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L'ultimo valzer - Armstrong al Tour, poi il ritiro | Cicloweb

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L'ultimo valzer - Armstrong al Tour, poi il ritiro

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Sta per iniziare una lunga cerimonia, tre settimane di celebrazioni in onore di Lance Armstrong, che si accinge a lasciare il ciclismo dopo aver segnato con la sua figura oltre un decennio di questo sport.
Il palcoscenico sarà quello del 92esimo Tour de France, che partirà dalla Vandea, con una breve cronometro (19 chilometri) tra Fromentine e Noirmoutier-en-l'Ile. L'esito, se sarà un'ennesima affermazione dell'americano, o se sarà un mesto addio da sconfitto, verrà deciso nient'altro che dallo svolgimento della gara.
Quasi inevitabile confondere i piani, quello della storia della più importante corsa a tappe del mondo, e quello della personale vicenda dell'uomo che dal 1999 domina la Grande Boucle. Ora Lance Armstrong è arrivato al limite: si è stancato di pedalare e soffrire in bicicletta, e probabilmente ha già piantato, su qualche parete di casa, il classico chiodo a cui appendere il suo mezzo tra poco più di venti giorni.
Quel che succederà da qui a quel momento, per ora possiamo solo immaginarlo.
Da qualche parte c'è una voce che accrediterebbe la volontà, da parte dell'americano, di aggiungere un piccolo record a quello già detenuto (ha vinto 6 Tour de France, per di più consecutivamente): e cioè fare suo il settimo, e va bene, ma prendendo la maglia gialla il primo giorno per non lasciarla più fino a Parigi.
In questo intento, Lance sarebbe aiutato dalla crono d'esordio (non un semplice prologo, ma una vera e propria prova - organica - contro il tempo): se riesce a vincerla, mettendo tra sé e i velocisti abbastanza spazio per evitare un loro ritorno nelle due frazioni successive, avrà poi dalla sua anche la cronosquadre di Tours (martedì) per rilanciare.
Già, perché una volta di più Armstrong avrà al suo fianco un vero e proprio squadrone: gli faranno da paggi, accompagnatori, luogotenenti, gregari, un doppio vincitore del Giro come Savoldelli, un giovane rampante come Popovych, uomini capaci di chiudere il Tour nei primi dieci come Azevedo e Beltran, e poi passistoni come Hincapie e Padrnos, e uomini da salita come Rubiera e Noval.
Dopo la cronosquadre, Armstrong dovrebbe ben controllare la situazione per cinque giorni (quattro tappe facili e una insidiosa), poi riposare lunedì 11, e quindi fare quel che sa fare sulle Alpi. Un programma per niente facile, e soprattutto abbastanza dispendioso.
Ma non è che una delle possibili soluzioni, questa. Un'altra, più classica, prevede che Lance lasci fare nei primi dieci giorni, e poi si scateni dalla seconda settimana in poi. Sarebbe un film già visto, almeno 5 volte negli ultimi 6 anni (nel 2003 il texano soffrì parecchio, fu l'unica volta).
E poi c'è l'ipotesi della sconfitta. Quest'anno gli organizzatori hanno voluto meno bene ad Armstrong, e il Tour non gliel'hanno cucito proprio su misura. Non perché ci sia meno crono del solito (Lance ha spessissimo fatto la differenza in salita), ma perché si sono moltiplicati gli spazi per attacchi a sorpresa: ci sono almeno sei tappe (escluse quelle di alta montagna, naturalmente) in cui si potrà provare a tendere qualche imboscata al marziano, magari ad attaccarlo da lontano (situazione che ha dimostrato di soffrire). Per la cronaca, si tratta delle frazioni numero 8, 9, 12, 16, 18 e 19.
La questione, a questo punto, sarebbe: d'accordo, attaccabile, ma da chi? La T-Mobile di Ullrich potrà contare sulla variabile impazzita Vinokourov, uno che non si fa scrupolo di provare assalti azzardati (mentre pare più indietro Klöden, pur secondo nel 2004); si attende un buon ritorno degli spagnoli (Mayo ed Heras su tutti), dopo un anno così così; c'è il colombiano Botero, che nel 2002 qualche grattacapo a Lance lo diede, che è tornato ad ottimi livelli; c'è Popovych, eventualmente pronto a raccogliere un'eredità nella stessa squadra del campione uscente (se dovessimo buttare un euro, memori anche del passaggio di consegne tra Hinault e Lemond, lo punteremmo proprio sull'ucraino: dovrebbe pagare bene).
E poi, speranza delle speranze, c'è Ivan Basso: in crescita costante dal 2002, undicesimo poi settimo poi terzo l'anno scorso. Tra tutti, è quello che Armstrong stima di più; Ivan ci crede e non si nasconde: una nazione di appassionati è pronta a scortarlo fino ai Campi Elisi.

Marco Grassi

 

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