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L'outsider Tricolore - Intervista a Daniele Colli

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Quando parli con Daniele, ti rendi veramente conto di quanto il ciclismo sia uno sport fatto di gente semplice, di uomini che, nonostante abbiano coronato il sogno di ogni ragazzino che sale in sella ad una bici per la prima volta, rimangono con i piedi ben saldi per terra e la testa sulle spalle. Daniele Colli è nato il 19 aprile del 1982 e, dopo un'eccellente carriera dilettantistica, è passato professionista nelle file della Liquigas-Bianchi.
Una squadra importante quindi per un giovane pieno di talento, ma anche dotato di un'umiltà fuori dal comune. Non ha infatti tardato a dare i primi segni della sua gran classe, con un paio di volate veramente coraggiose, spalla a spalla con atleti del calibro di Mcewen, Cooke, Boonen, collezionando due ottimi piazzamenti al Giro di Svizzera, da poco concluso, un secondo posto alle spalle del campione australiano ed un settimo posto, regolando in volata il suo gruppetto e concedendosi una piccola rivincita nei confronti dell'anti-Petacchi dell'ultimo Giro.
Daniele comunque non si monta la testa, è sereno, spera di poter continuare su questa strada e intanto ci racconta un po' di sé.
Molti giovani hanno difficoltà ad ambientarsi nel mondo dei professionisti. Tu invece sei sembrato a tuo agio fin da questa prima metà di stagione. È veramente così o hai avuto difficoltà, comunque ben celata?
«Non è sicuramente semplice il primo anno tra i pro', però penso che se hai qualche "numeretto" puoi metterti subito in evidenza. Quest'anno siamo cinque o sei giovani che ci siamo già fatti notare. Le difficoltà però le avverto ancora in salita, il passo dei migliori è veramente terribile, ci vuole qualche anno per raggiungere la loro esperienza e la loro forza».
La salita, il tuo punto debole forse. Al Giro di Svizzera però hai dimostrato di poter far meglio dei velocisti puri.
«Sì, in salita vado sicuramente meglio dei velocisti puri, anche perché io non sono un vero velocista. Nell'arrivo della tappa di Verbier ho provato a tenere il ritmo dei migliori, staccandomi a sei km dalla vetta e rimanendo per qualche km con i migliori 20. Lo Svizzera presentava ogni giorno tappe dure e forse i velocisti arrivavano un pochino più stanchi di me a fare le volate. Non sono partito al Giro di Svizzera con l'obbiettivo di fare le volate, non ero io il velocista, anzi, dovevo cercare di attaccare e buttarmi in qualche fuga».
Hai centrato il punto. Ti sei fatto notare in questa prima metà di stagione per alcune belle volate. Ti sta stretta la definizione "velocista", come di moda in questi anni?
«Io do ragione al vecchio Cipo. Forse questi non sono più i veri velocisti, ma li definirei come passisti veloci. Basti vedere il Mondiale di Verona con le Torricelle, i primi dieci sono tutti corridori veloci. Diciamo che siamo in un ciclismo sempre più livellato, anche i velocisti si sono migliorati molto in salita, magari perdendo un pochino di esplosività, ma arrivando con le gambe fresche in tappe insidiose per affrontare gli sprint al meglio».
Dopo queste considerazioni, pensi di poter, nel giro di qualche anno, arrivare a essere competitivo sia in volata che in qualche classica?
«Spero proprio di sì... Parlando anche con i direttori della Liquigas il prossimo anno andrò alla scoperta del Belgio, cercando sicuramente di fare esperienza e perché no, di raccogliere qualcosa. Non vedo l'ora. Con la bici mi riesce quasi tutto: saltare ostacoli e cose varie! Il Belgio è molto insidioso e uno un pochino pazzerello come me, si divertirà».
Sogni il pavè quindi? Qual è la corsa dei tuoi sogni e quella che pensi ti si addica di più?
«Io il pavè vero e proprio penso di non averlo mai visto, però dai racconti di Backstedt deve essere una cosa affascinante. Staremo a vedere. La corsa che prediligo è la Milano-Sanremo. Spero di correrla il prossimo anno, è la gara che più mi emoziona».
Torniamo un po' indietro. Inizio stagione: come pensavi che fosse questo primo anno tra i grandi? E come la vedi ora dopo qualche piazzamento importante e un po' di esperienza in più?
