mano ogni anno delle Boucle ridicole, stantie, sempre uguali.
Le tappe di ieri e di oggi avremmo voluto vederle nella prima settimana, inframezzate alle volate di gruppo; la seconda settimana, con un Galibier più influente, ci andava anche bene; e nella terza, rendiamoci conto che abbiamo assistito a tre tappe completamente inutili. Non inutili in assoluto, ma in relazione a quel che avrebbero potuto essere. Che avrebbero dovuto essere.
Perché poi il problema è che nel resto del mondo quelle centinaia di milioni di persone che si accostano a questo sport solo per mezzo del Tour, credono che il ciclismo sia questo, e invece si sbagliano di grosso! Il ciclismo è anche un Colle delle Finestre al penultimo giorno di gara, tanto per dirne una. Ma che ne sanno in Cina, poveri loro?
La cosa incredibile è che da anni il Tour non è divertente, e da anni la Aso si ostina a disegnarlo più o meno sempre nello stesso modo. Il Tour è una corsa di una settimana, al massimo dieci giorni. Il resto è accessorio. Il Tour non è una grande corsa a tappe, è una media corsa a tappe, con un un contorno spaventosamente importante. Bravo Leblanc a rendere la Grande Boucle così centrale nello sport mondiale. Ma fra tre giorni andrà in pensione (in un paradossale parallelo con il corridore che lui ama di più, Lance Armstrong), senza che questo addio provochi un minimo di rimpianto. Leblanc ci lascia, si toglie dai piedi. Che liberazione, vero?

Marco Grassi

 

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