«Sapevo che non sarebbe stato facile il primo anno. Quest'inverno presi un bel po' di "tirate di collo" dal mio compagno Noè, con cui mi allenavo. Lui mi è stato di grande aiuto, consigliandomi molto e sopratutto facendomi provare cosa vuol dire allenarsi veramente. Nelle prime corse ho dato anche troppo, forse per la troppa foga. Ora sono uscito abbastanza ridimensionato dopo il Giro di Svizzera, ho capito che devo migliorare ancora tanto e perfezionare tante piccole cose che possono aiutarti a vincere. Per esempio, come fare al cento per cento la vita dell'atleta. Ho il difetto di "uscire" ogni tanto di testa e di buttarmi giù, invece devo imparare molte cose dalle situazioni negative. Quest'anno ho preso con filosofia la vita e penso che sia facile riuscire quando tutto va bene, è quando invece si hanno difficoltà che si vede davvero chi ha carattere. Ho imparato tanto anche al Giro di Romandia, correndo al fianco di Garzelli».
"Brontolo" Noè. È lui quindi il tuo maestro. Come ti trovi con gli altri compagni e con la dirigenza?
«Mi trovo molto bene con tutti. Abbiamo dimostrato di essere una squadra molto compatta, anche al Giro d'Italia come avete visto tutti. Ognuno fa il suo lavoro alla perfezione. Con la dirigenza va bene, qualche errorino l'ho compiuto quest'anno, forse per inesperienza, ma mi hanno fatto capire dove sbagliavo. Nei professionisti è diverso, non è più un gioco. Mi ha fatto davvero piacere trovare Mario Scirea in ammiraglia, mi dà molti consigli e sopratutto crede davvero in me».
Lascia o raddoppia: meglio secondo dietro a McEwen o settimo davanti all'australiano?
«Bella domanda! Penso secondo; quanto al settimo posto, peccato davvero perché quel giorno in cui arrivò la fuga stavo davvero bene, ma per 20 secondi gli attaccanti sono arrivati al traguardo. Non so se alla fine avrei vinto oppure no, però un po' di rammarico rimane».
Domenica 26 giugno 2005: Campionato Nazionale su strada, prova in linea professionisti. Un sogno che può diventare realtà? Chi temi di più, considerate anche le molte defezioni?
«Spero di ben figurare, ma non voglio farmi illusioni. Ho fatto un ottimo Giro di Svizzera, valuterò la condizione in gara. Sicuramente saranno da temere i corridori dell'Acqua & Sapone, soprattutto quelli che correranno in casa, poi anche Bruseghin penso possa far bene, così come Bernucci, che ho visto molto bene allo Svizzera. Il Campionato Italiano è una corsa difficile, indecisa fino alla fine. Sarà una corsa lunga e massacrante, con le seconde linee che cercheranno fortuna sin dai primi chilometri, provando a far saltar il banco».
Dopo il Campionato Italiano che altre corse farai? Per il Tour è ormai chiusa la porta?
«Con i dirigenti abbiamo deciso di evitare i grandi giri a noi giovani. Soluzione azzeccata, anche perché tre settimane di corsa sono davvero tante. Dopo il Campionato Nazionale andrò un pochino in altura per recuperare le energie e per allenarmi per affrontare al meglio un mese importante come quello di agosto, ricco di classiche. Rientrerò al Brixia Tour e poi farò tutte le classiche di un giorno. Ho ancora 31 corse da disputare!».
E a lungo termine i progetti quali sono?
«Il prossimo inverno sicuramente vorrei presentarmi più magro di quest'anno, per portarmi avanti nella preparazione e soprattutto per partire forte. Vorrei andar bene nella prima parte. Valuteremo bene tutto prima che finisca la stagione. Mi piacerebbe disputare un grande giro il prossimo anno, ovviamente spero non la Vuelta, se devo essere sincero».
Ultima cosa. Come affronti il tuo lavoro? Sei pignolo nella messa a punto del mezzo meccanico? C'è qualcosa che ti pesa in fase di allenamento? Insomma, raccontaci un po' di te, a ruota libera.
«Come dicevo prima, affronto abbastanza bene il mio lavoro, però ho ancora qualche lacuna nella continuità, soprattutto nei periodi in cui non tutto é ok. Sono poco pignolo nella preparazione della bicicletta, preferisco le mie sensazioni, mi adeguo, mi lamento poco! Mi considero un ragazzo buono e con i piedi per terra... per forza! Sono scherzoso, forse anche troppo, però quando c'è da correre cambio e divento un'altra persona, molto concentrato e determinato».

Eugenio Vittone



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